#358 – Scheduling della CPU

Pillole di Bit
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#358 - Scheduling della CPU
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In un calcolatore, la CPU è una e i processi che cercano di avere accesso per fare cose sono moltissimi. Cl va qualcuno che decida chi ha accesso, quando e come vada gestita questa coda. Il sistema operativo gestisce la coda della CPU per rendere il sistema efficiente e reattivo

Per leggere lo script fai click su questo testo

Nella vita di tutti i giorni usiamo, anche senza rendercene conto, due cose, in modo praticamente continuativo: dei processori e dei sistemi operativi che vengono fatti funzionare dai processori. I computer sono un esempio, lo sono gli smartphone o gli smartwatch, ormai lo sono le automobili, soprattutto quelle dotate dei sistemi di intrattenimento più avanzati.
Il sistema operativo, tra le tantissime cose che fa, si occupa di definire quando un processo viene assegnato al processore e quando gli viene tolto, con quali regole e quali modalità.
La cosa non è affatto semplice.

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Prima di iniziare a partire per vedere come funziona un sistema operativo, è necessario sfatare un mito.
Noi siamo abituati, più o meno da sempre, direi da quando c’è Windows, a fare più cose contemporaneamente sul computer.
Scriviamo un testo mentre guardiamo un video, magari la stampante sta elaborando un documento e il compilatore sta lavorando in modo pesante per compilare il codice su cui abbiamo lavorato fino a 10 minuti fa.
Tutto insieme, tutto in contemporanea.
Ebbene, il processore, come l’uomo medio, la donna no, lei ha i superpoteri, può fare una cosa sola per volta.
Sarebbe da dire una cosa per core, ma noi oggi immaginiamo che il nostro computer abbia un solo core, semplifichiamo un po’.
Vi assicuro che in ogni istante di vita di un calcolatore, il suo processore sta facendo una sola cosa per volta, anche se a noi pare che ne stia facendo mille.
Il sistema operativo è addetto a definire quali sono i processi che devono essere assegnati alla CPU, quando, per quanto tempo, quando devono essere rimossi.
Immaginiamo che il processore sia uno sportello delle poste.
Tutti i processi sono le persone che devono andare allo sportello e hanno delle cose da fare.
Il sistema operativo ha il potere di gestire le persone in coda, in questo caso non ci sono i vecchi che si arrabbiano.
Quando un processo ha bisogno dello sportello si mette in coda, lo sportello si libera e il processo inizia a far lavorare lo sportellista.
Per farlo lavorare c’è una fase che si chiama context switch, dove lo sportellista deve essere messo a conoscenza di tutte le informazioni necessarie per il lavoro che deve fare, nella CPU questo equivale a caricare nei registri i dati che sono in memoria o dalle periferiche di input.
A questo punto lo sportellista fa quello che il processo chiede.
Quando ha finito, c’è un nuovo context switch perché si passa al processo successivo in coda.
Se il processo allo sportello ci mette troppo tempo, tutti gli altri processi devono aspettare troppo tempo.
La sensazione per chi sta usando il calcolatore è un rallentamento generale.
Se il processo allo sportello si addormenta mentre lavora con lo sportellista o non trova il bollettino e resta lì e non se ne va, il sistema si blocca.
Ci va un sistema per gestire queste cose.
La gestione dei processi fatta in modo che il processo tiene occupata la CPU per tutto il tempo che le serve, si dice non-preemptive.
La coda gestita in modo che ogni processo viene servito nell’ordine di arrivo si definisce FCFS, First Come, First Served.
Il sistema potrebbe chiedere a tutte le persone in coda, appena arrivano, “tu cosa devi fare e quanto ci metti?”
A questo punto mette come prime persone in coda quelle che hanno operazioni più veloci.
In questo modo il tempo di attesa medio per tutti gli altri si abbassa moltissimo, chi deve fare operazioni lunghe va al fondo e farà aspettare meno persone.
Questo sistema di gestire la coda è chiamato SJF, Shortest Job First.
E se arriva una persona che deve fare un’operazione ancora più corta di quella attualmente allo sportello?
Se l’algoritmo è non preemptive, si mette subito in coda dietro e sarà il prossimo, se l’algoritmo è preemptive, il sistema operativo può decidere di interrompere la persona allo sportello e far passare quella molto veloce appena arrivata, tanto ci mette un attimo.
