#374 – Correzione degli errori – Banco Posta

Pillole di Bit
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#374 - Correzione degli errori - Banco Posta
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Il tema centrale è la correzione degli errori nella trasmissione e memorizzazione dei dati, spiegando concetti come la ripetizione e il bit di parità, per poi approfondire i codici di Hamming che permettono di identificare e correggere errori. Vengono forniti esempi pratici come i QR code, le RAM ECC, e le sonde spaziali per illustrare l’applicazione di queste tecniche. Inoltre, il conduttore affronta un caso riguardante una multa comminata a Poste Italiane per l’eccessiva intrusività della sua app, criticando il fatto che il costo ricada sui contribuenti.

Per leggere lo script fai click su questo testo

Avete mai giocato al telefono senza fili? Vi è mai successo che la frase di partenza arrivasse a destinazione perfettamente uguale a come è partita?
Credo proprio di no.
Adesso immaginate di trasmettere dei dati, che sia su fibra, su rame o nell’etere.
Cosa potrebbe succedere se quello che arriva è diverso da quello che parte?
Qui serve un sistema che gestisca gli errori e, per quanto possibile, provi a correggerli.

Questa puntata è stata realizzata grazie alle indispensabili donazioni di generosi ascoltatori
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Per sapere come far parte di questo elenco vi rimando al capitolo un po’ più in là nella puntata.

Non sembra, ma la puntata del compleanno è vicina, la casella di posta per le domande è ancora attiva e non è il caso di essere timidi, potete mandarle anche durante tutta l’estate, i dettagli più in là nella puntata!

Prima di iniziare, vi ricordo che potete contattarmi in mille modi, se preferite i social, su Bluesky sono francesco.iltucci.com, su Mastodon sono cesco_78 sull’istanza mastodon.social o pilloledibit sull’istanza hackyderm.io. Non ho altri social.
Se preferite la mail potete scrivere a [email protected]. Trovate tutti i link comodi comodi sull’app dalla quale state ascoltando la puntata o sul sito, rispondo sempre, se siete educati.
Il metodo migliore è iscriversi e usare il gruppo Slack attivo durante tutta la settimana, dove si parla delle puntate e di tecnologia in generale, lo trovate a pilloledib.it/slack, mi raccomando, all’ingresso vi sarà chiesto di compilare un rapido modulo per presentarvi e per confermare di aver letto il regolamento, non spaventatevi.

