#349 – Gestire le fotografie

Pillole di Bit
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#349 - Gestire le fotografie
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Da quando i telefoni hanno la fotocamera generiamo una quantità immane di fotografie. Il problema è che non le gestiamo mai nel modo corretto, poi finisce che il telefono si rompe e le perdiamo tutte oppure, peggio, le abbiamo, ma non ricordiamo più di averle. Le foto vanno gestite. E vanno gestite in modo strutturato.

Per leggere lo script fai click su questo testo

Nella nostra vita, che ci piaccia o no, generiamo moltissimi dati, in modo consapevole o inconsapevole. Questi dati possono essere nelle nostre disponibilità come documenti o dati multimediali, o sono dati che noi non vediamo neanche, come log di tutto quello che facciamo, come ad esempio la bollatura con il badge aziendale o il passaggio della carta per i pagamenti.
Tutti questi dati finiscono su uno storage e vanno gestiti a seconda della loro importanza.

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Tra tutti i dati che generiamo, da quando i nostri smartphone hanno un sensore fotografico, i più pesanti e meno gestiti, sono le fotografie.
Pensateci un attimo.
Facciamo foto e video di ogni cosa, non solo con il telefono, ci sono macchine fotografiche, action cam, telecamere di videosorveglianza, dashcam e credo altre decine di dispositivi che ho scordato.
Tutti registrano immagini o video e li scrivono da qualche parte.
Giga e giga di dati generati ogni giorno da milioni di persone.
Dati di eventi che non saranno più ripetuti nel tempo.
Dati che magari non saranno mai più consultati, dite la verità, quante delle foto che avete scattato andate poi a riguardarle dopo qualche mese o qualche anno?
Dati che invece potrebbero aver memorizzato un momento importante per i motivi più disparati, come la nascita di un figlio, la laurea, un incidente, un tramonto in un posto lontano da casa, l’espressione buffa di una persona cara in un momento irripetibile.
I problemi della gestione delle fotografie non sono pochi e, per evitare di avere problemi, vanno affrontati tutti.
Il primo, importante, è che si fanno foto e video con dispositivi diversi, in tempi diversi, in modi diversi e poi magari è utile averle in ordine tutte nello stesso posto.
Fate in modo che tutti i dispositivi abbiano sempre lo stesso orario in sincrono con tutti gli altri.
Sembra una fesseria, ma non lo è.
Andate in vacanza, fate le foto con il telefono, la mirrorless e con la action cam, scaricate tutto e poi li mettete in ordine di orario di scatto.
Se non sono regolate bene non vi ritrovate più.
E se per caso siete andati all’estero e non avete messo a posto il fuso orario, quelle fatte con il telefono avranno l’orario giusto, le altre no. Sarà un dramma, ve lo assicuro.
Ora che le avete tutte con la data a posto, dovete evitare di perderle durante un eventuale viaggio.
A me è successo.
Qualcuno ha una serie di mie foto splendide di Venezia al tramonto e di notte, deserta e con la nebbia. Insieme alla mia reflex.
Le ho fatte la sera e il mattino dopo mi hanno rubato la macchina mentre ero sul bus.
Ma io non ho fatto il backup delle foto la sera in hotel.
La macchina foto l’ho ricomprata, le foto le ho perse.
A sera, fate modo di averle da due parti, sempre.
Con il telefono è facile, con un servizio cloud, con altri dispositivi è una rogna, si deve viaggiare con un computer e un disco esterno. Fatelo.
Soprattutto perdete il tempo di fare quella copia, ne parlo meglio tra un attimo.
È giunto il momento di fare una mossa importante.
Il telefono non è l’unico deposito delle vostre foto.
No, basta, siamo nel 2024, ci sono i servizi cloud, ci sono i NAS, ci sono i computer a casa.
Le foto non devono stare solo sul telefono.
8 anni di foto, tutte e solo sul telefono.
Le foto occupano un sacco di spazio, se non le si cancella mai poi sarà necessario comprare un telefono da 8TB per farcele stare tutte, è una roba insulsa.
In più, se il telefono si rompe, ve lo rubano, lo perdete, avete perso tutte le foto e non si recuperano mai più.
Il sistema più facile per non avere problemi, mai, è quello di usare il servizio di backup cloud del produttore del telefono. Se avete iPhone, fate il backup automatico su iCloud, i piani partono da 1€ al mese.
Con Android potete usare Google Foto, con Google One, si parte da 2€ al mese.
Sì, costa. Quanto costa perdere tutte le foto? Come direbbe una nota pubblicità “non ha prezzo”.
Se avete iPhone potete anche fare il backup su Google Photo.
Se avete Amazon Prime, potete salvare infinite foto in Amazon Photos e video fino a 5GB gratis, poi i piani partono da 2€ al mese.