Poi si può decidere che ogni persona può stare allo sportello per un tempo massimo prefissato, se la tua operazione è lunga, superato quel tempo, raccogli tutti i tuoi documenti, passi al fondo della coda, fai scorrere la coda, quando è di nuovo il tuo turno continui.
Abbiamo risolto il problema di chi ha dei lavori troppo lunghi e di chi si blocca.
Questo modo di lavorare a cerchio si chiama algoritmo Round Robin
Potrebbe succedere che arriva però una persona importante che deve passare prima.
Esistono dei modi per avere delle priorità nella gestione delle code, chi ha priorità più alta passa prima, indipendentemente dalla lunghezza del lavoro che deve fare.
Un dettaglio reale, in un sistema operativo è quasi impossibile sapere in anticipo per quanto tempo ne avrà un processo nel core di un processore, il sistema cercherà di intuire la lunghezza del lavoro di quel processo sulla serie storica.
Dare delle priorità alle persone in coda può generare dei problemi come quell’università dove, al reboot di uno dei loro mainframe si accorsero che c’era un processo a priorità molto bassa che stava aspettando, paziente, in coda, da anni.
Ci sono dei sistemi che aumentano la priorità alle persone in coda man mano che il tempo passa, per garantire loro che prima o poi saranno serviti dal processore.
Esiste anche un altro modo per bloccare un calcolatore, ma con il processore senza processi, a carico zero.
Immaginiamo che alle poste la persona A debba pagare, ma per pagare deve aspettare che la persona B prelevi. La persona B per prelevare deve aspettare che la persona C vada a ritirare la tessera bancomat. La persona C però deve aspettare che la persona A paghi, per liberare lo sportello.
Sono tutti bloccati per un’attività di un’altra persona e nessuno può fare il primo passo.
Questa cosa si chiama stallo e il computer si blocca per starvation, muore di fame.
Vi avevo detto che le cose non sono affatto semplici.
E pensate quando in tutto questo si deve mettere in mezzo che i processi devono gestire input e output, il sistema operativo deve gestire lo swap della memoria e, adesso con le CPU con più core, deve fare in modo che i processi siano pronti da mandare su un certo core, senza che a un certo punto si blocchino perché in attesa di dati di un altro processo che sta lavorando su un altro core.
Come gestiscono le code i tre sistemi operativi più conosciuti?
Windows: Assegna la priorità ai processi e poi usa una modalità preemptive, se arriva un processo con priorità più alta, fa context switch e lo esegue subito.
Linux: funziona come Windows, di base, ma usa un algoritmo di tipo CFS, Completely Fair Scheduler, cerca di mantenere un accesso equo alla CPU per tutti i processi
MacOS: Usa una coda con priorità variabili che sono assegnate a seconda dell’attuale condizione e carico del sistema.
Ovviamente lo switch tra processi assegnati alla CPU avviene ogni pochi millesimi di secondo, per questo noi abbiamo la sensazione che il computer stia facendo molte cose in contemporanea, se sommiamo che adesso le CPU hanno più core, per eseguire davvero più attività in contemporanea, ecco che abbiamo questa sensazione di multitasking reale.

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Un problema abbastanza ricorrente è avere un foglio, che sia carta, legno, alluminio o altro materiale e avere dei pezzi rettangolari da tagliare da questo foglio, di misure diverse.
L’obiettivo sarebbe quello di ottimizzare i tagli in modo da avere meno scarto possibile e farci stare più pezzi possibili.
Se abbiamo un foglio di compensato da 100x100cm e vogliamo tagliare 4 quadrati da 50cm, la cosa è facile, a parte il millimetro della lama che viene perso, ma se vogliamo tagliare 6 rettangoli di misure diverse, dobbiamo metterci lì e fare delle prove per vedere se ci stanno tutti e come disporli.
Io ho avuto un problema simile con dei contenitori in un cassetto. Ho un cassetto, dei contenitori da stampare con la stampante 3D e nessuna certezza che ci stiano tutti.
Bene, si apre cutlist optimiser, si mettono tutte le misure ed ecco la lista dei tagli da fare per farci stare tutto, se ci sta.
Sembra magia, ma non lo è
Sembra difficile da spiegare, andate sul sito e scoprirete cosa fa in due minuti, forse meno.
Tenetelo nei vostri preferiti, vi tornerà utile