Vi è mai capitato di guardare una TV digitale terrestre e per un attimo l’immagine si sgrana a quadretti? O di scaricare un file e scoprire che è corrotto e non si apre? O ancora, vi siete mai chiesti come faccia un QR Code tutto rovinato e graffiato a funzionare lo stesso?
Ecco, dietro a queste piccole magie quotidiane non c’è fortuna, ma una branca geniale dell’informatica che si chiama correzione degli errori. Oggi vediamo insieme, in modo facile, come cerco sempre di fare in questo podcast, come funziona.
Immaginate di dover comunicare un’informazione importantissima a un vostro amico che si trova dall’altra parte di una piazza affollata. L’informazione è un semplice “SÌ” o “NO”. Voi urlate “SÌ!”, ma tra il rumore, la gente che parla, un’ambulanza che passa, al vostro amico potrebbe arrivare “SCÍ”, “LÌ” o un suono incomprensibile.
Ecco, la trasmissione dei dati è molto simile. Che sia un segnale Wi-Fi, un’onda radio che viaggia dallo spazio o un laser che legge un Blu-ray, il mondo è pieno di “rumore” e interferenze. Un piccolo disturbo può trasformare uno “0” in un “1” o viceversa. E se quel bit faceva parte del vostro video delle vacanze o del bonifico che stavate facendo, potete intuire che il problema è serio.
Come risolviamo? La prima idea, la più semplice ma efficace, è quella che usiamo anche noi quando non ci capiamo: la ripetizione.
Torniamo nella piazza. Invece di urlare “SÌ” una volta sola, lo urlate tre volte: “SÌ! SÌ! SÌ!”.
Il vostro amico dall’altra parte sente: “SÌ! SCÍ! SÌ!”. Anche se un messaggio è arrivato storpiato, per maggioranza vince il “SÌ”. Il vostro amico è ragionevolmente sicuro che la risposta fosse quella.
Questo è il codice a ripetizione. Invece di mandare un bit, tipo 1, ne mandiamo tre: 111. Se il ricevitore riceve 101, vede che ci sono due 1 e un 0, quindi dice: “Ok, molto probabilmente il messaggio originale era 1”.
Semplice, no? Funziona, ma è molto inefficiente. Per mandare un messaggio, dobbiamo triplicare i dati! È come se per spedire una lettera di una pagina, ne mandassimo tre identiche in tre buste diverse. Si può fare di meglio, visto che inviare i dati, anche se non ce ne accorgiamo, ha un costo. Pensate di dover scaricare un videogioco da 80GB, il download schizzerebbe a 240GB, di questi solo 80 sarebbero i dati utili. Un overhead davvero esagerato.
E se invece di ripetere tutto, aggiungessimo solo un piccolo indizio?
Facciamo un gioco. Io vi do una sequenza di sette bit, per esempio: 10 11 001. Ora, contiamo quanti “1” ci sono. In questo caso sono quattro. Quattro è un numero pari.
Allora, io aggiungo un ottavo bit, un “bit di parità”, e lo imposto a 0 se il numero di “1” è pari, e a 1 se è dispari.
La sequenza che vi mando sarà 10 11 00 10.
Voi la ricevete e fate lo stesso controllo: contate gli “1” nei primi sette bit e controllate l’ottavo. Se qualcosa non torna, sapete che c’è stato un errore! Per esempio, se ricevete 10100010, contate gli “1” e scoprite che sono tre (dispari), ma il bit di parità è 0 (che indica pari). BINGO! Errore rilevato!
Questo sistema è già più furbo, ma ha un limite: vi dice CHE c’è un errore, ma non DOV’È. È come se la spia dell’auto vi dicesse “guasto al motore”, senza specificare quale pezzo non va.
Più o meno come fa la mia Tipo quando dice “controllare motore” su un display grafico che potrebbe persino farmi il disegno con la freccia per indicarmi esattamente dove sta il problema, ma sto divagando.
Ed è qui che arriva il genio, con i codici di Hamming. Senza entrare nei dettagli matematici che ci farebbero addormentare tutti e senza una lavagna sono complessi da spiegare, l’idea è questa: invece di usare un solo bit di parità per controllare tutta la sequenza, usiamo più bit di parità, e ognuno controlla un gruppetto diverso di bit del messaggio originale, con i gruppi che si sovrappongono in modo intelligente.

Immaginate di avere 3 investigatori (i nostri bit di parità).

Il primo investigatore controlla i bit in posizione 1, 3, 5, 7.
Il secondo controlla i bit 2, 3, 6, 7.
Il terzo controlla i bit 1, 4, 5, 6.
Se avete notato i bit sono controllati più volte.
Se arriva un messaggio e un bit è sbagliato, per esempio il bit in posizione 3, sia il primo che il secondo investigatore alzeranno la mano dicendo “Ehi, nel mio gruppo qualcosa non torna!”. Il terzo, invece, starà zitto.
Incrociando le informazioni (“l’errore è nel gruppo del primo E nel gruppo del secondo, ma NON in quello del terzo”), il sistema può individuare con esattezza qual è il bit corrotto. E se sa qual è, correggerlo è un attimo: basta invertirlo! Se era 0 diventa 1, e viceversa. Problema risolto!

Questa non è fantascienza, la usiamo continuamente!

RAM ECC: I computer più seri, come i server, usano una RAM speciale chiamata “ECC” (Error Correcting Code) che integra proprio questi sistemi per evitare che un errore casuale di memoria mandi in crash il sistema o corrompa i dati. Delle RAM ECC abbiamo parlato nella puntata 364
QR Code: Avete presente? Quella scacchiera di pixel bianchi e neri. Una parte del codice contiene i dati veri e propri (tipo l’indirizzo di un sito), ma una grossa parte contiene informazioni per la correzione dell’errore. Ecco perché potete scarabocchiarci sopra o anche bucarlo, e continuerà a funzionare! Il lettore ricostruisce le parti mancanti o errate. Abbiamo parlato del QR code nella lontanissima puntata 76
Sonde Spaziali: Quando la sonda Voyager manda dati da miliardi di chilometri di distanza, il segnale è debolissimo e pieno di disturbi. Senza una robustissima correzione d’errore, le foto di Giove e Saturno ci sarebbero arrivate come un rumore senza senso.
CD, DVD, Blu-ray: Anche loro hanno dati ridondanti per poter “sopravvivere” ai graffi.
La prossima volta che vedrete un’immagine digitale perfetta o userete un QR Code, pensate a questo piccolo esercito di bit investigatori che lavorano nell’ombra per assicurarsi che i nostri 1 restino 1 e i nostri 0 restino 0. È una delle tante, invisibili meraviglie della tecnologia che rendono il nostro mondo digitale affidabile.

