#356 – Batterie Silicio-Carbonio

Pillole di Bit
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#356 - Batterie Silicio-Carbonio
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Avere tutti questi nuovi dispositivi elettrici ci pone sempre più di fronte al problema della capacità delle batterie, le loro dimensioni, il peso e quanto tempo ci va per caricarle. Forse la nuova tecnologia delle batterie al Silicio-Carbonio potrebbe darci una mano.

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Oggi vi porto nel futuro… il futuro delle batterie! Avete presente quelle scatoline magiche che danno energia ai nostri smartphone, computer, auto elettriche? Beh, oggi parliamo di una tecnologia che potrebbe rivoluzionarle completamente: le batterie al silicio-carbonio.

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Avete presente quella sensazione quando lo smartphone vi abbandona proprio sul più bello, con la batteria scarica? Magari siete in vacanza, state scattando foto a un tramonto mozzafiato, e zac! Schermo nero. O quando l’autonomia della vostra auto elettrica vi limita nei viaggi più lunghi, costringendovi a pianificare soste di ricarica che sembrano durare un’eternità? Beh, le batterie al silicio-carbonio potrebbero essere la soluzione a questi problemi, e a molti altri.
Ma prima di addentrarci in questo mondo futuristico, facciamo un passo indietro e capiamo come funzionano le batterie che usiamo oggi, quelle agli ioni di litio.
Immaginate una batteria come una sorta di condominio con due palazzi, uno positivo (il catodo) e uno negativo (l’anodo). Quando la batteria si carica, gli ioni di litio, che sono come dei piccoli inquilini, si spostano dal palazzo positivo a quello negativo, come se andassero a dormire. Quando la batteria si scarica, gli ioni fanno il percorso inverso, un po’ come degli operai che si spostano tra due edifici per svolgere il loro lavoro.
Ora, questo “trasloco” di ioni di litio è alla base del funzionamento di tutte le batterie al litio, dai piccoli accumulatori degli auricolari wireless alle enormi batterie che alimentano le auto elettriche. Ma c’è un problema…
Il problema è che il palazzo negativo, l’anodo, è fatto di grafite, un materiale che non è molto bravo a ospitare gli ioni di litio. È come se ogni appartamento potesse ospitare solo un inquilino alla volta. Questo limita la quantità di energia che la batteria può immagazzinare, un po’ come se in un grattacielo ci fossero pochissimi appartamenti.
Per farvi capire meglio, pensate al silicio come un materiale “spugnoso” che può assorbire molti più ioni di litio rispetto alla grafite. Questo significa che le batterie al silicio-carbonio possono immagazzinare molta più energia nello stesso spazio, consentendo batterie più durature o dispositivi più sottili e leggeri.
Ed è qui che entra in gioco il silicio, il nostro eroe! Il silicio è come un grattacielo super moderno, dove ogni appartamento può ospitare molti più inquilini. Questo significa che le batterie al silicio-carbonio possono immagazzinare molta più energia nello stesso spazio, o a parità di energia, occupare molto meno spazio.
Pensate a cosa potrebbe significare per i nostri smartphone: potremmo avere batterie che durano giorni con una sola carica, senza doverci preoccupare di rimanere a secco nel bel mezzo della giornata. O immaginate auto elettriche con autonomie incredibili, in grado di percorrere centinaia di chilometri senza bisogno di ricaricarsi.
Ma non è finita qui. Le batterie al silicio-carbonio hanno anche altri vantaggi, che le rendono ancora più attraenti:
Si ricaricano più velocemente: pensate a quanto sarebbe comodo poter ricaricare il vostro smartphone in pochi minuti, mentre bevete un caffè al bar, o la vostra auto elettrica in un batter d’occhio, giusto il tempo di fare una pausa in autogrill!
Funzionano meglio a basse temperature: addio ai problemi di batteria scarica quando fa freddo! Ricordate quando, in inverno, la batteria del vostro smartphone si scaricava in fretta? Con le batterie al silicio-carbonio, questo problema potrebbe essere solo un brutto ricordo.
Durano di più nel tempo: il silicio-carbonio potrebbe essere più resistente ai cicli di carica e scarica, prolungando la vita utile della batteria e riducendo la necessità di sostituirla frequentemente. Questo significa meno rifiuti elettronici e un minor impatto ambientale.
Certo, non è tutto rose e fiori. Come ogni nuova tecnologia, anche le batterie al silicio-carbonio presentano delle sfide da superare.
Il problema principale è che il silicio tende a gonfiarsi molto quando la batteria si carica. È come se il grattacielo si espandesse ogni volta che arrivano nuovi inquilini. Questo può causare problemi di stabilità e durata della batteria. Ma non temete! I ricercatori stanno lavorando per risolvere questo problema, ad esempio creando strutture “a gabbia” per il silicio, che ne limitano l’espansione.
Un’altra sfida è rappresentata dal costo. Attualmente, il silicio è un materiale più costoso della grafite, il che rende le batterie al silicio-carbonio più care da produrre. Tuttavia, con l’aumento della produzione e l’evoluzione della tecnologia, è probabile che i costi diminuiscano nel tempo, rendendo queste batterie accessibili a tutti.
Insomma, le batterie al silicio-carbonio sono una tecnologia molto promettente, che potrebbe cambiare il modo in cui usiamo i nostri dispositivi elettronici e non solo. Immaginate:
Smartphone che durano giorni con una sola carica.
Auto elettriche con autonomie di oltre 1000 km.
Droni in grado di volare per ore.
Sistemi di accumulo di energia domestici più efficienti e compatti.
E non dimentichiamoci dell’impatto ambientale. Batterie più durature e con una maggiore densità energetica potrebbero contribuire a ridurre la quantità di batterie che finiscono nelle discariche, e a promuovere l’adozione di veicoli elettrici e altre tecnologie sostenibili.
Sapevate che Honor, un’azienda cinese di elettronica, ha presentato uno smartphone con batteria al silicio-carbonio al Mobile World Congress 2023? Questo dimostra che la tecnologia sta facendo passi da gigante e che presto potremmo vedere questi dispositivi sul mercato.
Le batterie al silicio-carbonio rappresentano una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’energia. Non solo promettono di migliorare le prestazioni dei nostri dispositivi elettronici, ma offrono anche la possibilità di un futuro più sostenibile, con meno inquinamento e una maggiore efficienza energetica.