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo telegram e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni di riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato

Ciao!

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#357 – Alexa, molto rumore per nulla

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#357 - Alexa, molto rumore per nulla
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Quando una non notizia fa troppo rumore, è necessario intervenire. Sia per bloccare la non notizia, sia per spiegare che dare corda a notizie esagerate, a volte, può essere problematico e controproducente.

Per leggere lo script fai click su questo testo

Amazon ha mandato una mail ad alcuni clienti dei dispositivi Echo, si è scoperto a meno dell’1% dei clienti che usano questo tipo di dispositivi, dicendo che dal 28 marzo tutti i comandi vocali inviati ai dispositivi sarebbero stati inviati al cloud e non elaborati localmente.
Così a occhio in mezza Internet, stampa di settore, stampa generalista, in tutto il mondo, si è scatenato il putiferio.
Oggi, con calma, vedremo che non è cambiato niente.

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Una nota sulla puntata scorsa, al fondo vi ho lasciati con una domanda, se ve ne eravate accorti.
Ecco la risposta. La puntata delle batterie non l’ho scritta io. Ho preso l’articolo che vi ho messo nelle note, l’ho dato a Gemini e gli ho detto di trarre una puntata per un podcast, scrivendola con lo stile di 3 script di altre puntate che gli ho caricato.
Dopo qualche aggiustamento con le domande, ho ricavato uno script interessante che ho messo in puntata.
Ci ho messo un totale di 15 minuti a fronte delle solite 6-8 ore. La parte di AGCOM l’ho scritta io.
È stato un esperimento, di cui, se volete, se ne può parlare nel gruppo. Non ve l’ho detto subito, se no non ci sarebbe stato stimolo di discussione.