— Stacco Donatori – Sostenere

Questo podcast vive perché io lo produco, lo registro e lo pubblico settimana dopo settimana o quasi. Ma continua ad andare avanti perché la soddisfazione di vedere le notifiche delle donazioni mi spinge a fare sempre nuove puntate, come ringraziamento e impegno nei vostri confronti. Se esce ogni settimana è grazie a voi.
E se donate, compilate il form, vi spedisco anche i gadget, così siamo tutti contenti.
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Potete partecipare anche usando i link sponsorizzati di Amazon o acquistare la connettività o uno degli altri servizi di Ehiweb, che sponsorizzo con molto piacere da tempo, un gestore di connettività come loro non lo trovate in giro.
Oltre alla connettività per casa FTTH o FTTC, hanno le SIM, posano fibra dedicata per le aziende, fanno servizio VoIP, hanno un supporto spaziale e tutti i loro dipendenti sono assunti a tempo indeterminato.
Provateli, non tornerete più indietro.
E se avete bisogno di un servizio di Hosting, andate da ThridEye, che ospita da anni il sito del podcast, ho fatto la mia scelta e anche qui il livello è altissimo, i contatti sono sul sito.

A novembre 2025 Pillole di Bit compie 10 anni.
La puntata del compleanno sarà una puntata speciale e la mia intenzione è prepararla insieme a voi.
Sarà una puntata del tipo Ask Me Anything, per gli amici AMA, potete chiedermi tutto quello che volete e io risponderò in puntata. Come si fa?
Fino al 13 ottobre 2025 potete mandarmi una mail a [email protected] con la vostra domanda.
La casella di posta sarà in evidenza nelle note degli episodi.
Accetto solo domande che arrivano a quella casella di posta in forma scritta, firmate con nome e cognome.
Alle prime 10 domande che arrivano e che contengono anche un indirizzo postale spedisco un piccolo regalo di ringraziamento.
Nella puntata del 17 novembre risponderò a quante più domande possibili.
Attendo tutte le vostre domande!
Grazie!

Nella puntata 365 sulla tecnologia da portare in vacanza vi ho ricordato che è necessario portarsi appresso tutti i cavetti con i connettori strani per caricare i dispositivi con i caricatori non standard, come ad esempio tutti gli smartwatch o le smartband, che hanno i connettori magnetici.
Un ascoltatore su Mastodon mi ha aperto un mondo facendomi scoprire che esiste un intero mercato di adattatori da USB-C a ogni tipo di connettore magnetico proprietario. Se li cercate su amazon cercando USB-C miband, per esempio, trovate tutto quello che vi serve.
Così avete solo i cavi USB-C che sono standard e dei piccoli adattatori, che occupano meno spazio ai quali collegate il cavo standard e il vostro dispositivo.
Non li ho mai provati, prima di partire fate un test.

Non so se vi ricordate, qualche tempo fa, per poter usare l’app di Banco Posta e quella di Postepay su Android era necessario accettare condizioni davvero eccessive, l’app doveva avere accesso a tutto il telefono, come se fosse stato un malware qualunque, il tutto in nome della sicurezza dell’utente, io ve la buco questa sicurezza usata a sproposito. Nessuna app di nessuna banca ha mai chiesto una cosa del genere negli anni.
La mancata accettazione di questa inutile ed esagerata richiesta di accessi comprometteva la funzionalità dell’app al punto da bloccarla.
Un po’ come se per poter aprire un conto in banca doveste dare le chiavi di casa vostra a degli ispettori della banca, oltre a tutte le altre dichiarazioni che già fate per legge.
Ovviamente sono insorti tutti e l’Antitrust ha iniziato a indagare. L’app ha funzionato in questo modo per un anno e alla fine, dopo troppo tempo, è arrivata la sanzione. Poste deve pagare 4 milioni di multa.
Vi lascio il link all’articolo di DDay con tutti gli enti coinvolti e le motivazioni. Aggiungo una riflessione.
Per aggiungere un controllo simile nell’app ci saranno stati molti meeting, saranno state coinvolte persone di vari livelli, da quelli più alti fino a chi ha effettivamente sviluppato il codice che andava a scavare nel telefono.
Se la cosa è uscita in produzione avrà avuto più di un’approvazione.
Ho la sensazione che nessuno di loro avrà in detrazione nella busta paga o sul premio una voce del tipo “multa comminata per l’intrusività dell’app”.
I 4 milioni verranno pagati da Poste.
Poste è una SPA, la maggiornaza delle azioni è posseduta dal ministero dell’economia e delle finanze e da Cassa Depositi e Prestiti.
Cassa Depositi e Prestiti è posseduta per oltre l’80% dallo stesso Ministero dell’economia e delle finanze.
Questo vuol dire che sono soldi nostri.
La multa la paghiamo noi.
E tra di noi… o meglio, tra di voi, io me ne tengo lontano, c’è chi ha il conto Banco Posta e la Postepay.
Hanno multato indirettamente le persone che sono state colpite da questa cosa e chi l’ha effettivamente pensata e applicata, come sempre, non avrà ripercussioni economiche, almeno fino a che non leggo il contrario.
Ci sono molte altre banche e sistemi che fanno fintech meglio di Banco Posta e Postepay, ve lo assicuro.

