#329 – Sintetizzatore

Pillole di Bit
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#329 - Sintetizzatore
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Gli strumenti musicali generano la musica a partire da un’oscillazione fisica, i sintetizzatori hanno un oscillatore elettronico parametrizzabile. SI parla sempre di Musica, ma il risultato è completamente diverso

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Nelle puntate passate, più di una, ho parlato di musica, sotto vari aspetti, spesso relativi alla registrazione, alla trasmissione e alla riproduzione del suono.
Non ho mai affrontato l’argomento principale della musica, senza il quale non ci sarebbe nulla da registrare, trasmettere o riprodurre. La sua generazione.
C’è molto analogico, ma vi assicuro che il digitale, anche qui, è entrato in modo prorompente.
Se ascoltate questo podcast a velocità aumentata, troverete alcuni brevi spezzoni musicali che sarebbe meglio ascoltare a 1x, per comprendere meglio il tutto.

Io sono Francesco Tucci, mi occupo di tecnologia da prima del millennium bug, dell’euro e del grande blackout del 2003, sono sopravvissuto e sono qui per raccontarvelo, in puntate brevi e facili, alla portata di tutti, con questo podcast, Pillole di bit, da novembre del 2015.

Prima dell’avvento della tecnologia c’era un solo modo per generare la musica: avere uno strumento musicale.
Per questo motivo nei secoli passati sono stati inventati molti strumenti musicali per generare suoni completamente diversi tra di loro.
Immaginate un’orchestra.
È composta da fiati, archi, percussioni e per ogni tipo, ci sono poi degli strumenti diversi tra di loro, tra i fiati ci sono gli ottoni e i legni, tra gli archi ci sono dai violini ai contrabbassi, le percussioni sono a pelle o metalliche.
Ci sono strumenti a corda pizzicati come ad esempio l’arpa e così via.
Ogni strumento genera suoni diversi con estensioni musicali diverse.
Tutti hanno in comune una sola cosa.
Tramite una vibrazione e, spesso, con una cassa di risonanza di dimensione diversa, immettono nell’aria una forma d’onda composta da un insieme di frequenze tra 0 e 25 kHz circa, quello che l’orecchio umano può sentire, e lo diffondono intorno.
L’abilità di chi costruisce lo strumento prima, di chi lo accorda, di chi lo suona, basandosi sull’abilità di chi ha scritto la musica per tutti insieme, fa sì che all’orecchio delle persone arrivi una melodia piacevole da ascoltare.

Tutto questo funziona, quasi per magia, in completa assenza di energia elettrica.
Era l’apprendista stregone, di Paud Dukas, presente in Fantasia, film di animazione della Disney del 1940
Per noi che viviamo in un mondo che funziona solo ad energia elettrica, se mettiamo un’orchestra, di giorno, in un posto con una buona acustica, la possiamo vedere e sentire senza bisogno di microfoni e impianto di amplificazione.
Basta la diffusione delle onde sonore nell’aria.
A un certo punto è arrivata l’elettricità e la disponibilità di alcuni componenti elettronici, molto di base.
Il primo di questi è stato l’oscillatore.
Se con un componente posso generare dal nulla una forma d’onda della frequenza che voglio io, per poi amplificarla e diffonderla, ecco che ho generato uno strumento elettronico che genera un suono.
Se ho una serie di oscillatori a frequenze ben definite, li abbino a dei tasti su una tastiera, del tutto simile alla tastiera di un pianoforte, quando li premo, al posto di avere un martelletto che colpisce una corda di una lunghezza predefinita che vibra ed emette un suono, avrò un’onda generata da un circuito elettronico, che emetterà un suono.
Definisco la forma dell’onda, faccio in modo che sui tasti della tastiera rispetti la distanza tra le note ed ecco il mio strumento.
Parto da una sinusoide pura e avrò un fischio alla frequenza di ogni nota.
A questo punto non ho che da divertirmi, con più o meno complessità posso andare a modificare quella forma d’onda nella sua costruzione, trasformandola in onda quadra, triangolare, aggiungo frequenze diverse, modifico l’attacco e il rilascio quando premo il tasto e altre decine e decine di parametri.
Ecco nato il sintetizzatore.
Ho una tastiera tipo il pianoforte, ma genero della musica che nessuno strumento fisico potrà mai farmi ascoltare, solo andando a regolare, nel giusto modo, decine di manopole.
L’attività non è affatto banale e i risultati possono essere sorprendenti. Vi lascio tre esempi famosi, che sicuramente riconoscerete, non par far pirateria, per per conoscenza, capito signori della SIAE?
Il primo

