#344 – Luci dimmerabili

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#344 - Luci dimmerabili
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Le luci dimmerabili sono quelle che hanno l’intensità luminosa regolabile, non sembra, ma a seconda della tecnologia con la quale sono costruite, la tecnologia per rendere la luminosità variabile cambia. E non sono tutte compatibili tra di loro

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Molte delle idee che mi vengono per la scrittura delle puntate le prendo, le rubo, mi accendono una lampadina, per rimanere a tema nella puntata di oggi, dai vari gruppi che seguo.
In uno di questi, qualche giorno fa, si è parlato di luci dimmerabili e grazie a Simone e Federico, oggi avete questa puntata su come funziona la regolazione di intensità delle lampadine, quelle a filamento e a LED

In generale, potremmo dire che le lampadine, si possono dividere in alcune categorie.
Le lampadine a filamento che funzionano in corrente alternata, come quelle che una volta avevamo in casa e ora non troviamo più e le alogene, che abbiamo, forse, ancora in qualche faretto
Le lampade a LED, ora diffusissime ovunque
Le lampade a gas, come ad esempio i neon o le prime versioni delle lampade a risparmio energetico
In alcune nicchie, ci sono ancora delle lampadine a filamento che funzionano a corrente continua.
Le lampade a gas non hanno intensità regolabile, sono accese o spente, non c’è via di mezzo, la loro tecnologia non lo permette. Prima tipologia chiusa facilmente.
La seconda, seppur una micro nicchia, ci permette di iniziare a capire un po’ cosa vuol dire avere una lampadina regolabile.
Le lampadine a filamento a tensione continua erano usate principalmente nei giocattoli.
Come funziona una lampadina a filamento?
È un bulbo di vetro, con all’interno un gas inerte, che non prende fuoco facilmente, dentro cui c’è un filo di un materiale particolare che oppone resistenza al passaggio della corrente e, quando passa corrente, diventa incandescente, questa incandescenza emette luce. Emette anche molto calore. Il gas inerte dentro il bulbo permette al filamento di non bruciare, tipo un flash monouso.
Se il filamento è una resistenza, torniamo a scomodare la legge di Ohm.
Se applico una tensione su una resistenza, ci sarà un passaggio di corrente al suo interno.
Visto che la resistenza è fissa, posso variare la tensione.
Più è alta la tensione più corrente passa.
Più corrente passa, più il filamento diventa incandescente, fa più luce e emana più calore.
Ad un certo punto, superata una certa tensione, quella nominale della lampadina, il filamento cede e la lampadina si brucia perché passa troppa corrente.
Alle lampadine a tensione continua, per avere l’effetto visivo di cambiare la luminosità, basta cambiare la tensione applicata ai loro poli, molto facile.
Esistono lampadine che a pari tensione emettono più o meno luce, dipende da come è fatto il filamento al loro interno, basta che pensiate alle automobili che hanno tutte le lampadine a 12V, le lampadine di posizione fanno molta meno luce di quelle degli stop.
Passiamo a casa, dove abbiamo la 220V in alternata.
Qui le cose cambiano e non poco.
A casa nostra la fornitura elettrica arriva con un’onda sinusoidale che passa da circa 220V a -220V 50 volte al secondo, la frequenza è 50Hz.
Noi non abbiamo mai visto le lampadine lampeggiare perché il nostro occhio ha una sorta di persistenza dell’immagine sulla retina e i movimenti troppo veloci ce li perdiamo. L’effetto di persistenza è quello che ci permette di vedere un film al cinema a 26 fotogrammi al secondo e di percepire una scena in movimento fluido e non vediamo 24 foto molto rapide una dopo l’altra.