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo Slack e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi auguro buone vacanze. Visto che ogni anno, ad agosto, gli ascolti crollano in modo più che considerevole, ho deciso che mi prendo anche io una pausa.
Le puntate riprenderanno il primo settembre con una serie interessante, almeno spero, di 5 puntate monotematiche.
La puntata del podcast, alla ripresa, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni si riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato e, se vi va, pensate alle domande da proporre per la puntata del decimo compleanno!

Ciao!

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#373 – Bilancia da cucina

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#373 - Bilancia da cucina
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Affrontiamo il tema della pesatura degli oggetti, esplorando le diverse ragioni per cui è importante conoscerne il peso, dalle applicazioni culinarie a quelle commerciali. Si introducono vari tipi di bilance, soffermandosi in particolare sulle bilance da cucina, dalle bilance meccaniche tradizionali che utilizzano una molla per misurare il peso, fino alle moderne bilance digitali che si basano su celle di carico e sensori per misurazioni precise. Viene spiegato il principio di funzionamento delle celle di carico e dell’estensimetro, evidenziando come la variazione della resistenza elettrica venga convertita in un valore di peso visualizzato.

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Che sia per una ricetta, per spedire un pacco o semplicemente per curiosità, pesare le cose è un gesto che facciamo da sempre. Conoscere il peso di un oggetto è utile a fini pratici, per sapere se si può spostare, a fini commerciali, per dargli un valore, a fini culinari, per creare delle ricette e fare le dosi, a fini farmaceutici e così via.
Se ci pensate, molte delle cose che fate nella vita di tutti i giorni sono legate al peso degli oggetti che avete intorno.
In certi casi siamo in grado di stimare se un oggetto supera una certa soglia di peso, in certi altri è necessario misurarlo.
Per misurarlo si usano le bilance.
Anche questo strumento di misura si è evoluto nel tempo e ce ne sono di tipi molto diversi a seconda delle necessità. Ci sono quelle che pesano gli autotreni e quelle che contano quanti pezzi da decimi di grammo ci sono sul loro piattino.