Era Axel F di Harold Faltemeyer, colonna Sonora di Beverly Hills Cop.

Il secondo

Erano i titoli finali di Blade Runner, scritti da Vangelis

Il terzo, forse un po’ meno conosciuto

Era Oxygene parte 4 di Jean-Michelle Jarre

Tutti questi brani sono stati fatti con dei sintetizzatori, senza altri strumenti, passatemi il termine, veri.
Vi lascio nelle note un video di un simpatico pazzo, che ne sa certamente più di me, che va in un negozio di sintetizzatori e, in accordo con il proprietario, suona AxelF su molti dispositivi diversi.
Nel tempo i sintetizzatori si sono evoluti. Da quelli con gli oscillatori e i vari componenti elettronici a bordo che intervenivano fisicamente con le manopole sull’onda generata, a quelli con generazione digitale delle onde o, ancora con la possibilità di caricare in memoria dei preset fatti da altri.
Ed ecco che arriviamo al MIDI.
Questo acronimo sta per Musical Instrument Digital Interface, in italiano interfaccia digitale per strumenti musicali.
Avete dei suoni sotto forma di file che potete caricare su degli strumenti, tipicamente delle tastiere, queste possono essere collegate ad un computer e con questo ci possono parlare, possono trasferire i suoni, possono anche essere comandate o, suonandole, può essere modificato il suono dal programma sul computer.
Il suono campionato può essere non solo un suono ottenuto con un sintonizzatore, ma anche un suono vero, registrato e campionato, da riprodurre sulla tastiera.
Immaginate di poter registrare un violino in un modo perfetto.
Lo campionate per bene per fare in modo di riprodurre tutte le note su una tastiera, magari anche rispettando la modalità di pressione del tasto.
Lo caricate all’interno del sintetizzatore, anche se ormai è uno strumento diverso, ed ecco che potete suonare un violino anche se non ce l’avete.
E soprattutto lo potete suonare a casa in cuffia, cosa che non si può fare con un violino vero.
Ovviamente non vuol dire che sapete suonare un violino, eh?
Spero che vogliate perdonarmi questo rapido excursus musicale, un settore non propriamente mio, ma ho visto un video di Pietro Morello e la cosa mi ha un po’ entusiasmato.
Se non sapete chi è, aspettate il tip

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E non dimenticatevi di parlar bene di Pillole di Bit a chi non lo conosce o a chi non sa dell’esistenza dei podcast.
Se non lo conoscete, dovreste andare a cercare Pietro Morello su Youtube, TIkTok e Instagram.
È un ragazzo giovane, divertente, estremamente positivo e con delle doti musicali fuori dal comune.
In tutto questo sa stare davanti alla telecamera davvero bene e, visto che tutto questo non basta, è un attivista e fa un sacco di volontariato con i bambini e in zone di guerra, è andato in Palestina non molto tempo fa.
Nel suo canale spiega la musica, gli strumenti musicali, riesce a far suonare ogni cosa e non ha peli sulla lingua nei confronti delle persone poco gradevoli.
Guardare i suoi video porta sempre sensazioni positive e belle.
Alcune settimane fa lo hanno pestato in 5 e io non mi spiego come possano 5 persone prendersela con lui, il ragazzo più buono del mondo.
La gente fa schifo, lui no.
Nelle note i link ai suoi profili, andate a darci un’occhio.
Vi lascio un anticipo con l’audio di uno short dove se la prende con quei video che sui social numerano i tasti di un pianoforte e semplificano le musiche famose