In 1/50 di secondo la lampadina passa da spenta, alla sua luminosità massima, a spenta a di nuovo la sua luminosità massima, anche se a tensione negativa e di nuovo a spenta. Così via fino a che non la spegniamo.
Per abbassarne la luminosità non possiamo intervenire sulla tensione, riducendola, per esempio, a 110V, dovremmo andare a scaricare quei 110V rimanenti da qualche parte scaldando una resistenza, cosa molto poco pratica e un po’ pericolosa.
Immaginiamo che la luminosità massima sia generata dall’area creata dall’onda sinusoidale mentre viene disegnata, con il piano orizzontale.
Lo so che in podcast è un po’ complesso, mi spiace, cercate di immaginarvelo.
A livello matematico è l’integrale di ogni semionda, se non sapete cos’è un integrale non importa, non è un’informazione indispensabile, ma è una di quelle applicazioni pratiche della matematica che mi sono sempre piaciute.
Per diminuire la luminosità serve un sistema che prenda l’onda sinusoidale e a un certo punto, prima che questa finisca il suo ciclo normale, la porti a zero.
Immaginiamo di voler dimezzare la luminosità, ad ogni semionda, quando questa raggiunge il suo massimo, al posto di farla scendere gradatamente verso il minimo, la portiamo rapidamente a zero e lì la lasciamo fino a quando non deve iniziare la semionda successiva, anche questa, raggiunto il suo minimo, la riportiamo subito a zero e così via.
Se vogliamo meno del 50% di luminosità interrompiamo le semionde prima del loro culmine, se vogliamo più del 50% le interrompiamo oltre il loro culmine.
Tutto questo lavoro, nei dimmer che c’erano a casa un tempo, si sentiva per quella specie di ronzio che si sentiva al loro interno.
Poi abbiamo messo i LED.
Come raccontavo della lontanissima puntata 1, il LED è un diodo, si accende solo quando la tensione continua è applicata nel verso giusto ed è sopra una certa soglia, tipicamente 0,7V.
Se la applico al contrario, oltre una certa tensione, il diodo si brucia.
Non posso applicare la 220V in alternata.
Devo prima mettere un trasformatire che abbassi la tensione e poi un raddrizzatore con stabilizzatore che la passi da alternata in continua.
Un trasformatore messo dopo un dimmer per lampadine a 220V non funzionerebbe, bisogna cambiare metodo.
Come si varia la luminosità di un LED?
In un modo diverso dalle lampadine a 220V in alternata.
Ogni lampadina a LED ha una sua tensione di funzionamento ed è accesa al massimo o è spenta, non ci sono vie di mezzo.
Il LED, per sua caratteristica, si accende e si spegne molto in fretta, la curva della luminosità da spento a completamente acceso è quasi una curva verticale.
Sempre grazie alla persistenza dell’immagine sul nostro occhio, possiamo far stare acceso il LED per un tempo inferiore al 100% del tempo, ma con una frequenza molto elevata.
Il nostro occhio non si accorge che si spegne e si accende, vede solo che fa meno luce.
Se noi applichiamo un’onda quadra al LED e variamo il tempo durante il quale l’onda è a valore acceso, rispetto a quando è a valore spento, ecco che possiamo variare la luminosità.
Se è sempre nello stato acceso, avremo il 100% di luce.
Se il 50% del tempo è su acceso e il 50% del tempo su spento, vedremo il LED che emette la metà della luminosità.
Questa percentuale di quanto è ON e OFF un’onda quadra si chiama duty cycle.
Questo tipo di comando per una lampada è chiamato PWM, Pulse Width Modulation, modulazione a larghezza di impulsi.
Più la nostra onda quadra sarà in stato ON durante il suo ciclo, che è molto più veloce di quello che vede l’occhio, più vedremo luce emessa dal LED
In entrambi i casi, per le lampade a filamento e per i LED, non si tocca la tensione applicata alla lampadina, se avete fatto caso.