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Visto che se dovessimo parlare di bilance a tutto tondo servirebbe una puntata di mille ore, ho deciso che nella puntata di oggi parleremo delle bilance da cucina: da quelle che avevano le nostre nonne a quelle, più moderne, che usiamo noi quotidianamente e che, per estensione, vediamo tutti nei supermercati.
Le bilance che usavano le nostre nonne avevano un piatto sul quale si appoggiava l’oggetto da pesare, il piatto si abbassava con il peso e l’abbassamento generava il movimento di una lancetta in un quadrante numerato, indicando il peso.
Tra il piatto della bilancia e la lancetta c’è una molla, ma non una molla a caso, è una molla costruita e tarata in modo tale che la risposta sia lineare in base al peso che ci mettiamo sopra.
Ad esempio, se un peso di 200g accorcia la molla di una certa misura, un peso di 100g la accorcerà esattamente della metà.
La lancetta si può spostare a mano nel quadrante, in questo modo posso pesare la scodella, azzero la lancetta, poi peso la scodella con l’ingrediente, e il display mi mostrerà solo il peso di quest’ultimo.
Le bilance digitali, quelle che usiamo per misurare gli ingredienti in cucina, per pesarci al mattino, quelle che si usano al supermercato, funzionano in un modo completamente diverso. Niente molla, niente lancetta.
Resta il piatto che si muove, anche se a noi pare di no, e dei sensori che, deformandosi in modo impercettibile, misurano quanto pesa l’oggetto che viene messo sul piatto.
Questi sensori, chiamati celle di carico, sono solitamente quattro e si trovano nei piedini della bilancia, uno per ogni angolo.
Ci avete mai fatto caso che non sono parte integrante dello chassis della bilancia, ma hanno una certa libertà di movimento? Quella libertà serve per fare le misurazioni.
La cella di carico è costruita con un materiale elastico che cede in modo impercettibile in base al peso che deve sopportare, possiamo vederlo come una molla molto dura.
Collegato a questo materiale c’è un sensore, l’estensimetro, che al suo interno ha una serpentina di un conduttore.
Questo conduttore varia la sua resistenza a seconda di quanto è compresso o tirato.
In base alla nota legge di Ohm, se ho una resistenza che varia, in base al circuito che le posso costruire intorno, posso leggere una variazione di tensione o di corrente.
Questo vuol dire che in base al peso che io appoggio sul piatto della bilancia, dai 4 piedini arriva un segnale elettrico che varia a seconda del peso che ho appoggiato sul piatto.
Un circuito elettronico legge quel segnale e lo trasforma nella lettura del peso, un altro circuito trasforma la lettura del peso nella visualizzazione di questo peso sul display.
Ogni bilancia ha il tasto della tara.
Metto la scodella, schiaccio il tasto della tara e la lettura viene impostata a zero.
Ogni variazione letta dai sensori sarà il peso che poi verrà mostrato sul display.
Tutti gli elettrodomestici che hanno una bilancia incorporata, come i robot da cucina, di solito pesano sempre sui piedini e fanno lo zero sul peso totale dell’elettrodomestico. Anche le bilance piccole da cucina fanno la tara anche considerando il loro peso.
Tutte le bilance misurano usando i 4 piedini, per questo vanno messe sempre in piano.
Quelle per la pesa dei prodotti da vendere hanno le bolle per verificare che siano in piano, hanno i piedini regolabili e la misura del peso non avviene sul bancone dove sono poggiate, ma al loro interno.
Queste bilance devono anche essere periodicamente verificate in modo che la misura del peso sia entro certi limiti di tolleranza per evitare che il cliente sia truffato sul peso o che il commerciante ci perda.
All’interno del sistema elettronico c’è anche tutto il software che elabora il peso e il prezzo al chilogrammo per calcolare il totale ed emettere lo scontrino.
Alcune, le più evolute sono collegate con il gestionale del negozio e aggiornano, con un software apposito, tutti i prezzi in automatico, senza dover mettere tutte le variazioni a mano su ogni bilancia, immaginate di doverlo fare in un supermercato con un catalogo di 300 prodotti che variano giornalmente su 20 bilance.

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Vi ho già detto che amo le tastiere meccaniche, vero?
Anche che ho ancora da vendere la mia vecchia WASD ISO Italiana cherry blue rumorosissima che non uso più.
Oggi vi auto a spendere un po’ di soldi in un sito che non mi dà un link sponsorizzato, ma che è bellissimo.
Yuzu keycaps vi permette di personalizzare la vostra tastiera meccanica come nessuno mai.
Scegliete marca e modello, i tasti, il colore, la grafica ed ecco i vostri set super personalizzati.
Io ancora non ho ordinato, ma se diventate un po’ più poveri, non è colpa mia, ovviamente.

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#372 – WiFi Direct – Equo compenso

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#372 - WiFi Direct - Equo compenso
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Oggi una puntata dedicata a Wi-Fi Direct. Viene illustrato come questa tecnologia permetta la connessione diretta tra dispositivi senza router, offrendo velocità superiori al Bluetooth per il trasferimento di grandi quantità di dati. Vengono forniti esempi pratici del suo utilizzo, come il mirroring dello schermo e la stampa wireless, evidenziandone la presenza “silenziosa” nelle funzionalità quotidiane. Infine, si toccano argomenti di attualità come la scelta tra Amazon Fire Stick e Apple TV e una aspre critica sulle tasse aggiuntive per la copia privata sui dispositivi di archiviazione e servizi cloud.

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Da quando conosciamo il wifi siamo abituati a pensarlo in un modo solo.
C’è un dispositivo, il router o l’access point, che emette il segnale wireless, con il nome della rete, il nostro computer o il telefono lo vedono , ci si collegano, si autenticano e, passando attraverso le sue antenne vedono tutti gli altri dispositivi della rete.
Senza access point, nessuna connessione WiFi.
Ebbene, non è proprio così.