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
Io sono Francesco, produttore e voce di questo podcast e vi do appuntamento a lunedì prossimo, per la prossima puntata, disponibile su Feed RSS, o su tutte le piattaforme di podcast, vi registrate e la puntata vi arriva automagicamente.

Grazie per avermi ascoltato!

Ciao!

Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia

#328 – Callcenter pirata

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#328 - Callcenter pirata
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Le chiamate di spam iniziano ad essere troppe. E sanno troppe cose di voi. Ma come se ne esce? Sicuramente non con un lavoro delle istituzioni, che hanno dimostrato di non volerlo risolvere.

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Ho comprato il mio primo telefono cellulare nel 1997, quando c’era ancora la Omnitel, quando le telefonate, in Lire costavano tantissimo al minuto e gli SMS costavano 200 lire ciascuno, il mio telefono era un Ericsson GF768 con una sola linea di 10 caratteri come display.
Da allora sono passati 27 anni, molti operatori, molte tariffe diverse e il mio numero era sopravvissuto a tutto.
Fino a quest’anno, quando, per disperazione, l’ho cambiato e l’ho fatto morire.
Tutto a causa dei call center pirata.

In Italia abbiamo molte cose che non vanno, la lista è molto lunga e per la maggior parte di queste non sarei competente, per questo motivo parlo solo di un piccolissimo sottoinsieme di cui conosco la parte tecnica.
Se non fosse così non ci troveremmo su un podcast che si chiama Pillole di Bit.
Uno di questi problemi è che è possibile attivare un contratto di quasi ogni tipo semplicemente con una chiamata telefonica outbound.
Io che vendo un servizio, ti chiamo al telefono, ti convinco, registro un tuo sì con i tuoi dati anagrafici e fiscali e il contratto è valido.
Poi, per disdirlo serve il Lasciapassare A38, ma questo è un altro discorso.
Questa possibilità, sommata alle telefonate a bassissimo costo, ha lanciato un mercato enorme di call center che cercano di venderti qualsiasi cosa chiamandoti a qualsiasi ora del giorno.
Insomma, è un problema.
Allora abbiamo iniziato tutti a mettere le spunte su NO nei moduli di ogni contratto alla voce della cessione dei nostri dati per finalità di marketing, così che il nostro numero di telefono non andasse in giro a cani e porci.
Che poi mi sono sempre chiesto a che serve dare obbligatoriamente il numero di telefono ad ogni servizio, se poi, per ogni cosa, anche importante, nessuno ti chiama MAI.
Il problema non è stato risolto, le chiamate dei call center continuavano ad aumentare e con esse il fastidio.
Pezza su pezza, abbiamo iniziato ad adattarci.
Qualche anno fa ho abbandonato la rete fissa, mi arrivavano solo telefonate di questo tipo.
le chiamate verso i cellulari costano ormai niente e ho detto ad amici e parenti che mi potevano raggiungere solo sul cellulare.
Io, a differenza di Gramellini, che vive nel passato, odio le telefonate, mandatemi un messaggio di testo, che leggo e rispondo quando posso e voglio. Se non sapete di cosa sto parlando, vi lascio il link a un suo caffè nelle note.
Sul cellulare, inoltre, grazie alle funzioni integrate del telefono e ad app terze, è possibile bloccare numeri di telefono fastidiosi.
Scacco matto call center!
Magari. Hanno iniziato a chiamare con numeri privati, creando altri problemi.
Allora un’altra pezza. Per legge i call center devono chiamare con numeri di rete fissa italiana, anche se sono all’estero.
Con la telefonia su IP questa cosa è molto semplice da realizzare.
Ma le telefonate non cessavano, anzi, i volumi erano sempre più elevati e il fastidio sempre più consistente.
E allora un’altra pezza. Il registro delle opposizioni.
In poche parole funziona così.
In qualunque modo i call center outbound siano venuto in posssesso delle liste di numeri telefonici, tra l’altro compresi di dati anagrafici e, molto spesso in modo fraudolento, prima di far partire la telefonata, devono verificare se il numero è presente nel registro delle opposizioni. Se è lì dentro, la chiamata non deve essere fatta.
La pezza pare essere definitiva.
E invece no, cribbio.
Tutti continuiamo a ricevere telefonate, tutti i giorni e in modo sempre più invasivo.
Se ne ricevono solitamente di due tipi.