Se non vi piace mettere le foto su servizi cloud di fornitori terzi potete attivare Synology Foto sul vostro NAS, se compatibile e, via VPN o Tailscale, non usate il servizio di connessione via Internet, fate lì il backup delle vostre foto direttamente dal telefono. Se volete qualche informazione in più, ne ho parlato nella puntata 315, in collaborazione con Synology.
Anche QNAP ha un servizio simile, ma non ho un loro NAS, non l’ho mai provato.
Tutti questi sistemi che fanno il backup delle foto hanno una caratteristica comune: una volta salvata la foto sui loro sistemi, se la cancellate dal telefono, questa non viene rimossa dal servizio cloud, se non avete fatto configurazioni strane.
Potete, anzi, dovreste, anche pensare di attivare più di un servizio di replica in contemporanea, non si danno fastidio e così non avete tutte le vostre foto in un posto solo.
Sul mio iPhone io ho Google Foto e Synology Foto, fanno entrambe il backup e poi, regolarmente, cancello le foto dal telefono.
Poi, io sono paranoico e il mio NAS replica su un NAS a casa di un amico, quindi le foto sono in 3 posti diversi.
Adesso parliamo dei dispositivi che non sono connessi, qui le cose diventano più complesse.
Perché? Dovete fare tutto a mano.
Innanzitutto, se partite per un viaggio di più giorni, a mio parere, dovete viaggiare con l’aggeggio fotografico, che sia la macchina fotografica, la videocamera, il gimbal, l’action cam, due supporti per memorizzare le foto e i video, il PC portatile e un disco esterno.
La sera, ogni sera, vi mettete lì con calma, scaricate tutto quello che avete immortalato e lo salvate sul disco esterno.
Poi, durante il resto del viaggio tenete il disco in un posto diverso dal dispositivo di ripresa.
Così se succede qualcosa alla macchina o alla scheda, ma qualsiasi cosa, le foto le avete anche da un’altra parte.
Potreste caricare tutto su un servizio cloud ogni sera, ma non sempre si ha connettività e non sempre è veloce abbastanza da caricare video e foto RAW di una giornata di riprese.
Piangere perché dopo 10 giorni ai Caraibi, o in un posto qualsiasi, avete perso la macchina, ve l’hanno rubata o si è rotta la memory card, non fa tornare le foto che avevate scattato.
Quando tornate a casa, poi, dovete definire come archiviare le foto per tenerle organizzate e, vi assicuro, è una delle cose più complesse da fare sul lungo periodo.
Già le foto digitali sono dimenticate molto prima di quelle cartacee, raramente si riguardano, poi se non sono archiviate nel modo giusto non sapete neanche più dove le avete messe e allora ciao, le avete, ma è come se non le aveste più.
Io faccio in questo modo, ma non è detto che sia quello universalmente corretto o quello migliore per voi.
Ho una cartella dove le metto tutte
Creo una cartella per ogni anno
All’interno di questa cartella creo una cartella per ogni evento, nel formato anno trattino mese trattino giorno, dopo metto il nome dell’evento, se l’evento è una vacanza lunga non metto il giorno e metto i giorni in sottocartelle.
Dentro metto tutte le foto, divise per fonte, che sia telefono, macchina fotografica, action cam.
Questa cartella fa parte della libreria del software che uso per le elaborazioni delle immagini.
Se le foto della macchina fotografica sono in RAW le elaboro, spero in tempi ragionevoli, e poi tengo i JPG esportati e cancello i RAW.
Questa cartella è sincronizzata con il NAS, con Google Photo e rientra nel backup di timemachine.
Sì, ho molte copie delle mie foto.
E ancora sì, so esattamente dove sono.
Tutto questo funziona per le foto nuove, appena scattate.
Se al momento avete solo una libreria online, è giunto il momento di farne un export locale e averne una copia offline, per poi avviare una sincronizzazione in almeno due posti.
La mia struttura locale mi aiuta a localizzare le foto per evento.
Di solito i servizi cloud le categorizzano per data, per posizione GPS e per quello che c’è raffigurato, con i sistemi AI. Se manca la posizione GPS, la ricerca delle foto sui servizi cloud è molto limitata.
Poi c’è l’ultimo passo: la copia fisica.
Siamo persone e non siamo macchine, abbiamo le mani e alle nostre mani piace toccare qualcosa.
Ebbene, dopo ogni evento durante il quale avete scattato molte foto, fate l’immane esercizio di selezionarne 20 al massimo e stampatele, ci sono molti servizi che fanno stampe di fotolibri, album, scatoline con foto singole in formato polaroid, insomma, ci sono modalità per tutti i gusti.
Avete così scelto le foto più belle e significative, è già un bell’esercizio.
Avete un oggetto bello che vi ricorda quell’esperienza, che guarderete, probabilmente più spesso delle stesse foto che avete sul PC o sul telefono.
Se avete molte foto solo su un servizio cloud, è bene pensare a come farne una seconda copia in locale, perché una sola copia non è una buona idea.