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Edoardo
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Partiamo con uno scenario che, scommetto, avete vissuto tutti. Siete a casa di amici, avete appena scattato una foto di gruppo con il vostro smartphone e volete mandarla subito ai vostri amici. Se non avete tutti iPhone e non siete parte di un gruppo Telegram o Whatsapp le cose si fanno difficili.
Forse non c’è campo. Io uso Telegram, ma no, io la voglio su Whatsapp! Via mail, ma non ho mica le mail di tutti
“Qual è la password del WiFi?”. Il padrone di casa non se la ricorda. La cerca. L’ospite la digita sbagliata. Poi finalmente ci si collega. L’app di messaggistica non va.
Ah, non date mai la password della WiFi di casa, solo quella della rete per gli ospiti, se ce l’avete.
Proviamo col Bluetooth! Inizia l’accoppiamento, i codici da confermare… “visibile a tutti i dispositivi”… e dopo due minuti di tentativi, il trasferimento è di una lentezza esasperante.
E se vi dicessi che i vostri telefoni, molto probabilmente, potrebbero parlarsi direttamente, in modo super veloce e senza bisogno di nient’altro? Né router, né password del WiFi, né la lentezza del Bluetooth.
Questa magia esiste, è potentissima e si chiama WiFi Direct. E la cosa bella è che probabilmente l’avete già usata senza nemmeno esservene resi conto.
In questa puntata vi racconto un po’ di cose, cos’è, come funziona e perché è una di quelle tecnologie geniali che ci semplificano la vita, ma senza farsi vedere troppo.

Allora, cos’è questo WiFi Direct? Il nome un po’ ci aiuta: è un sistema che permette a due o più dispositivi di creare una connessione WiFi direttamente tra di loro, senza intermediari
Pensate al WiFi normale, quello di casa. Come funziona? Avete un coordinatore al centro di tutto: il router o l’access point. Tutti i vostri dispositivi – il telefono, il computer, la smart TV, la console – per parlarsi tra loro, devono passare da lui. È come essere in un ufficio dove, per parlare con il collega della scrivania accanto, devi prima mandare un’email al capo, che poi la inoltra al collega. Funziona, ma è un po’ macchinoso e serve per forza il capo. Se il router o l’access point si spegne, la rete scompare e nessuno parla più con nessuno.
Il WiFi Direct ribalta completamente questa logica. Immaginate che due dispositivi (diciamo due smartphone) si incontrino e decidano di creare al volo un loro club privato, una mini-rete WiFi solo per loro due. Uno dei due si comporta momentaneamente come un “finto router” e l’altro si collega. Fine.
Non c’è bisogno del router di casa, non serve una connessione a Internet. È una bolla di WiFi privata e temporanea che nasce e muore solo per far comunicare quei due dispositivi.
In pratica, è come se i due colleghi dell’esempio di prima si girassero e si parlassero direttamente, senza passare dal capo. Molto più semplice, no?

A questo punto, la domanda sorge spontanea, come diceva Lubrano, per chi se lo ricorda: “Ma scusa, per far parlare due dispositivi vicini non usavamo il Bluetooth?”. Giustissimo. Ma ci sono delle differenze enormi, e qui capiamo perché il WiFi Direct è così potente.
Pensiamo a questi due standard come a due modi di trasportare cose tra due paesi vicini.
Il Bluetooth è come un pony express. È fantastico per pacchi piccoli e leggeri (cuffiette audio, dati di un sensore, un contatto della rubrica). Consuma pochissima energia, è affidabile, ma se gli chiedi di trasportare un divano (un video in 4K, una galleria di foto ad alta risoluzione), ci mette una vita. La sua velocità è limitata. Inoltre, la sua portata è abbastanza corta, di solito una decina di metri e soffre molto i muri.
Il WiFi Direct è come avere un camion da traslochi sempre pronto. Usa la stessa tecnologia e le stesse frequenze del WiFi classico, quindi ha due vantaggi schiaccianti:
Velocità: È incredibilmente più veloce del Bluetooth. Parliamo di velocità centinaia di volte superiori. Trasferire un album di 200 foto non richiede minuti, ma pochi secondi.
Portata: Ha un raggio d’azione molto più ampio, simile a quello di un router WiFi, arrivando tranquillamente a decine di metri, anche con qualche ostacolo in mezzo.
Quindi, non sono nemici, ma strumenti diversi per scopi diversi. Il Bluetooth è perfetto per connessioni costanti a basso consumo (smartwatch, auricolari), il WiFi Direct è il campione dei trasferimenti veloci di grandi quantità di dati tra due dispositivi.

Vi ho detto che probabilmente lo usate già senza saperlo. Com’è possibile? Perché molte delle funzioni “smart” che conosciamo e usiamo sono basate proprio sul WiFi Direct, anche se le aziende gli danno nomi commerciali diversi per renderle più facili.