Quelle con la vocina registrata che ti invitano a investire nel mercato azionario e quelle dove un operatore sa tutto di te, quasi come se avesse una telecamera a casa tua.
E arrivano tutte da numeri di cellulare.
Le prime, indicativamente, sono fatte da combinatori telefonici, che provano a chiamare fino quando non beccano la linea che squilla. A questo punto, se la persona dall’altra parte della cornetta reagisce, la chiamata viene passata a un operatore umano.
Le seconde fanno un giro diverso.
In ogni caso, arrivando da numero di cellulari, spesso, in gergo, spoofati, cioè falsificati, sono tutti call center pirata, che operano al di fuori della legge, sia per come telefonano, sia per come propongono servizi.
Se avete fatto caso, la maggior parte delle chiamate sono relative a contratti di luce e gas.
Vi chiamano per nome, sanno che operatore avete e in qualche modo cercano di dirvi che la vostra tariffa non è concorrenziale, o che il contratto è sbagliato o altre cose di questo tipo. Si presentano sempre con il nome di operatori energetici, solitamente quelli dal quale siete venuti via o quello al quale siete attualmente passati.
Non sono né uno né l’altro. Sono solo truffatori.
E chi vi sta parlando sa perfettamente che sta cercando di truffarvi.
Lo fanno anche gli operatori veri, come ha dimostrato una recente sentenza, ma la maggior parte non sono affiliati con gli operatori veri.
Cercano di appiopparvi un contratto sicuramente non conveniente perché poi loro hanno una provvigione con l’operatore vero, come se io vi dessi il mio codice amico del mio operatore del gas per ottenere uno sconto.
Fanno come quelle persone di fango che girano porta a porta e truffano la gente, ma questi lo fanno al telefono, così non rischiano neanche le botte dalle persone giuste.
Queste telefonate crescono a dismisura se passate da un operatore a un altro.
Com’è il giro dei vostri dati?
Voi fate un nuovo contratto, nei dati mettete anche il numero di telefono.
Vi hanno mai chiamato quelli della luce o del gas per darvi informazioni o comunicarvi qualcosa? a me, mai.
Questi dati passano in più mani per la gestione della pratica di migrazione.
È ormai un dato di fatto che in una di queste mani viene redatta qualche lista con nominativo, fornitore attuale, fornitore di destinazione e numero di telefono.
Questa lista viene venduta ai call center pirata che iniziano a telefonare per cercare di carpire quanti più clienti possibili con l’inganno.
Chi vi sta chiamando lo sa che sta cercando di truffarvi.
Questi call center se ne fregano del registro delle opposizioni.
Se ne fregano anche del fatto che li insultate o che chiediate loro di cancellarvi dalle liste, vi richiameranno lo stesso.
Fanno finta di essere i fornitori di energia, altro reato.
Sono di fatto dei pirati.
A livello istituzionale questa cosa è completamente ignorata.
Quando, alla fine, basterebbe rendere nulli i contratti stipulati al telefono se la telefonata non viene fatta dal cliente, per quei pochi che ancora devono fare un contratto al telefono, visto che si può fare tutto via Internet.
Eh, ma gli anziani.
Certo, per gli anziani non evolviamo, per i bambini facciamo le leggi che sono le peggio porcate nei confronti della nostra privacy.
Come se ne esce?
con un giro che è una vera rottura di scatole, ma al momento, ha passato le telefonate giornaliere, da 15-20 a zero.
Ho fatto un nuovo numero di telefono, su una esim con un operatore che ha contratti base, senza abbonamenti e traffico mensile, ad esempio CoopVoce o Very Mobile.
Questo numero ce l’ho nel telefono e lo uso solo per registrare contratti e cose del genere, lo attivo per eventuale verifica via SMS e poi lo spengo.
Ho attivato un altro nuovo numero che è diventato il mio numero principale, l’ho dato ad amici e parenti e basta, ho perso 2 giorni a migrare i sistemi di messaggistica e un po’ di applicazioni e servizi core che lo usano come contatto per l’autenticazione a 2 fattori di emergenza.
Ma visto che so che il mio vecchio numero è ancora in un sacco di altri servizi, ho passato anche questo a esim su un altro piano base senza canone, lo attivo solo quando devo verificare una accesso che non ho ancora cambiato.
Mi arriverà qualche chiamata dai combinatori automatici, ma non saranno 15-20 al giorno.
E poi so che in un tempo ragionevole, tra qualche anno, posso cambiarlo di nuovo.
Sì, la situazione fa decisamente schifo.