Prima di iniziare a parlare del caso in questione, serve dire alcune cose importanti.
La prima è che tutti questi sistemi a controllo vocale con microfono attivo, di qualunque marca siano, tranne il software che vi configurate voi dentro Home assistant, funzionano nello stesso modo, che è pressapoco questo da quando sono stati lanciati, Echo nel 2014, più di 10 anni fa.
Il dispositivo è un oggetto tutto sommato stupido, ha un microfono, un altoparlante e una connessione WiFi. Ce ne sono anche con il bluetooth e zigbee, ma per ora non servono al nostro scopo.
Il microfono è sempre acceso e ascolta tutto quello che viene detto intorno a lui.
Con la sua logica interna quando capta la parola d’ordine che non dico qui per non attivare quelli che eventualmente avete in casa, registra il comando e lo invia ai server del produttore.
Qui il comando vocale viene tradotto in testo, dal testo un sistema molto antico di intelligenza artificiale cerca di comprendere cosa è stato chiesto e vengono scatenate delle azioni, come una risposta cercata su Internet, l’accensione di una lampadina parlando con i server del produttore o tornando sulla rete di casa e comunicando direttamente con lei, riproducendo una canzone comunicando con un altro servizio cloud, tipo Spotify.
Questo è il funzionamento di base di ogni assistente vocale di ogni marca che potreste avere in casa da circa 10 anni.
Per chi li ha comprati, sono 10 anni che le registrazioni dei comandi finiscono nei server del produttore.
10 anni.
Chi ne parla oggi ha scoperto che l’acqua calda scotta.
Se avete qualche Echo, entrate nell’app che non posso nominare, Altro, Privacy ed ecco tutti comandi vocali che avete mandato. E non è ancora il 28 marzo.
Se sono sulla vostra app nel telefono, vuol dire che sono nel cloud del produttore.
Da termini di servizio, Amazon può chiedere a dei suoi dipendenti di ascoltare dei messaggi per debug, stava nelle condizioni che avete accettato quando avete comprato il primo ed è anche successo che ci sono stati dei problemi di assegnazione di comandi di un utente ad un altro, totalmente estraneo.
Errori che capitano, se siete malfidenti potrebbe essere altro.
Ma se siete malfidenti, direi che non avete di questi dispositivi a casa.
La stessa cosa succede quando interrogate l’assistente vocale di Apple o quello di Google, le richieste vanno nel cloud, vengono elaborate e arriva la risposta.
E, lo ripeto, se non fosse abbastanza chiaro, è sempre stato così.
Se volete una prova facile, prendete un assistente vocale, staccatelo da Internet, basta disattivare la WiFi del router di casa, e provate a chiedergli qualcosa.
Non vi sa dire neanche l’ora.
Perché tutto questo caos allora?
Perché esistono delle versioni di Echo Dot e Echo show che hanno a bordo un chip che permette di rispondere a certi comandi in locale, senza usare il cloud. Questa cosa, ad ora, funziona solo in Inglese e solo per il mercato americano.
La comunicazione era per quei pochi clienti che hanno questi dispositivi, perché da fine mese passerà tutto dal cloud.
Il dramma si è spostato allora sul “ho comprato un dispositivo e dopo averlo comprato mi hanno cambiato le condizioni d’uso”.
Vero, una cosa antipatica.
È successo più di una volta con Whatsapp e lo state ancora usando
È successo sicuramente più di una volta con la vostra banca, magari l’avete cambiata ed è successo anche con la nuova.
Sarà sicuramente successo con il vostro operatore telefonico, con Ehiweb, a me ancora no.
La società di noleggio auto free floating mi manda una mail con il cambio di condizioni in media ogni 3 mesi.
Hanno cambiato i termini e le condizioni del vostro stipendio, modificando le tasse e le trattenute quante volte negli ultimi anni?
E potrei andare avanti ancora parecchio.
Aggiungo, che questa ansia del “mandiamo le cose al cloud che è brutto e cattivo” è solitamente focalizzata solo su alcuni flussi di dati, quando ci si dimentica di molti altri.
Quanti bot su Telegram usate per i servizi più disparati, senza esservi mai posti la domanda su dove e chi tratta i dati che state dando loro?
Quante app aprite, accettate i termini e non sapete che tutto quello che fate al loro interno finisce sui server di qualcuno in chissà quale parte del mondo?
Credo che si debba cercare di essere un po’ coerenti.
Se avete deciso di avere un microfono sempre aperto in casa a cui chiedere cose, perché è comodo, fa figo, vi piace, tenetelo, da marzo non cambia niente.
Se questa cosa vi dà fastidio, non compratelo e non avreste dovuto comprarlo già da tempo.
Se con il tempo vi siete ravveduti e avete fatto un pensiero razionale, avete capito che questa cosa non vi piace, siete sempre liberi di prendere il dispositivo e fare alcune cose:
Potete resettarlo e venderlo sui canali dell’usato
Oppure potete regalarlo ad un amico, ma prima spiegandogli perché ve ne volete disfare, in modo serio, senza allarmismi. Magari fategli ascoltare questa puntata.
In ultima istanza potete gettarlo via, ma portatelo al RAEE, che lo smaltiscono nel modo più corretto, non gettatelo nel cestino o a bordo strada.
Chiudo con una riflessione.
Chi ha rilanciato la notizia catastrofista, ha avuto un grande seguito, perché Amazon è il male, ti ascoltano ti spiano, sono anche arrivati a dire che dal 28 marzo ci sarà un flusso audio per ognuno delle centinaia di milioni di Echo sparsi per il mondo h24 7 giorni su 7 verso i server amazon.
Riflettete un attimo, avete idea di quanta banda, storage e capacità di calcolo servirebbe?
Chi ha ridimensionato la cosa è stato bellamente ignorato.
È necessario dare il giusto peso alle notizie, senza farsi guidare dalla pancia, se no poi ci si trova un biondo a governare che pensa che i topi transgenici siano transgender.

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Ultimamente si sente parlare fin troppo spesso di disagi sulla rete ferroviaria per guasti, questa cosa genera ritardi, cancellazioni e molte parolacce e santi che scendono dal cielo.
Nel nostro piccolo, ovviamente, non possiamo farci nulla, vi offro però un sito, veloce e di facile consultazione, con le statistiche in tempo reale di tutta la circolazione ferroviaria, con ritardi, cancellazioni, notizie e tutto quello che vi potrebbe interessare sulla circolazione dei treni. È su altervista e ha una marea di funzionalità davvero interessanti, fateci un giro.
Funzionerà fino a quando qualcuno spegnerà le api pubbliche di viaggiatreno a cui si appoggia.
Hanno anche un canale Telegram e un account su bluesky

Ed eccoci a tornare della solita cosa, perché il Tribunale di Milano ha esteso la quantità di DNS esterni di grande utilizzo che dovranno rispettare gli ordini imposti dalle autorità italiane, autorità come la Lega Calcio.
Ci sarebbe da ridere e invece no.
La scusa è sempre la pirateria.
Se con le azioni tempestive, tutti i DNS nazionali bloccano gli accessi ai siti pirata, non risolvendo il nome, tutti sanno ormai che basta cambiare i DNS al proprio computer, si fa in meno di 10 click, per aggirare il blocco.
Ma se anche i DNS esterni adesso hanno l’obbligo di applicare le restrizioni la cosa si fa complicata.
Come sempre il problema non è la pirateria, che è sempre giusto che venga abbattuta.
Il problema è la deriva autoritaria in atto dei governi.
Una volta che hai l’arma per il blocco totale di determinati siti, quanto ci va per bloccare quello che non ti piace?
Lo definisci pirata e il gioco è fatto.
Una piccola percentuale in Italia sarà in grado di aggirare i blocchi, quanto più questi saranno pervasivi, tanto più piccola sarà questa percentuale.
A un certo punto sarà anche perseguitata.
Attenti, adesso, quello che è per salvaguardare i nostri bambini è già qualcosa che ci toglie libertà, lo abbiamo già visto.
Quello che è contro la pirateria non sono altro che le prove generali per vedere se funziona bene, per poter poi bloccare altro.

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#356 – Batterie Silicio-Carbonio

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#356 - Batterie Silicio-Carbonio
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Avere tutti questi nuovi dispositivi elettrici ci pone sempre più di fronte al problema della capacità delle batterie, le loro dimensioni, il peso e quanto tempo ci va per caricarle. Forse la nuova tecnologia delle batterie al Silicio-Carbonio potrebbe darci una mano.

Per leggere lo script fai click su questo testo

Oggi vi porto nel futuro… il futuro delle batterie! Avete presente quelle scatoline magiche che danno energia ai nostri smartphone, computer, auto elettriche? Beh, oggi parliamo di una tecnologia che potrebbe rivoluzionarle completamente: le batterie al silicio-carbonio.