Ecco qualche esempio pratico:

Trasferimento file tra telefoni: Funzioni come “Quick Share” di Samsung/Google o “AirDrop” di Apple (che usa una combinazione di Bluetooth e WiFi Direct) si basano su questo principio. Quando inviate una foto a un amico, i telefoni si presentano col Bluetooth per trovarsi, ma poi stabiliscono una connessione WiFi Direct per inviarsi i file a velocità molto più elevata. Voi vedete solo un’icona carina, ma sotto il cofano c’è il nostro camion da traslochi in azione.

Screen Mirroring (Miracast): Avete mai proiettato lo schermo del vostro telefono o del vostro portatile sulla Smart TV senza usare cavi? Quella tecnologia si chiama Miracast, ed è uno standard che usao il WiFi Direct! Il telefono e la TV creano la loro rete privata per trasmettere in tempo reale tutto il flusso video dello schermo. Ecco perché riuscite a vedere un film in alta definizione senza scatti!

Stampa Wireless: Molte stampanti moderne hanno la funzione di stampa “diretta” dal cellulare. Non dovete collegare la stampante al router di casa. Vi basta collegare il telefono direttamente alla stampante tramite la sua rete WiFi dedicata. Ancora una volta, è WiFi Direct.

Giocare in Multiplayer Locale: Alcune console, come la Nintendo Switch, usano connessioni dirette tipo WiFi Direct per permettere a più giocatori di sfidarsi nella stessa stanza, ognuno sulla propria console, senza bisogno di una connessione a Internet.

Senza diventare troppo tecnici, il processo è geniale nella sua semplicità e si chiama discovery.

I dispositivi compatibili con WiFi Direct si cercano a vicenda, un po’ come fa il Bluetooth, mandando dei segnali a bassa energia per dire “Ehi, ci sono e sono pronto a parlare!”.
Quando voi selezionate “invia a questo dispositivo”, i due apparecchi negoziano. Decidono chi dei due farà da “capo” temporaneo (il Group Owner, che agisce come un finto router) e chi farà da client.
A questo punto, stabiliscono la connessione usando un sistema di sicurezza chiamato WPA2 o WPA3, lo stesso del vostro router di casa.
A questo punto la connessione è attiva, privata e veloce. I dati vengono scambiati.
Finito il trasferimento, la connessione si chiude e la rete temporanea scompare nel nulla.
Tutto questo avviene in una manciata di secondi, in modo quasi completamente automatico.

Il WiFi Direct è un eroe silenzioso del nostro mondo connesso. Non ha la fama del Bluetooth né l’onnipresenza del WiFi classico, ma lavora nell’ombra per darci quelle esperienze veloci e senza fili che ormai diamo per scontate. È la tecnologia che toglie di mezzo l’intermediario, permettendo ai nostri dispositivi di collaborare in modo diretto, efficiente e sicuro.

La prossima volta che condividerete al volo una foto o proietterete un video sulla TV, saprete che non c’è nessuna magia, ma un piccolo, geniale “club privato” che i vostri dispositivi hanno creato solo per voi.

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Oltre alla connettività per casa FTTH o FTTC, hanno le SIM, posano fibra dedicata per le aziende, fanno servizio VoIP, hanno un supporto spaziale e tutti i loro dipendenti sono assunti a tempo indeterminato.
Provateli, non tornerete più indietro.
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A novembre 2025 Pillole di Bit compie 10 anni.
La puntata del compleanno sarà una puntata speciale e la mia intenzione è prepararla insieme a voi.
Sarà una puntata del tipo Ask Me Anything, per gli amici AMA, potete chiedermi tutto quello che volete e io risponderò in puntata. Come si fa?
Fino al 13 ottobre 2025 potete mandarmi una mail a [email protected] con la vostra domanda.
La casella di posta sarà in evidenza nelle note degli episodi.
Accetto solo domande che arrivano a quella casella di posta in forma scritta, firmate con nome e cognome.
Alle prime 10 domande che arrivano e che contengono anche un indirizzo postale spedisco un piccolo regalo di ringraziamento, dopo la puntata di novembre.
Nella puntata del 17 novembre risponderò a quante più domande possibili.
Attendo tutte le vostre domande!
Grazie!

