#341 – Alimentatori Power Delivery

Pillole di Bit
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#341 - Alimentatori Power Delivery
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Alimentare dispositivi e caricare batterie con Power Delivery è più facile, ogni alimentatore va bene per ogni dispositivo, il connettore è lo stesso per tutti e siamo tutti felici. Forse. Ci sono dettagli importanti a quali stare attenti.

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La sigla del Power Delivery non è proprio felice per chi vive in italia, non per il noto partito, ma per la nota bestemmia, purtroppo. Portano alla nota bestemmia perché hanno un solo connettore, pare che ci si possa mettere un cavo qualunque e invece non è vero, si deve fare attenzione a cosa si compra, sia come cavi che come alimentatore, per evitare di buttare via i propri soldi, non tutti i PD sono uguali. Cercherò di rendere le cose chiare, il più possibile.

Il Power Delivery è un protocollo, direi universale, una cosa strana per il mondo tecnologico, per alimentare e ricaricare dispositivi.
In generale per alimentare un dispositivo si deve sapere che tensione serve, per evitare di romperlo, perché se si applica una tensione superiore a quella per la quale è stato progettato, si brucia, se la si applica minore, non funziona. Deve essere esattamente quella.
Power Delivery risolve questa cosa. Se alimentatore e dispositivo gestiscono questo protocollo, si collega il cavo, con connettore USB-C, si parlano, negoziano tensione e corrente ed ecco che il dispositivo viene alimentato.
Questo vuol dire che l’alimentatore ha un computer al suo interno, che parla con il dispositivo da alimentare.
Power Delivery può funzionare a diverse tensioni, a seconda della versione.
Per non fare troppa confusione, la prima versione funzionava a 5, 12 e 20 V, la seconda e la terza a 5, 9, 15, e 20 V, la versione 4 ha aggiunto 28, 36 e 48 V.
Spero non vadano oltre, perché più di 48 V diventa pericoloso e bisogna essere elettricisti per maneggiarli, come da normativa.
Visto che alimentatore e dispositivo si parlano, non c’è rischio che l’alimentatore fornisca una tensione più alta di quella che serve al dispositivo, questa è una cosa molto buona e giusta.
Perché tensioni diverse?
Qui dobbiamo chiedere aiuto alla Legge di Ohm
La potenza di ricarica si misura in Watt.
I Watt, in tensione continua, si misurano in Volt per Ampere.
Se devo caricare un dispositivo a 100W e ho solo 5V, dovrei far passare nel cavo 20A, che sono tantissimi per i nostri cavetti piccoli, scalderebbe troppo e fonderebbe.
Se invece alzo la tensione a 20V, devo solo far passare 5A, molto più gestibili.
È lo stesso motivo per il quale le linee di trasporto della tensione, come i tralicci, portano tensioni altissime e non la 220V, la corrente è molta di meno, i cavi non si surriscaldano, non c’è dispersione di energia in calore e soprattutto non fondono.
Torniamo alla nostra potenza.
Ho un dispositivo che per funzionare ha bisogno di 100W.
Devo comprare un alimentatore da almeno 100W.
Attenzione, la regola non è come quella della tensione. Se il dispositivo funziona a 12V, devo fornirgli 12V esatti, ma con PD, che si adatta, questo problema è risolto.
La potenza è una cosa diversa, ed è diverso il discorso per il funzionamento e la carica.
Parliamo di funzionamento, non di carica delle batterie.
Immaginiamo un dispositivo che per funzionare abbia bisogno di 100W, lo devo alimentare con almeno 100W, se no non funziona, non c’è abbastanza energia per un funzionamento corretto.
Se metto un alimentatore con potenza sottodimensionata, oltre ad avere problemi con il dispositivo, metterò sotto stress l’alimentatore che a un certo punto andrà in protezione e smetterà di funzionare. Se è fatto male può surriscaldare e rompersi definitivamente, o anche peggio.
Se il dispositivo chiede 100W e uso un alimentatore da 150W invece sono tutti felici, il dispositivo prende 100W e l’alimentatore lavora al 66% della sua potenza massima.
Per la carica delle batterie la cosa è leggermente diversa.
Ne abbiamo parlato nelle puntate 312 e 317, parlando di auto elettriche e ricarica.
Se la batteria si carica al massimo a 100W, le possibilità sono 3
La carico con un alimentatore da 100W, in questo caso si carica alla sua velocità massima.
La carico con un alimentatore da 200W, lei si caricherà sempre a 100W.
La carico con un alimentatore più piccolo, da 50W, in questo caso la batteria spremerà il più possibile dall’alimentatore e si caricherà a 50W, impiegandoci indicativamente il doppio del tempo.
La curva di ricarica delle batterie nel mondo reale non è lineare, ma qui va bene semplificare.