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Uno dei loro servizi è la connettività, in FTTC o FTTH, a seconda della disponibilità della vostra zona, da 200Mbps fino a 10Gbps, la connettività comprende sempre un router di fascia alta compreso nell’abbonamento, si danno molto da fare per fornirvi la miglior connettività possibile per il vostro indirizzo, chiamateli anche se non siete sicuri di essere coperti, spesso riescono a fare le magie. E se non è possibile non vi fanno un contratto che sanno che non andrà bene. Vale sia per privati, che per professionisti o aziende.

Oggi un Tip per Mac. Questo sistema operativo ha il suo sistema integrato per comprimere file e cartelle, funzionalità basliari, funziona discretamente senza problemi.
Ma esiste un prodotto migliore, gratuito che comprime file in molti formati, anche crittografato con password e funziona davvero bene, si usa in modo molto facile, perché basta lasciare l’icona sulla dock e spostare il file o la cartella su di essa per avviare la compressione.
Si chiama Keka, è gratis, open source e funziona davvero bene.

Questa volta dovrei iniziare con un enorme “te l’avevo detto”. Parliamo di Piracy Shield, ovviamente.
Sono mesi che disturba la normale operatività di Internet, blocca IP in modo perenne senza alcun senso, blocca siti che non dovrebbero essere bloccati, blocca CDN intere, fa danni enormi.
E, in questi casi, nessuno ha mai pagato un soldi bucato di danni.
Ma almeno, serve a qualcosa?
Ha ridotto la pirateria? Se sentite in giro, tutti quelli che usano il pezzotto, continuano a usare il pezzotto.
Ha aumentato gli abbonati ai servizi di streaming legali?
Se leggete un po’ in giro no, non ci sono stati aumenti nel numero di abbonati, neanche con i grandi sconti che sono stati fatti.
Insomma, è un sistema fastidioso che non porta a nessun risultato concreto.
Esattamente come avevamo previsto tutti noi che conosciamo la rete e ci lavoriamo.
Quando lo spegneranno?

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo telegram e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
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Grazie per avermi ascoltato

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