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Una cosa che non vi ho mai detto e che secondo me è importante, tutti i dipendenti di Ehiweb sono assunti direttamente da loro, senza aziende terze in mezzo, niente cooperative o body rental, e sono tutti assunti a tempo indeterminato, questa cosa secondo me è importante per definire la serietà di un’azienda.

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Prima del tip, alcune informazioni di servizio.
La prima è che finalmente ho trovato i francobolli e, se stavate aspettando dei gadget per le vostre donazioni, sono riuscito a spedirle, incredibile. Scusate per il ritardo, ma pare che trovare dei francobolli sia diventata una delle 10 fatiche di Ercole ormai.
Ricordatevi, se avete fatto una donazione e volete gli adesivi, il magnate o i portachiavi, dovete compilare il form che trovate sul sito.
Ci avviciniamo alla fine dell’anno, solitamente è tempo di bilanci e con il podcast il bilancio è se vi siete meritati la spilla da sostenitore 2024 o no.
Avete ancora tempo per meritarvela, la regola, come anticipata a inizio anno e come riportata nel form di richiesta gadget è semplice.
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Se volete la spilla, siete sempre in tempo ad allinearvi.
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Mi raccomando, niente form compilato, niente spilla.
Come sempre, grazie a tutti voi che mettete mano al portafogli, qualsiasi sia la cifra.

Il tip di oggi è un altro podcast, tranquilli, non vi infogno con ore e ore di ascolto, sono 4 puntate per una mini serie autoconclusiva.
Se siete ascoltatori di vecchia data o pazzi che avete scoperto da poco questo podcast e ve lo siete ascoltato tutto, sarete passati dalla puntata 193, dove parlo di come fare per lasciare le cose digitali in ordine per quando arriva l’unico evento certo della nostra vita: la sua fine. È una puntata del lontano luglio 2021.
Qualche settimana fa, il Post, nella sua immensa collezione di podcast, ne ha rilasciato uno, disponibile per tutti, sullo stesso argomento.
Partendo da un evento funesto, come la morte di un ragazzino, hanno analizzato il problema di recuperare i dati all’interno di un telefono del quale non si ha il PIN e il cui proprietario non è più tra noi.
Il podcast è fatto molto bene, hanno intervistato ospiti di gran livello e le informazioni che hanno fornito sono complete, precise e davvero alla portata di tutti.
Ve lo consiglio senza ombra di dubbio, si chiama Digital Requiem, vi lascio il link o lo trovate in ogni app per podcast.

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
Io sono Francesco, produttore e voce di questo podcast e vi do appuntamento a lunedì prossimo, per la prossima puntata, disponibile su Feed RSS, o su tutte le piattaforme di podcast, vi registrate e la puntata vi arriva automagicamente.
E se a fine mese il grafico a torta delle donazioni nella barra laterale del sito si riempie, arriva anche la puntata extra di Pillole di Bit Stories, se si riempie è grazie alle donazioni, se la puntata esce, è merito vostro!
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#343 – MiniUPS

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#343 - MiniUPS
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Per proteggere dal blackout dispositivi dal basso assorbimento, spesso, non è necessario comprare un UPS che pesa una decine di chili, esistono degli UPS, con batterie più leggere e con alcuni limiti in potenza, che sono molto più versatili.

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La vita civilizzata sulla terra esiste, ormai grazie all’energia elettrica.
Tutto funziona con l’energia elettrica, tutto vive grazie all’energia elettrica.
Senza energia elettrica sarebbe il caos e per questo il problema di questi ultimi anni è il costo dell’energia, l’approvvigionamento dell’energia e tutto quello che ci gira intorno.
Noi, a casa nostra possiamo fare ben poco se non cercare un operatore con prezzi decenti ed essere un po’ pronti nel caso arrivi l’odiato blackout.