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Avete presente quella sensazione quando lo smartphone vi abbandona proprio sul più bello, con la batteria scarica? Magari siete in vacanza, state scattando foto a un tramonto mozzafiato, e zac! Schermo nero. O quando l’autonomia della vostra auto elettrica vi limita nei viaggi più lunghi, costringendovi a pianificare soste di ricarica che sembrano durare un’eternità? Beh, le batterie al silicio-carbonio potrebbero essere la soluzione a questi problemi, e a molti altri.
Ma prima di addentrarci in questo mondo futuristico, facciamo un passo indietro e capiamo come funzionano le batterie che usiamo oggi, quelle agli ioni di litio.
Immaginate una batteria come una sorta di condominio con due palazzi, uno positivo (il catodo) e uno negativo (l’anodo). Quando la batteria si carica, gli ioni di litio, che sono come dei piccoli inquilini, si spostano dal palazzo positivo a quello negativo, come se andassero a dormire. Quando la batteria si scarica, gli ioni fanno il percorso inverso, un po’ come degli operai che si spostano tra due edifici per svolgere il loro lavoro.
Ora, questo “trasloco” di ioni di litio è alla base del funzionamento di tutte le batterie al litio, dai piccoli accumulatori degli auricolari wireless alle enormi batterie che alimentano le auto elettriche. Ma c’è un problema…
Il problema è che il palazzo negativo, l’anodo, è fatto di grafite, un materiale che non è molto bravo a ospitare gli ioni di litio. È come se ogni appartamento potesse ospitare solo un inquilino alla volta. Questo limita la quantità di energia che la batteria può immagazzinare, un po’ come se in un grattacielo ci fossero pochissimi appartamenti.
Per farvi capire meglio, pensate al silicio come un materiale “spugnoso” che può assorbire molti più ioni di litio rispetto alla grafite. Questo significa che le batterie al silicio-carbonio possono immagazzinare molta più energia nello stesso spazio, consentendo batterie più durature o dispositivi più sottili e leggeri.
Ed è qui che entra in gioco il silicio, il nostro eroe! Il silicio è come un grattacielo super moderno, dove ogni appartamento può ospitare molti più inquilini. Questo significa che le batterie al silicio-carbonio possono immagazzinare molta più energia nello stesso spazio, o a parità di energia, occupare molto meno spazio.
Pensate a cosa potrebbe significare per i nostri smartphone: potremmo avere batterie che durano giorni con una sola carica, senza doverci preoccupare di rimanere a secco nel bel mezzo della giornata. O immaginate auto elettriche con autonomie incredibili, in grado di percorrere centinaia di chilometri senza bisogno di ricaricarsi.
Ma non è finita qui. Le batterie al silicio-carbonio hanno anche altri vantaggi, che le rendono ancora più attraenti:
Si ricaricano più velocemente: pensate a quanto sarebbe comodo poter ricaricare il vostro smartphone in pochi minuti, mentre bevete un caffè al bar, o la vostra auto elettrica in un batter d’occhio, giusto il tempo di fare una pausa in autogrill!
Funzionano meglio a basse temperature: addio ai problemi di batteria scarica quando fa freddo! Ricordate quando, in inverno, la batteria del vostro smartphone si scaricava in fretta? Con le batterie al silicio-carbonio, questo problema potrebbe essere solo un brutto ricordo.
Durano di più nel tempo: il silicio-carbonio potrebbe essere più resistente ai cicli di carica e scarica, prolungando la vita utile della batteria e riducendo la necessità di sostituirla frequentemente. Questo significa meno rifiuti elettronici e un minor impatto ambientale.
Certo, non è tutto rose e fiori. Come ogni nuova tecnologia, anche le batterie al silicio-carbonio presentano delle sfide da superare.
Il problema principale è che il silicio tende a gonfiarsi molto quando la batteria si carica. È come se il grattacielo si espandesse ogni volta che arrivano nuovi inquilini. Questo può causare problemi di stabilità e durata della batteria. Ma non temete! I ricercatori stanno lavorando per risolvere questo problema, ad esempio creando strutture “a gabbia” per il silicio, che ne limitano l’espansione.
Un’altra sfida è rappresentata dal costo. Attualmente, il silicio è un materiale più costoso della grafite, il che rende le batterie al silicio-carbonio più care da produrre. Tuttavia, con l’aumento della produzione e l’evoluzione della tecnologia, è probabile che i costi diminuiscano nel tempo, rendendo queste batterie accessibili a tutti.
Insomma, le batterie al silicio-carbonio sono una tecnologia molto promettente, che potrebbe cambiare il modo in cui usiamo i nostri dispositivi elettronici e non solo. Immaginate:
Smartphone che durano giorni con una sola carica.
Auto elettriche con autonomie di oltre 1000 km.
Droni in grado di volare per ore.
Sistemi di accumulo di energia domestici più efficienti e compatti.
E non dimentichiamoci dell’impatto ambientale. Batterie più durature e con una maggiore densità energetica potrebbero contribuire a ridurre la quantità di batterie che finiscono nelle discariche, e a promuovere l’adozione di veicoli elettrici e altre tecnologie sostenibili.
Sapevate che Honor, un’azienda cinese di elettronica, ha presentato uno smartphone con batteria al silicio-carbonio al Mobile World Congress 2023? Questo dimostra che la tecnologia sta facendo passi da gigante e che presto potremmo vedere questi dispositivi sul mercato.
Le batterie al silicio-carbonio rappresentano una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’energia. Non solo promettono di migliorare le prestazioni dei nostri dispositivi elettronici, ma offrono anche la possibilità di un futuro più sostenibile, con meno inquinamento e una maggiore efficienza energetica.

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Dopo aver sentito la puntata scorsa, Luca, un ascoltatore mi ha scritto per dirmi che nel mondo LEGO si possono fare cose molto più interessanti che comprare solo i pezzi rotti di un set.
Se volete un set che non è più in commercio, andate su pick a brick, prendete tutti i pezzi della distinta base, spendete quel che c’è da spendere, scaricate dal sito le istruzioni ed ecco che avete il set da fare.
Oppure andate a scoprire il mondo mondo fantastico di bricklink, creato da un fan e poi acquisito da LEGO, qui potete trovare un catalogo di pezzi ancora più sterminato, ho visto che ci sono persino le singole minifigure di ogni serie e linea.
E se volete progettarvi il vostro set c’è il CAD apposito, supportato da LEGO group.
Un enorme grazie a Luca e per voi, come sempre, i link sono tutti in descrizione.

Lo sapevo io e lo sapevate voi, ma nessuno ci sperava. Nei miei script, questa parte del podcast è identificata, con un po’ di amarezza, “stacco agcom”, infatti oggi torniamo a fare il punto su questa immondizia del Piracy Shield.
Le novità di rilievo sono ben 3.
La prima è che, visto che funziona benissimo, ha ridotto drasticamente la pirateria e ha aumentato davvero di moltissimo gli abbonati ai servizi di streaming ufficiali, certo, sono ironico, non è successo niente di tutto questo, si è deciso che questo sistema adesso verrà esteso al blocco anche di streaming non sportivi, tipo film e serie TV e verrà data una stretta ai gestori di VPN, in modo che vigilino su cosa si fa mentre si usano.
Proprio quelle VPN che vengono comprate forti del fatto che nessuno guarderà che cosa fate mentre le usate, proprio da termini di servizio.Se tutto dovesse andare come AGCOM vuole, resteranno in Italia solo VPN che spiano il vostro traffico, non c’è altra soluzione. Bella prospettiva, vero?
La seconda novità riguarda un altro Paese europeo. Sapete, le cose fatte bene vanno copiate, in modo da diffonderle. Pare che la Spagna abbia messo su un sistema di controllo della pirateria degli streaming sportivi così imponente che durante le partite, più della metà dei siti nazionali non sono raggiungibile. Un po’ come in Iran durante gli esami di stato, quando spengono Internet a tutta la popolazione per non far copiare gli studenti.
L’idiozia è talmente a livelli stellari che secondo me, a questo punto, si potrebbe tornare a trasmettere lo sport via satellite e lasciar stare Internet al resto, perché se c’è un limite, è stato ampiamente superato.
L’ultima, forse la più divertente, è che il commissario AGCOM ha ordinato su uno store cinese una chiavetta per vedere lo sport pirata, ci ha provato e ci è riuscito.
Ha commesso un illecito e lo ha raccontato, direi che fin qui siamo tutto d’accordo.
Chissà se ha anche capito che, in barba al sistema che sta gestendo direttamente lui e che sta rompendo tutta Internet, la pirateria avrà sempre uno sbocco e che questo sistema di Shield ha ben poco, al massimo è un muretto di sassi sparsi buttati in mezzo a un fiume.
Nel frattempo, noi, inermi, guardiamo andare tutto a rotoli.
Inermi e decisamente arrabbiati.
Un plauso a me che non ho detto neanche una parolaccia.

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