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Era tanto tempo che non vi consigliavo un podcast, essenzialmente perché ho poco tempo per provarne di nuovi e se ve consiglio uno è perché ne deve valere la pena.
Chora media ha realizzato un podcast storico, con uno storico di eccezione: il Professor Barbero.
Il format è gradevole e accessibile: 15’ a settimana e il professore risponde, in puntate monotematiche, alle domande poste dagli ascoltatori.
Divertente e mai noioso, ve lo consiglio assolutamente.
C’è anche su Youtube, ma non mi pare ci siano tutte le puntate
Se non volete recuperare tutte le puntate, una che mi ha divertito particolarmente, anche se non lo seguo, è quella sul calcio, bella davvero.
Vi lascio il link al podcast e alla puntata in questione.

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
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#327 – Braccialetti al concerto

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#327 - Braccialetti al concerto
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Se siete stati a un grande concerto, potrebbero avervi dato un braccialetto che durante l’evento ha cambiato colore, si è acceso e spento e ha fatto parte della coreografia, senza che voi abbiate fatto niente. Questo prodigio tecnologico è abbastanza banale tecnologicamente, ma di grande effetto. Grazie a Federico che mi ha posto la domanda e mi ha dato l’idea per approfondire.

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Negli ultimi anni, se siete stati a grandi concerti allo stadio o se avete visto dei video, vi sarete accorti dell’evoluzione di quello che un tempo erano gli accendini, vi siete mai chiesti come fosse possibile che ne facessero entrare a migliaia e non sia mai successo niente di catastrofico? Io spesso.
Dopo gli accendini sono arrivati i led o flash dei telefoni cellulari, molto più sicuri, forse meno poetici.
Adesso entrate ed ecco che vi danno un braccialetto, lo indossate e questo durante il concerto fa giochi di luce, insieme alle decine di migliaia di altre persone, in tutto lo stadio, creando coreografie mozzafiato e spettacolari.
Ma che magia c’è dietro?