Questo podcast vive perché io lo produco, lo registro e lo pubblico settimana dopo settimana o quasi. Ma continua ad andare avanti perché la soddisfazione di vedere le notifiche delle donazioni mi spinge a fare sempre nuove puntate, come ringraziamento e impegno nei vostri confronti. Se esce ogni settimana è grazie a voi.
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Provateli, non tornerete più indietro.
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Dopo aver sentito la puntata scorsa, Luca, un ascoltatore mi ha scritto per dirmi che nel mondo LEGO si possono fare cose molto più interessanti che comprare solo i pezzi rotti di un set.
Se volete un set che non è più in commercio, andate su pick a brick, prendete tutti i pezzi della distinta base, spendete quel che c’è da spendere, scaricate dal sito le istruzioni ed ecco che avete il set da fare.
Oppure andate a scoprire il mondo mondo fantastico di bricklink, creato da un fan e poi acquisito da LEGO, qui potete trovare un catalogo di pezzi ancora più sterminato, ho visto che ci sono persino le singole minifigure di ogni serie e linea.
E se volete progettarvi il vostro set c’è il CAD apposito, supportato da LEGO group.
Un enorme grazie a Luca e per voi, come sempre, i link sono tutti in descrizione.

Lo sapevo io e lo sapevate voi, ma nessuno ci sperava. Nei miei script, questa parte del podcast è identificata, con un po’ di amarezza, “stacco agcom”, infatti oggi torniamo a fare il punto su questa immondizia del Piracy Shield.
Le novità di rilievo sono ben 3.
La prima è che, visto che funziona benissimo, ha ridotto drasticamente la pirateria e ha aumentato davvero di moltissimo gli abbonati ai servizi di streaming ufficiali, certo, sono ironico, non è successo niente di tutto questo, si è deciso che questo sistema adesso verrà esteso al blocco anche di streaming non sportivi, tipo film e serie TV e verrà data una stretta ai gestori di VPN, in modo che vigilino su cosa si fa mentre si usano.
Proprio quelle VPN che vengono comprate forti del fatto che nessuno guarderà che cosa fate mentre le usate, proprio da termini di servizio.Se tutto dovesse andare come AGCOM vuole, resteranno in Italia solo VPN che spiano il vostro traffico, non c’è altra soluzione. Bella prospettiva, vero?
La seconda novità riguarda un altro Paese europeo. Sapete, le cose fatte bene vanno copiate, in modo da diffonderle. Pare che la Spagna abbia messo su un sistema di controllo della pirateria degli streaming sportivi così imponente che durante le partite, più della metà dei siti nazionali non sono raggiungibile. Un po’ come in Iran durante gli esami di stato, quando spengono Internet a tutta la popolazione per non far copiare gli studenti.
L’idiozia è talmente a livelli stellari che secondo me, a questo punto, si potrebbe tornare a trasmettere lo sport via satellite e lasciar stare Internet al resto, perché se c’è un limite, è stato ampiamente superato.
L’ultima, forse la più divertente, è che il commissario AGCOM ha ordinato su uno store cinese una chiavetta per vedere lo sport pirata, ci ha provato e ci è riuscito.
Ha commesso un illecito e lo ha raccontato, direi che fin qui siamo tutto d’accordo.
Chissà se ha anche capito che, in barba al sistema che sta gestendo direttamente lui e che sta rompendo tutta Internet, la pirateria avrà sempre uno sbocco e che questo sistema di Shield ha ben poco, al massimo è un muretto di sassi sparsi buttati in mezzo a un fiume.
Nel frattempo, noi, inermi, guardiamo andare tutto a rotoli.
Inermi e decisamente arrabbiati.
Un plauso a me che non ho detto neanche una parolaccia.