Tra l’alimentatore e il dispositivo c’è un cavo.
E i cavi non sono tutti uguali, questo è un problema perché non sono come le gomme delle auto che per legge c’è scritto che potenza massima possono reggere.
Sui cavi non c’è scritto niente, di solito.
La regola è semplice, la parte che sopporta meno energia, tra alimentatore, cavo e dispositivo finale, comanda.
Se prendete un alimentatore da 100W per un dispositivo da 100W e ci mettete in mezzo un cavo Power Delivery da 30W, che ha anche lui un micro computer all’interno e partecipa alla negoziazione, avremo 30W totali che andranno dall’alimentatore al dispositivo, creando problemi.
Al contrario, se abbiamo un alimentatore da 50W, un cavo da 100 e un cellulare da caricare che ne regge 15, passeranno solo 15W, il massimo gestibile dal telefono.
Fin qui pare tutto facile, ma le cose si complicano ancora.
Sul mercato ci sono moltissimi alimentatori Power Delivery che hanno più porte, alcune USB-A per i dispositivi vecchi, altre USB-C con Power Delivery, per i dispositivi nuovi. E magari ve li vendono per 120W.
Voi li comprate, attaccate a una porta USB-C la SteamDeck e mentre giocate la batteria invece di rimanere carica si scarica, più lentamente di quando non attaccate nulla, ma si scarica, perché succede questo?
Perché se comprate alimentatori di fascia bassa quei 120W sono divisi equamente tra le porte, ma sono divisi in modo fisso e non dinamico.
Dobbiamo partire da zero.
Esistono gli alimentatori Power Delivery a più porte buoni e quelli pessimi. Indicativamente se costano un po’ sono buoni, ma dovete andare a leggere bene le specifiche.
Visto che sul mercato ci sono decine di marche e modelli, vi faccio degli esempi generici, sta a voi andare a capire, a seconda del modello, se è buono o meno.
Per facilitarvi il lavoro, vi lascio nelle note qualche modello buono di tagli diversi.
Ogni alimentatore PD, come caratteristiche ha il numero di porte e la potenza massima erogabile. Immaginiamo un alimentatore da 100W, così facciamo i conti facili.
Questo alimentatore ha 4 porte, due USB-C e 2 USB-A, la USB-A è quella di tipo vecchio, quella con la quale caricavate il cellulare fino a qualche tempo fa.
L’alimentatore buono, in base a cosa collegate, riesce a veicolare tutta l’energia disponibile, su una sola porta o su tutte e 4.
Se collegate solo un PC portatile a una porta USB-C, tutti i 100W saranno disponibili su quella singola porta.
Nel momento in cui collegate anche un telefono alla seconda porta USB-C, il telefono dirà al caricatore “guarda, a me servono 15W”, il caricatore a questo punto cambierà la sua configurazione, fornendo 15W al telefono e 75W al PC portatile.
Durante questo cambio, per un attimo, tutte le porte smettono di erogare energia.
Per questo motivo non è saggio collegare un dispositivo che deve stare sempre acceso a un alimentatore PD, tipo un Raspberry Pi, si riavvierà tutte le volte che collegate o scollegate un dispositivo ad un’altra porta.
Ho fatto prove con 3 marche diverse e si comportano tutti così.
Se collegate un dispositivo a una vecchia porta USB-A una piccola parte di energia viene dirottata anche su questa porta, ma tenete conto che la USB-A può fornire solo 5V e massimo 15-18W, non è dinamica come la USB-C
Come si comporta invece un alimentatore PD di fascia bassa?
È sempre 100W, ma la potenza massima è divisa tra le porte in modo fisso alla costruzione, se sono sempre due USB-C e due USB-A, saranno ad esempio 5W per ogni USB-A e 40W per ogni USB-C, la somma è sempre 100W, ma se collegate solo il PC portatile a una sola porta USB-C, questo si caricherà a 40W, non di più.
Questo vuol dire che ci metterà più tempo a caricare o che, se lo state usando in modo intensivo, al posto di caricare la batteria e mantenerla carica mentre lo usate, questa si scaricherà comunque, anche se più lentamente.
Se ve lo state chiedendo, no, non si possono mettere due alimentatori o due cavi sullo stesso portatile su due porte diverse.
Se dovete comprare un carica batterie power delivery, fate attenzione a cosa comprate e soprattutto, abbinate i cavi giusti, se no, sono solo soldi gettati al vento.
Sugli alimentatori leggete sempre più spesso la sigla GaN, che vuol dire?
Ga è il simbolo chimico del Gallio
N è il simbolo chimico dell’Azoto
I transistor GaN sono prodotti con il Nitruro di Gallio e hanno delle caratteristiche termiche interessanti: scaldano molto meno a parità di potenza.
Per questo motivo trovate alimentatori da 100W grandi come alimentatori da 45W di qualche anno fa.
Scaldando meno, si possono fare molto più piccoli e compatti.

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