Non amo molto la folla.
Non vado spesso a concerti negli stadi, preferisco ascoltare la musica in cuffia a casa.
Ma io sono un orso e questo non vuol dire che siano eventi spettacolari, anzi, ad essere sincero, spesso, quando vado ad eventi di questo tipo, passo un tempo esageratamente lungo a guardare le luci, gli impianti, la console dove fanno tutto e vorrei fortissimamente essere lì, sia mentre montano che durante l’evento. Questo da sempre, fin da piccolo.
Se qualcuno mi fornisce un pass per un concerto qualunque all’Isozaki o allo stadio a Torino nella regia, dove posso vedere come funziona, gli regalo il kit completo di adesivi, magnete, portachiavi e spilla.
Vi lascio nelle note un timelapse di come i Rammstein preparavano gli stadi per il loro tour del 2022, una figata pazzesca.
Ho visto più di un video con queste coreografie fatte da tutti i braccialetti dati agli spettatori, la cosa, non mi ha stimolato subito, ma quando Federico, conduttore del podcast Easy Apple mi ha mandato un audio, ecco, la scintilla è partita e la scimmia si è impossessata di me.

Avevo l’obbligo morale di sapere come funzionano questi braccialetti, che in effetti sembrano le cavigliere dei carcerati, ma andiamo avanti.
Dopo che ho sentito la domanda, prima di andare a cercare, ho pensato a come avrei fatto io.
Stavo facendo altro, non avevo modo di riprendere il telefono e cercare su Google e ho immaginato un progetto di questo genere.
Poi ho trovato le informazioni che mi servivano e, per la miseria, lo avrei fatto uguale.
Se mi fosse venuto in mente per tempo sarei ricco, credo.
Una puntata propedeutica per capirne il funzionamento è la 176, sulle etichette segnaprezzo.
Come può esserci un paragone? Vi assicuro che c’è.
Arthur C Clarke formulò tre leggi e la terza recita “Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”
E tutto questo, non è magia, come potrebbe sembrare, comandare decine di migliaia di braccialetti a distanza in uno stadio, in sincrono. È solo tecnologia, scopriremo, anche abbastanza banale.
Di fatto c’è un produttore che fa questi braccialetti, ne fa di due tipi, uno è vincolato alla posizione del vostro biglietto nello stadio o nel palazzetto, l’altro no, ve lo danno a caso quando entrate.
Il braccialetto è composto da una scheda elettronica, tutto sommato semplice con una batteria, un controller per LED colorati abbastanza potenti e un ricevitore. In un caso un’antenna a radiofrequenza e in un altro un ricevitore a infrarossi, tipo quello dei telecomandi della TV.
Partiamo dal più semplice, quello a radiofrequenza.
Ci va un po’ di preparazione logistica prima dell’evento.
I braccialetti vanno programmati in base a quale sezione dello stadio saranno distribuiti, poi viene piazzata una centralina di controllo in cabina di regia e un sistema di diffusione a radiofrequenza, tipo il wifi, ma su frequenze diverse, immaginate un enorme telecomando del cancello del box, in modo da coprire tutto lo stadio.
Quando si vuole fare il gioco di luci, viene trasmesso un segnale che raggiunge tutti i braccialetti che, in parole povere dice “se sei programmato con il codice 1 accenditi in rosso, se sei programmato con il codice 2, accenditi in blu, se sei programmato con il codice 3, spegniti”.
In regia premono i pulsanti di questo enorme telecomando del cancello e, al posto di attivare un motore, comandano i led di migliaia di braccialetti
O mille altre varianti.
Queste varianti possono essere programmate e trasmesse in anticipo, per esempio per essere allineate sulla musica o sullo spettacolo, oppure possono essere comandate a mano tramite una specie di mixer.
Il limite di questo sistema è che va per blocchi e se le persone si spostano, i colori possono contaminare blocchi diversi e potreste vedere un braccialetto rosso in un blocco che dovrebbe essere tutto blu.
Questa cosa si risolve e si migliora con la versione a infrarossi.
L’infrarosso è sempre un’onda radio trasmessa nell’etere, ma essendo molto vicina allo spettro luminoso ha alcune caratteristiche molto interessanti.
La prima è che i nostri occhi non la vedono, posso illuminare con l’infrarosso e trasmettere dati ovunque voglia senza dare fastidio a nessuno.
Nessuno vede e non fa male agli occhi o alla pelle. Neanche ad altri dispositivi, come ai sensori delle fotocamere che telefoni, che hanno un apposito filtro.
La seconda è che non crea disturbo a nessun’altra apparecchiatura, ok, nessuno si porta una TV allo stadio, problema risolto.
la terza è che, come la luce, se messa su un proiettore, può essere molto focalizzata e, come i fari luminosi, posso illuminare, con delle apposite maschere, facendo dei disegni.
Usando un codice a rapidi impulsi posso anche trasmettere dati.
I braccialetti a IR, al posto dell’antenna a radiofrequenza hanno un sensore che riceve gli infrarossi, esattamente come i vecchi televisori, anche se è vero che quelli nuovi ormai hanno i telecomandi a radiofrequenza.
Tra i vari impianti del concerto vengono installati dei proiettori, come quelli delle luci che si muovono, ma ad infrarosso.
Adesso immaginiamo di trasmettere in un certo punto dello stadio un fascio ad infrarosso contenente un impulso di dati che dica “accenditi con il colore verde”.
Tutti i braccialetti che verranno raggiunti da questo fascio di luce invisibile si accenderanno di verde, quando il fascio smette, si spengono.
Se io metto una maschera davanti al fascio e faccio in modo che sia a forma di stella, sugli spalti vedrò una stella verde accendersi.
Essendo un proiettore mobile, posso muovere questo illuminatore invisibile e la stella verde si muoverà, perché mano mano che nuovi braccialetti vengono colpiti si accenderanno e quelli che usciranno dal raggio infrarosso si spegneranno
Intuito come funziona il sistema, basta divertirsi a illuminare con vari fari ad infrarosso varie zone dello stadio per comporre giochi luminosi, scritte, simboli, bandiere e tutto quello che si vuole.
Il limite sono i colori che possono emettere i braccialetti e quanto sono grandi i proiettori a infrarosso.
Per l’ambiente, a fine evento devono essere restituiti in appositi cesti, tanto, a casa non sarebbero utilizzabili.
Nelle note vi metto un video interessante del Wall Street Journal e il sito del produttore

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Prima di chiudere questa sezione, una piccola grande novità. Visto che siete stati davvero molto generosi nel mese di luglio, ho deciso che, da ora in avanti, per ringraziarvi in modo reale, se viene superata una certa soglia durante il mese, vi regalo una puntata extra il primo giorno del mese successivo, in questo caso, siete stati fantastici a luglio, ad agosto scrivo, esce il primo settembre.
Sarà una puntata diversa dal solito e racconta una storia nel mondo dell’informatica.
Ancora grazie! Per sapere a che punto siamo, aggiorno una percentuale sul sito, ogni lunedì.

Vi è mai capitato di dover accedere in remoto al computer di un amico o parente per dar loro supporto? Ci sono mille tool e tutti, dopo un po’ di connessioni iniziano a dirvi che sì, è gratis, ma non lo usi per davvero per scopi personali, che sarebbe meglio pagare e così, anche se per davvero lo usate solo per un’assistenza occasionale, iniziate ad avere problemi.
E poi non tutti funzionano su da o verso i Chromebook.
Bene, esiste un tool che funziona su ogni piattaforma, funziona abbastanza bene e, almeno per ora, è gratuito.
È fornito da Google e funziona dentro il browser Chrome e anche dentro i Chromebook.
Andate su remotedesktop.google.com/support voi e chi deve ricevere supporto. A chi deve ricevere supporto fate installare l’estensione ed eventualmente il piccolo client, in modo che possa ottenere il numero identificativo per la connessione, ve lo fate dare ed ecco che potete fargli assistenza.
Se invece avete bisogno di accedere al vostro computer sempre acceso da ogni parte del mondo andate su remotedesktop.google.com/access e fate la rapida configurazione, avrete accesso diretto a quel PC come e quando volete.

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