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo telegram e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni di riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato

Ciao!

Ma… ve ne siete accorti?

Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia

#355 – Le reti grandi – Livello logico

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#355 – Le reti grandi – Livello logico
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Dopo aver descritto come si pianificano le reti e come si passano le dorsali tra gli switch, un sottoinsieme delle configurazioni che vengono fatte per tenere al sicuro le reti da problemi generati dagli strati più alti, quelli dove gira il software.

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La puntata scorsa abbiamo parlato di come dovrebbe essere fatta una rete aziendale seria, in modo che possa resistere ai problemi di tipo fisico, come un taglio di una fibra, una canalina piena di fibre o la morte di uno switch.
Non pensate che siano tutte fisime, eh? Sono cose che capitano anche abbastanza spesso.
Si aggiorna il software di uno switch e questo cade: già visto.
Qualcuno entra dove non dovrebbe, tocca dove non dovrebbe uno switch si spegne in orario di ufficio: già visto.
Qualcuno, durante dei lavori passa, vede una canalina e la taglia via, senza neanche guardare cosa c’è dentro, poi un’intera ala dell’azienda chiama perché non funziona più niente: già visto.
Durante una manutenzione, mille cavi non etichettati, segui quello che ti sembra quello giusto, lo stacchi e inizia a squillare il telefono: questo l’ho fatto.
Se vi trovate a pianificare una rete, fatelo bene, se non ne avete mai vista una o fate un lavoro diverso, queste sono due puntate per conoscenza personale, per scoprire cose nuove.
Una cosa che potete fare a casa, sicuramente, è etichettare ogni cavo, ambo i lati, dove va e dove arriva.

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[preregistrato] Io sono Francesco Tucci, mi occupo di tecnologia da prima del millennium bug, dell’euro e del grande blackout del 2003, sono sopravvissuto e sono qui per raccontarvelo, in puntate brevi e facili, alla portata di tutti, con questo podcast, Pillole di bit, da novembre del 2015.

Prima di iniziare, vi ricordo che potete contattarmi in mille modi, su Bluesky sono francesco.iltucci.com, su Mastodon sono cesco_78 su mastodon.social o pillole dibit su hackyderm.io o via mail a [email protected], trovate tutti i link comodi comodi sull’app dalla quale state ascoltando la puntata o sul sito, rispondo sempre. Il metodo migliore però è il gruppo telegram attivo durante tutta la settimana, dove si parla delle puntate e di tecnologia in generale, siamo davvero tanti, lo trovate a pilloledib.it/telegram