Vi ho detto più di una volta che raramente uso la parte smart della TV, a parte il protocollo HBBTV, per la cui descrizione potete tornare alla puntata 272.
La evito perché le app sono sempre lente, macchinose e soprattutto la TV smette di essere aggiornata in meno di un anno se la si compra appena uscita, se la si compra dell’anno prima, in pratica non riceverà mai aggiornamenti.
Per ovviare a questo uso da molto tempo il Firestick di Amazon.
Ho iniziato con quello normale HD, ho poi preso il 4k, che è molto più reattivo e supporta la risoluzione più alta.
Ultimamente Amazon ha un problema di pubblicità.
Compri il dispositivo e paghi un abbonamento, ma hai pubblicità sia nel dispositivo che nei film.
E io odio la pubblicità.
Il firestick 40 con l’adattatore per collegarlo al cavo ethernet, a prezzo pieno fa poco meno di 90€, quando ci sono gli sconti arriva a poco più di 50.
Ho sostituito da poco il fiestick con una AppleTV con la porta Ethernet, l’ho pagata, con un po’ di sconto, 170€.
Una bella differenza.
Ma, ci sono molti ma.
Il telecomando è di tutt’altro livello, non ha le stilo da cambiare e si ricarica via USB-C.
Il pairing con il telefono per usare l’app del telecomando è istantaneo.
La home del sistema operativo è pulita, semplice, non ha trailer e non ha pubblicità.
Ho trovato tutte le app che usavo sul Firestick, ma non avevo dubbi.
Il collegamento delle airpods è istantaneo, con il firestick collegare delle cuffie è molto più lungo, in più si possono collegare due coppie di airpods contemporaneamente
Devo dire che l’esperienza d’uso è nettamente meglio sotto ogni punto di vista e vale tutti i soldi spesi in più.

Oggi vi tocca anche il pezzo di attualità, compreso di corposa arrabbiatura. Mentre vi parlo di questo lieto evento che di letizia non ha proprio niente, immaginate un sottofondo di turpiloquio, costante, fino a fine di questa sezione.
In Italia, soprattutto nelle istituzioni, alcune parole hanno un significato diverso da quello che si studia normalmente a scuola.
Un esempio palese è la parola “sicurezza”, che ormai ha più valore di controllo, stando alle ultime leggi.
Oggi parliamo di un’altra parola abusata: “equo”.
Il concetto di equità nella testa di Franceschini e della SIAE, perché si devono fare i nomi, è diverso da quello che conosciamo noi.
Per loro, equo vuol dire che se compro un dispositivo che ha dello spazio su cui posso memorizzare dei dati digitali, allora possono rubare dei soldi dalle mie tasche mettendo un balzello in base a quanto è capiente questo dispositivo.
Il motivo apparente è che io in quel dispositivo potrei mettere dei dati protetti da diritto d’autore che ho già comprato, per i quali ho già pagato SIAE, facendone una copia, ma solo se non aggiro i sistemi anticopia.
Se sente sempre il sottofondo di turpiloquio, sì?
Poi i tempi sono cambiati e immagino che il 90% delle persone non compri più musica da copiare sul lettore MP3 o sull’iPod, uscito anche di scena. Al massimo si comprano i vinili e la musica resta lì sul disco.
Ma soprattutto chi ascolta musica paga un abbonamento e la ascolta in streaming.
La stessa cosa vale per i film.
Alcuni produttori hanno smesso di vendere lettori DVD, ormai la fruizione dei film è sui servizi di streaming o al cinema, almeno per la gran parte.
Ecco, questo non equo compenso, questo furto, che grava anche dove la musica non ce la mettereste mai, come ad esempio le SD delle macchine fotografiche, non è mai stato abolito, ma è sempre stato adeguato.
Viene sempre adeguato tutto, mai gli stipendi.
Leggo su DDAY che stanno pensando di rivedere le tariffe di questa immane porcata.
Al rialzo.
Alcune voci a due punti percentuali
E stanno pensando di aggiungere un furto aggiuntivo allo storage cloud.
Hai uno storage gratis maggiore di un GB da qualche parte, che siano i 15GB di gmail, Dropbox, un Amazon Glacier dove metti i backup? ecco, qualche decimo di centesimo al GB al mese, per ogni servizio.
Anche se sei un’azienda.
Anche se li usi per lavoro.
Anche se della musica non te ne frega niente.
Se questa cosa dovesse passare non esisteranno più servizi cloud con un livello gratuito.
Io adesso vorrei sapere, se questa cosa passa, ed è in attesa di autorizzazione dell’attuale ministro della cultura, come si fa a fermare questo sistema che ci arriva nelle tasche in modo indiscriminato da ogni parte?

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo Slack e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni di riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato

Ciao!

Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia