Una spiegazione dettagliata su come funziona la digitalizzazione del suono, partendo dalle basi dell’audio analogico e dalla necessità di quantizzazione per la memorizzazione digitale. Viene introdotto il concetto di audio senza perdita (lossless), come quello recentemente adottato da Spotify, e spiega il processo di campionamento a 44 kHz e 16 bit utilizzato per il CD audio. Una parte significativa del discorso è dedicata alla compressione audio con perdita, come l’MP3, che sfrutta le limitazioni dell’orecchio umano per ridurre drasticamente la dimensione dei file. Infine, l’episodio analizza i colli di bottiglia nell’ascolto di musica ad alta qualità, evidenziando come la connessione Bluetooth e i codec wireless possano limitare la qualità finale anche quando la sorgente è lossless.
- Auricolari CMF Buds 2a (economiche) e Pro 2 (evolute)
 - Vecchie puntate con Alex Raccuglia 11 e 12
 - Puntata sui cavi per audio digitale 306
 
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Dopo anni di tira e molla, da qualche tempo, finalmente, Spotify ha aggiunto la possibilità di ascoltare l’audio in qualità non compressa, più comunemente detta lossless, in italiano, senza perdita.
Se ve lo stavate chiedendo, esatto, avete sempre ascoltato musica con perdita di qualità su Spotify e sulla maggior parte dei servizi in streaming.
Probabilmente non ve ne siete mai accorti.
Probabilmente non siete neanche attrezzati per ascoltarla.
Visto che si parla spesso a vanvera di qualità audio, in questa puntata farò un riassunto per le orecchie di tutti, in modo che sia semplice comprendere cosa vuol dire ascoltare la musica digitale e come la si deve ascoltare.
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Ho parlato spesso di audio in questo podcast, ma ne ho parlato tantissimo tempo fa, quando le puntate erano ancora quasi a una cifra, la 11 e la 12 e avevo invitato come ospite Alex Raccuglia.
Una delle ultime puntate era sull’audio digitale trasmesso sui cavi ethernet, vi vendono cavi costosissimi che alla fine non fanno nessuna differenza da dei banali cavi cat 5e da pochi centesimi, la potete riascoltare, la numero 306.
Visto che è passato un po’ di tempo, quasi 10 anni, facciamo un ripasso, dalle basi.
Il suono è una delle cose meno digitali con le quali abbiamo a che fare.
Ed è una delle cose che abbiamo imparato a digitalizzare, secondo teoremi matematici e fisici, molto tempo fa.
Come si fa a memorizzare una cosa analogica, che varia nel tempo, in un supporto che memorizza solo dati nel formato 0 e 1?
Dobbiamo quantizzarla.
Ogni tot tempo la misuriamo e salviamo il suo valore da qualche parte.
Quando ci serve, prendiamo tutta la serie dei valori che abbiamo salvato, li riproduciamo ed ecco il nostro segnale analogico.
Il suono lo possiamo vedere come un’onda che ha una certa ampiezza, oscilla nel tempo intorno allo zero e più si allontana dallo zero, è ampio, più il volume è alto.
Dobbiamo memorizzare in ogni momento quanto è ampio questo segnale.
visto che oscilla tra un valore negativo e uno positivo, possiamo fare in modo di salvarlo all’interno di una cella di memoria che può avere valori positivi e negativi.
In informatica abbiamo il byte, 8 bit, che può assumere 256 valori, lo 0, 127 in positivo e 128 in negativo.
Sono stati fatti due conti e, per memorizzare tutta l’escursione di un suono sono troppo pochi, allora usiamo 2 byte, per un totale di 16 bit, circa 32.700 valori in negativo e altrettanti in positivo. Funziona.
Adesso dobbiamo capire ogni quanto tempo è necessario memorizzare l’ampiezza della forma d’onda del suono per poi ricostruirla in modo fedele.
Qui entra in gioco il nostro corpo, anzi, il nostro orecchio.
Quando siamo giovani, il nostro orecchio arriva a sentire frequenze fino a circa 22kHz.
Invecchiando, l’orecchio invecchia e la frequenza massima che riusciamo a sentire di abbassa notevolmente, arrivando anche a metà.
Nota di colore, in certi posti, tempo fa, è stato fatto un esperimento: dove c’erano gruppi di ragazzi molto rumorosi sono stati messi degli emettitori di frequenze intorno ai 20kHz molto fastidiosi.
I ragazzi si sono spostati, la gente più in là con gli anni non sentiva il suono e non ce n’è neanche accorta.
Torniamo ai nostri 22kHz.
Vuol dire che la frequenza massima del suono che siamo in grado di sentire oscilla 22 mila volte al secondo.
Sempre per risultati frutto di studi di matematica e fisica, si è arrivati alla conclusione che se si campiona l’audio memorizzandone l’ampiezza alla frequenza doppia, rispetto a quella udibile, all’atto della riproduzione, il nostro orecchio non se ne accorgerà.
Per convertire un’onda sonora nello spettro udibile, viene campionata, memorizzandone il valore di ampiezza a circa 44kHz, 44 mila volte al secondo.
Ovviamente si salva un campione per il canale destro e una volta per il canale sinistro.
Un suono stereo, campionato in questo modo, occupa 2 byte per 88 mila volte ogni secondo, 176.000 byte.
Facendo due conti, un minuto di audio stereo occupa su disco circa 10MB.
Il sistema che fa questo mestiere si chiama ADC, Analog to Digital Converter, convertitore da analogico a digitale.
Quando vogliamo ascoltare la musica, basta prendere tutti i campioni memorizzati, convertirli in un segnale audio, uno dopo l’altro, per ottenere una forma d’onda come quella che avevamo in originale.