Oggi parliamo di configurazioni delle reti grandi, quelle che se non siete addetti alla gestione raramente vedrete, ve le racconto perché, da quando ho iniziato a metterci le mani dentro, le ho sempre trovate molto interessanti. E so che mi manca ancora molto da imparare, senza dubbio.
Abbiamo strutturato una rete in modo che sia ben fatta e che limiti al massimo i problemi di tipo fisico. Adesso va configurata.
Come vi dicevo la settimana scorsa ogni switch gestito, che sia L2 o L3 ha un suo IP di gestione, chi ci mette le mani dentro li tiene sotto controllo in modo che sa subito quando uno switch ha qualcosa che non va.
Una delle prime cose che viene fatta è sezionare la rete in VLAN che sta per Virtual LAN, reti virtuali.
Ne abbiamo già parlato, ma va bene fare un ripasso.
Immaginiamo di avere una situazione facile con i computer, le stampanti, i server.
Non va bene che i PC vedano le stampanti, devono passare dal print server, che gestisce gli spool di stampa e le autorizzazioni.
Non va bene neanche il contrario, perché in effetti che ne sai di cosa c’è nel firmware delle stampanti per farlo andare a spasso per la rete?
La stessa cosa vale per ogni dispositivo esterno che viene messo in rete a richiesta di ogni ufficio per qualsiasi tipo di servizio, va isolato.
Nello stesso modo non è corretto che i PC vedano tutti i server su tutte le porte, devono vedere solo quelli ai quali devono legittimamente accedere e solo sulle porte giuste. Ho parlato delle porte nella puntata 350.
Perché queste limitazioni?
Immaginiamo che un computer prenda un malware, questo va a cercare vulnerabilità in giro e trova un server nella rete interna con un problema su un protocollo che gli utenti non devono usare, come ad esempio RDP, lo sfrutta e infetta quel server.
Se la porta è chiusa questo tipo di attacco fallisce.
Per fare tutto questo si creano le VLAN, si divide la rete in sottoreti configurate via software, ognuna con un suo indirizzamento, eventualmente con un suo DHCP server, con reservations o meno e poi, nel centro stella si mette un firewall con delle regole che dicono come deve essere gestito il traffico che deve passare tra le varie VLAN.
Per fare questo sugli switch vengono configurate le VLAN e viene definito che queste devono passare su tutte le dorsali tra uno switch e l’altro, ovviamente tutte quelle che serve che vadano in giro per la rete.
Possono passare più VLAN sullo stesso cavo se sono taggate, a livello di pacchetto viene assegnato un segnalino, passatemi il termine, che le identifica, poi lo switch di destinazione le divide.
Sullo switch si decide poi quale porta viene assegnata a quale VLAN.
Per questo quando attacco il computer devo sapere a che porta attaccarlo, perché quella porta deve essere configurata in modo che sia assegnata alla VLAN dei PC e non quella delle stampanti ad esempio. Le porte che non si usano si lasciano su nessuna VLAN, così se qualcuno attacca qualcosa non c’è traffico su quella porta e non funziona. Ovviamente si possono anche banalmente disattivare, restano spente e basta.
In questo caso, con più VLAN, ci possono essere più DHCP server che assegnano gli indirizzi, uno per ogni sottorete, l’importante è che non ce ne siano due che assegnano gli stessi indirizzi nella stessa sottorete, come già ampiamente detto.
L’assegnazione degli indirizzi può essere completamente dinamica, ogni volta ogni dispositivo prende un indirizzo diverso dal DHCP server, può essere completamente statica, configurata a bordo del dispositivo, ma si deve fare grande attenzione a non configurare IP doppi, oppure può essere statica, ma gestita dal DHCP server, ogni indirizzo viene assegnato in base ad un indirizzo MAC fisico della scheda di rete.
Con determinati protocolli, inoltre è possibile limitare l’accesso alla rete a dispositivi che non hanno determinati certificati.
Esistono anche protocolli che criptano il traffico a livello di mac address tra uno switch e l’altro, così da non potersi mettere in mezzo e fare analisi dei dati che passano.
Tutto questo vale anche per le reti WiFi, esistono gli access point che gestiscono le VLAN e all’atto di propagare il segnale sulle antenne ogni VLAN si traduce in un nome di una rete diversa.
Un esempio classico è la propagazione della rete wifi per gli ospiti, che viaggia completamente separata dalla rete di produzione aziendale, anche se viene diffusa dagli stessi access point.
Se volete impazzire con le reti complesse a casa potete farlo, ma dovete avere tutti i dispositivi, router, switch, access point, che le possano gestire e dovete studiare e impegnarvi non poco per tutta la configurazione e gestione. La base di partenza è una rete per tutti i vostri dispositivi, una per le cose domotiche e una per gli ospiti.

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Non so quanti siano i clienti LEGO tra gli ascoltatori, ultimamente, prendendo una lunga serie di esclusive, sono uscite confezioni davvero interessanti, anche se spesso non a prezzi popolari.
La plastica con cui sono fatti i mattoncini LEGO, forte di decenni di studio, è pazzesca, dura il giusto, si incastra bene, non cede, non si scolora, non è tossica se un bambino la mette in bocca.
Ma non è indistruttibile.
L’ho sperimentato perché credevo di aver messo un modello al sicuro dai gatti e invece una mattina la gatta è riuscita a prenderlo e farlo cadere da uno scaffale da circa due metri fino a terra.
Non solo, come si possa pensare, si è mezzo smontato, ma alcuni pezzi si sono proprio rotti. A questo punto come si fa?
Esiste un servizio sul sito LEGO che è fenomenale.
Si accede alla sezione Pick a Brick, vi lascio ovviamente il link, si mette il codice della scatola e vi si para davanti tutta la distinta base di tutti i pezzi che compongono quel modello. Scegliete i pezzi che si sono rotti, fate il carrello, pagate e in un tempo che oscilla tra le 2 e le 12 settimane vi arriva a casa un pacchetto con i pezzi richiesti.
Non costa poco, ma funziona alla grande.

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#354 – Le reti grandi – Livello fisico

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#354 - Le reti grandi - Livello fisico
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Fare la rete a casa è un conto, doverne fare una in ufficio o azienda, dove deve essere sempre operativa e con determinate prestazioni, rende tutto più complesso. Questa è la prima di due puntate dedicate alle rete grandi, non è una guida per chi le deve fare, le sapete già fare, ma è una curiosità per chi non le ha mai viste.

La mia tastiera meccanica WASD che non posso usare, se vi interessa.

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