Nella puntata 316 ho parlato di UPS, se non ve la ricordate, vi consiglio di andare a riascoltarvela, il tema è affine a questa puntata, anche se oggi si parla di un oggetto leggermente differente.
L’UPS, per come lo conosciamo, prende la 220V in alternata, la pulisce e la manda al dispositivo da alimentare, intanto carica e tiene carica una grande e pesante batteria al piombo.
Quando manca la corrente, un interruttore molto molto veloce, fa sì che la corrente venga prelevata dalla batteria, che è in tensione continua, venga generata un’onda pseudo sinusoidale, che poi alimenta il nostro dispositivo. Il passaggio alla batteria è talmente veloce che il dispositivo non si spegne.
Il problema dell’UPS è che pesa molto e che la conversione della tensione da 12 o 24V in continua a 220V in alternata spreca energia.
In più, spesso, i dispositivi che dobbiamo alimentare hanno un loro alimentatore che prende la 220V in alternata, la abbassa a 12V, per esempio e la raddrizza, di nuovo, dissipando altra energia.
Un altro problema è che spesso abbiamo bisogno di un UPS in posti diversi da dove abbiamo il router o il PC e non possiamo riempire casa di oggetti che pesano 20Kg e hanno delle batterie al piombo.
Esiste una soluzione a questo problema?
Certo che esiste, se no questa puntata non avrebbe il titolo che vedete sui vostri display.
Un altro accumulatore molto comune, di cui abbiamo parlato spesso, che c’è nelle nostre tasche, borse, marsupi, zainetti, è il battery pack, che serve come flebo di energia per i nostri telefoni per farli arrivare a fine giornata.
Parentesi: io baratterei molto volentieri un telefono più spesso per 2 giorni puliti di autonomia. Fine parentesi
Il battery pack lo si carica, quando serve lo si collega al dispositivo da caricare e lui trasferisce l’energia accumulata.
A differenza dall’UPS si carica già in tensione continua, alimenta qualcosa in tensione continua e non ha bisogno di interruttori strani in quanto non ha la funzionalità di emergenza, quelli moderni escono con Power Delivery, di cui abbiamo parlato nella puntata 341, deve solo regolare la tensione di uscita.
La batteria, invece di essere al piombo è agli ioni di litio, per costruzione, quindi molto più leggera a parità di capacità energetica.
Il problema dei battery pack è che sono in genere progettati per non essere usati, uso una parola scorretta, online.
O si caricano, o si usano per caricare altro.
In più, se sono power delivery hanno il fastidioso problema che quando attacco un secondo dispositivo, il primo già collegato viene spento per un secondo, tempo che l’uscita venga ricalibrata.
Insomma, se volevate usare un battery pack per alimentare un raspberry Pi al posto di metterlo dietro a un UPS che è grande 10 o 20 volte tanto, non è una buona idea.
Ma da qualche tempo ci sono dei dispositivi che sono la perfetta via di mezzo tra gli UPS e i battery pack, i mini UPS.
Li alimentate a 220V con un alimentatore esterno, sono grandi come un battery pack e hanno uscite di tipo diverso, solitamente una USB di tipo A a 5V e poi uno o due connettori di quelli tondi, con varie misure e la possibilità di impostare l’uscita solitamente tra 5 e 12V, oppure hanno alcune uscite a tensione fissa, a seconda dei modelli.
Tra l’alimentazione e l’uscita c’è una batteria agli ioni di litio come quella di un battery pack, ma potete usare questo sistema come un UPS. Lo alimentate e tramite lui alimentate il dispositivo che vi serve tenere acceso anche in caso di blackout.
Quando andrà via la corrente la batteria al litio terrà acceso il dispositivo per tutto il tempo possibile fino alla sua completa scarica.
Se la corrente torna prima della scarica totale della batteria, il dispositivo non si spegnerà e la batteria verrà caricata.
Se invece la corrente torna troppo tardi, al suo ritorno il dispositivo verrà riacceso e la batteria sarà ricaricata dallo 0%
Cosa si può alimentare con questi mini UPS?
Tutti quei dispositivi piccoli e parchi di energia che potreste avere per casa per i quali un UPS normale sarebbe eccessivo o impossibile da piazzare.
Il router della connettività, un Access point WiFi, una telecamera di videosorveglianza, un Raspberry Pi dove avete Home assistant e cose di questa portata.
Devono tutti essere dispositivi ai quali potete sostituire il loro alimentatore originale con il mini UPS.
Non potete usarlo invece per alimentare un computer, un monitor, un NAS, per questi serve un UPS di tipo tradizionale.
Ne ho preso uno per alimentare una telecamera che si sarebbe spenta in caso di blackout, perché non è sotto l’UPS che tiene il router e la WiFi, rendendo così inutile il controllo di casa, è su una mensola, pesa poco, si attiva subito e non ha bisogno di nessuna configurazione.
Come ogni cosa a batteria sempre sotto carica ha una durata limitata nel tempo, dopo qualche anno, stimo 2 o 3, andrà cambiato.
Negli UPS si cambia la batteria al piombo interna, questi piccoli si cambiano integralmente, mi raccomando portateli sempre all’ecocentro dicendo che hanno le batterie agli ioni di litio, loro sanno come riciclarli.
Nelle note vi lascio il link di quello che ho io, ma in commercio ce ne sono moltissimi.