Non sarà una bella curva, ma sarà a scaletta, perché i campioni sono discreti, ci saranno delle armoniche a frequenze molto più alte, ma noi non le sentiamo e sentiremo l’audio come l’originale.
Questa conversione viene fatta dal DAC, Digital to analog converter, convertitore da digitale ad analogico.
Questo che vi ho appena descritto è come funziona il CD audio e come registro io i file audio del podcast ad esempio.
L’ho presa alla lontana, ma serve per farvi capire.
Esiste un modo di memorizzare l’audio a risoluzione migliore, si chiama Hi-Res, e il campionamento avviene a 24 bit, la scaletta che dicevo prima ha molti più livelli ed è più precisa, e il campionamento è fatto a tra 48 e 192kHz, per un’occupazione su disco tra 16 e 66MB al secondo. A noi questo, per adesso, non serve.
Quando la musica ha iniziato ad essere portatile, non su cassetta o CD, ma sui lettori portatili, la memoria flash costava davvero molto cara.
Avere 1GB per tenere 100 minuti era davvero un’esagerazione.
Sarebbe stato molto meglio avere 128MB per contenere 128 minuti di audio.
La musica sarebbe stata da comprimere.
Passarla a un compressore tipo ZIP era fuori discussione, lo spazio passava da 10MB per secondo di audio a circa la metà e poi sarebbe servita la capacità di calcolo per decomprimerla.
Tra l’altro, il formato FLAC, quello che è ora lo standard per la trasmissione audio lossless, è un WAV zippato.
Tramite altri studi fisici si è scoperto che il nostro orecchio è ingannabile.
Se ci sono delle frequenze che sono così forti da coprirne altre, noi possiamo togliere quelle coperte e l’ascoltatore non se ne accorge. O quasi.
Ed ecco gli algoritmi di compressione a perdita di qualità.
Togliamo dall’audio qualcosa di cui l’orecchio non ha proprio bisogno per comprendere quello che sta ascoltando e non si accorge che non sta sentendo tutte le frequenze.
Immaginate di avere un coro, mentre il solista canta e gli altri fanno solo da sottofondo l’algoritmo calcola che delle 30 persone, se ne vengono tolte 15 o 17, la maggior parte degli spettatori non noterà la differenza, allora li toglie. Poi tornano tutti a cantare, ne reinserisce 10, ma solo quelli con la voce più potente.
E così via.
Era un esempio banale di quello che fa un algoritmo di compressione.
Quello che si può togliere è calcolabile in modo matematico ed ecco un algoritmo di compressione che fa il botto: MP3.
Un minuto di audio sta in un MB, non in 10.
E la canzone si sente in modo discreto.
Molta, moltissima gente non nota la differenza.
Nel tempo poi gli algoritmi di compressione si sono evoluti, la qualità è aumentata senza andare ad occupare troppo spazio.
Ma meno spazio occupato per minuto vuol dire potersi portare più musica appresso, impegnare meno banda in download, dover caricare molto meno i servizi di streaming nei tempi moderni.
E anche, negli anni 2000, scaricare una canzone MP3 con un modem a 56k in tempi compatibili con la vita e non in millenni. Ciao Napster!
Con il tempo la qualità degli algoritmi di compressione è migliorata moltissimo e un MP3 a 320kbps o un AAC sono davvero di ottima qualità, seppur compressi con perdita. Un MP3 a 320kbps occupa 2,5MB al minuto, uno spazio accettabile.
Ma fino ad adesso ho solo parlato di occupazione spazio disco e trasmissione su Internet.
Manca una parte fondamentale per l’ascolto della musica.
La conversione in analogico e la trasmissione al nostro orecchio, tramite delle casse o delle cuffie.
Le combinazioni sono molte.
Si può fare la conversione sul dispositivo e poi mandare il segnale analogico agli altoparlanti, che siano casse o cuffie, ma ci vanno i cavi.
Oppure si può fare senza fili, come fanno ormai la maggior parte delle persone. Qui ci va di mezzo il bluetooth. O forse no.
Si apre un piccolo mondo.
La maggior parte degli auricolari senza fili si collega al computer o al telefono via bluetooth.
Questo metodo di connessione senza fili, in base al codec che viene usato, ha dei limiti sulla banda che viene trasmessa.
In base alla sorgente, il dispositivo e la destinazione, le cuffie, viene negoziato il codec migliore a disposizione.
Raramente potremo avere un codec che fa passare una larghezza di banda maggiore di 320kbps. Sicuramente non le cuffiette che avete preso su Amazon a 20€
Non vanno a più di quella velocità neanche gli airpods pro di Apple con iPhone, solo con il Vision Pro.
Abbiamo analizzato tutta la catena del trasferimento digitale della musica.
Tutto questo per dire che se avete Spotify e lo impostate con qualità lossless per poi ascoltarlo dal telefono o dal computer con delle cuffie bluetooth state solo sprecando banda.
Arriverà senza perdita fino al vostro PC per poi essere compresso con perdita per arrivare alle vostre cuffie.
Se volete ascoltarlo per bene, dovete avere delle casse col cavo o delle cuffie con il cavetto audio.
Oppure delle cuffie che abbiano il codec giusto per il lossless via bluetooth, come LDAC. Ma lo deve supportare anche il telefono o il computer.
LDAC non è completamente lossless, ma perde molto poco.
Io ho provato, non sento la differenza, voi?
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Parlando di audio rimaniamo a tema. Se volete degli auricolari economici, lossless, con attenuazione del rumore attiva, con un sacco di funzioni interessanti, vi consiglio di provare le buds di CMF, io non le ho perché non posso comprare un altro paio di cuffie, ma tutte le persone che conosco e che li hanno presi sono decisamente soddisfatti.
Il link è nelle note dell’episodio, come di consueto.
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