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Jackal
Federico
Guido
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Vi ricordo che per ogni connettività forniscono sempre un router Fritzbox, del quale vi danno la password e lo potete configurare come volete voi. Ma se non vi piace, lo tenete nella scatola, da usare in caso di necessità di diagnosi della linea, collegate il vostro e trovate le istruzioni per collegarlo direttamente sul sito.
Io ho un mikrotik che funziona perfettamente.

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Se usate Steam, capita ogni tanto che i server non siano disponibili, non si riesca a fare login o il gioco online sia un po’ rallentato. Se brancolate nel buio mentre imprecate tutti i santi del digitale perché volete giocare, da adesso non smetterete di impercarli, ma saprete perché va tutto così lento.
Aggiungete ai vostri preferiti la dashboard non ufficiale dello stato di tutti i server Steam nel mondo, la aprite avete in un solo colpo d’occhio come stanno tutti i server e il loro carico.
Una dashboard davvero utile

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
Io sono Francesco, produttore e voce di questo podcast e vi do appuntamento a lunedì prossimo, per la prossima puntata, disponibile su Feed RSS, o su tutte le piattaforme di podcast, vi registrate e la puntata vi arriva automagicamente.
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Per la puntata di Gennaio l’obiettivo non è stato raggiunto, vediamo cosa accade per il prima di febbraio.

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#342 – Controllare le valigie

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#342 - Controllare le valigie
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Ultimamente in molti aeroporti non p più necessario togliere i dispositivi elettronici grandi dal bagaglio a mano prima dei controlli di sicurezza. Questo perché sono state cambiate le macchine che fanno la scansione del bagaglio.

  • La cintura con la fibbia di plastica
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Quest’anno sono stato in vacanza negli Stati Uniti e, per la seconda volta, dopo la trasferta nei Paesi Bassi, in aeroporto non è stato necessario smontare il bagaglio a mano per il controllo di sicurezza prima di accedere all’area dei gate.
Non sono una persona che prende gli aerei così di frequente, ma sono una persona molto curiosa, mi sono chiesto cosa fosse cambiato nel controllo dei bagagli negli ultimi anni, mi sono guardato in giro, ho visto i display tutti colorati degli addetti e ho pensato fosse il caso di andare a studiare.
Quando studio qualcosa di tecnologico, ecco la puntata del podcast.

Circa da fine 2001, tutti sappiamo perché, per salire su un aereo, è necessario passare i controlli di sicurezza, in modo che si sia certi che i passeggeri non portino a bordo materiale atto a offendere o esplodere.
Quindi niente liquidi, solo boccette piccole, niente oggetti affilati o appuntiti, e, durante i controlli, tutto quello che è elettronico va rimosso dal bagaglio a mano, una vera rottura di scatole, che si somma alla coda da fare per affrontare i controlli.
La modalità vecchia consisteva in un nastro che portava il bagaglio sotto a un emettitore di raggi X che faceva, anzi che fa, in alcuni aeroporti è ancora così, la radiografia al bagaglio e, in base alla densità e alla forma del materiale che risulta dall’immagine, il tecnico della sicurezza riesce a capire cosa c’è dentro e a identificare prodotti o oggetti pericolosi.
Il PC o altre cose sono fatti rimuovere perché potrebbero coprire cose che ci sono sotto.
La radiografia funziona proprio come quella che ci fanno in ospedale quando devono scoprire se abbiamo un osso rotto, più il materiale è denso, più raggi X assorbe, meno ne arrivano sul sensore oltre l’oggetto.
La tecnologia, come in ogni settore, va avanti, evolve e, anche nel controllo bagagli hanno pensato fosse una buona idea cercare un modo per accelerare la scansione dei bagagli a mano.
Sempre nella medicina, nella diagnostica per immagini, oltre ai normali raggi X, o radiografia, esiste la TAC, acronimo che sta per Tomografia Assiale Computerizzata.
Semplificando moltissimo, sempre grazie ai raggi X, questo sistema genera delle immagini di sezioni del nostro corpo ravvicinate, come se lo si facesse a fettine, per vedere bene cosa c’è all’interno.
Lo si fa all’interno di una specie di tubo, come quello della risonanza magnetica, ma è sempre fatto con i raggi X e non con onde elettro magnetiche, che sono tutt’altra storia.
E se in aeroporto facessimo la TAC ai bagagli a mano?
Il bagaglio passa nel tunnel
in quei pochi secondi che sparisce alla nostra vista non c’è più solo un sistema che fa la foto dall’alto, ma ci sono una coppia di dispositivi che ruotano molto velocemente mentre lui passa, uno opposto all’altro.
Il primo dispositivo emette raggi X, il secondo li riceve e, a seconda di quello che trova in mezzo, nel nostro bagaglio, registra cosa c’è dentro.
Qui entra in gioco la grande capacità di calcolo che abbiamo a disposizione.
In base alle letture del sensore a raggi X che è stato messo dopo il nostro bagaglio a mano, il computer riesce a ricostruire la forma e la densità degli oggetti che ci sono al suo interno.
E lo fa in 3 dimensioni.
E poi, visto che è un computer, in base alla densità, riesce a riconoscere il tipo di materiale di cui sono fatti gli oggetti, in modo da dare subito un riferimento all’operatore che sta guardando il bagaglio.
Tutto questo arriva su uno schermo dove l’operatore vede il bagaglio a colori, con tutti gli oggetti al suo interno, e sa già se una cosa è metallica, di plastica, liquida e di che tipo di liquido, il computer segnala già in autonomia cosa potrebbe essere pericoloso e cosa no.
Il tecnico può vedere il bagaglio, allargare l’esploso del contenuto, ruotarlo, esattamente come si può fare con un progetto tridimensionale in CAD.
Per questo motivo, alla fine, togliere oggetti scuri per i raggi X è inutile, possono agevolmente vedere cosa c’è sotto.
Se il tecnico ha qualche dubbio, schiaccia un bottone e il bagaglio viene passato sul nastro dove ci sarà l’addetto che, con la persona proprietaria del bagaglio, lo aprirà, per un controllo manuale.
Questo sistema di controllo ha permesso di aumentare, in teoria, i liquidi trasportabili oltre i controlli, fino a 2l e ha aumentato la velocità dei controlli del 30%.
In un mondo dove i passeggeri dei voli aerei sono sempre di più, è un gran passo in avanti.

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Uno dei loro servizi è la fibra dedicata. Se avete un’azienda che è in un posto sfortunato e non c’è buona copertura, chiamateli, vi possono fare uno studio con offerta di costo e fattibilità in tempi relativamente rapidi per portarvi la fibra solo per voi in tagli da 2Mbps fino a 10Gbps, anche simmetrici, con o senza numeri telefonici VoIP

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Una piccola nota aggiuntiva sui contatti, ho cambiato alcune cose, ve lo dico qui prima del tip, così non ve lo perdete.
Non uso più Twitter. Non perché ha vinto quello con la cravatta rossa, amico del proprietario di Twitter che sa gestire male i soldi non suoi, ma perché l’ambiente era sempre più tossico e soprattutto i blocchi non erano più blocchi. Basta.
Mi trovate su Bluesky e su Mastodon, i contatti sono sul sito, ve li dico qui, ma non prendete appunti, soprattutto mentre guidate che se vi beccano vi tolgono subito la patente ed è pericoloso.
Su bluesky sono francesco.iltucci.com, su mastodon sono mastodon.social/@cesco_78
E non dimenticatevi, se avete donato più di 5€ compilate il form per avere i gadget, senza form non spedisco niente.
Il Tip
Rimaniamo in tema voli e controlli. Quante volte vi è capitato, se avete la cintura, di essere in difficoltà, perché la dovete togliere, poi magari i pantaloni un po’ vi cadono, poi rimetterla è lungo, mentre dovete badare ai bagagli e a tutto il resto?
Lavorando in datacenter devo fare la scansione con il metal detector tutte le volte che esco dalla sala.
Ho comprato una cintura con la fibbia di plastica che non suona.
E funziona anche in aeroporto, non la devo togliere e passo senza problemi al controllo, non sembra, ma è una gran scocciatura in meno.
E costa una fesseria.

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Questa è l’ultima puntata del mese e manca il 25% circa, chissà se uscirà la puntata speciale a capodanno o no.

Grazie per avermi ascoltato!

Ciao!

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