#353 – Francesco

Pillole di Bit
Pillole di Bit
#353 - Francesco
Loading
/

Dopo oltre 350 puntate vi parlo un po’ di cosa c’è intorno alla voce che ascoltate quasi ogni settimana, dai primi dispositivi smontati all’attuale lavoro in datacenter

Per leggere lo script fai click su questo testo

Questo è il decimo anno del podcast, visto che non posso organizzare una festa, mi pare un po’ fuori luogo e per una trasmissione senza un posto fisico non avrebbe davvero senso, ho pensato di fare alcune puntate particolari. Una è sicuramente questa, una sarà a novembre, in occasione del vero compleanno, magari ne arriveranno altre.
Ascoltate la mia voce da oltre 350 puntate, se contiamo gli speciali, parecchie di più.
Alcuni mi hanno conosciuto di persona a qualche evento, ma davvero in pochi sanno qualcosa di me.
Ho deciso, senza chiedere niente a nessuno, di mettere da parte la tecnologia per una volta e di parlarvi un po’ di me, giusto per mettervi a conoscenza di cosa c’è intorno alla voce che ascoltate quasi ogni settimana.
Spero di non annoiarvi, ma la libertà del podcast è quella di andare avanti veloci o di interrompere l’ascolto e passare al podcast successivo nelle vostre app.
Ovviamente ci sarà un po’ di tecnologia, a volte un po’ di cose antiquate.

Questa puntata è stata realizzata grazie alle indispensabili donazioni di generosi ascoltatori
Gli abbonati
Giorgio
Edoardo
Ennio
E le donazioni spot
Andrea
Moreno
Ernesto
Giorgio
Matteo
Giovanni
Luca
Per sapere come far parte di questo elenco vi rimando al capitolo un po’ più in là nella puntata.

Prima di iniziare, vi ricordo che potete contattarmi in mille modi, su Bluesky sono francesco.iltucci.com, su Mastodon sono cesco_78 su mastodon.social o pillole dibit su hackyderm.io o via mail a [email protected], trovate tutti i link comodi comodi sull’app dalla quale state ascoltando la puntata o sul sito, rispondo sempre. Il metodo migliore però è il gruppo telegram attivo durante tutta la settimana, dove si parla delle puntate e di tecnologia in generale, siamo davvero tanti, lo trovate a pilloledib.it/telegram

Perché proprio oggi questa puntata? Perché sto registrando il giorno del mio compleanno, il numero 47 e voi state ascoltando il giorno successivo, mi pareva fosse il giorno giusto.
Partiamo da lontano, sono nato a Torino e ho vissuto sempre a Torino.
Non per una scelta precisa, esclusi i primi due anni di vita, pur cambiando 4 case da quando ho lasciato quella dei miei genitori, mi sono sempre spostato in un raggio di 3km al massimo, non ho mai abitato in un CAP diverso.
Durante le scuole elementari, oltre a stordire i miei genitori di domande su come funzionavano le cose, ho iniziato a smontare gli oggetti per vedere come erano fatti dentro. Loro erano sicuramente molto felici.
Poi mi hanno regalato due libri, uno che si chiamava “mille perché” o una cosa simile, l’altro “la tecnica” su tutto quello che c’era di tecnologico negli anni 80, forse per farmi stare un po’ zitto e con le mani a posto.
Alla fine delle elementari mio padre comprò un Commodore Plus 4, macchina interessante, ma che non faceva girare niente di quello che c’era per Commodore 64, che alcuni dei miei compagni avevano, ero già diventato una nicchia. Per fortuna scoprii che era compatibile con i software per Commodore 16. Avevo il lettore di cassette, “press play on tape”, il joystick e il monitor a tubo catodico a cristalli verdi, ufficialmente perché non faceva male agli occhi, in realtà perché costava di meno.
Avevo anche il manuale del Basic, credo di aver iniziato a scrivere le mie prime righe di codice prima di andare alle scuole medie.
Lui lo prese perché per il suo lavoro in officina gli serviva una macchina più potente della sua calcolatrice scientifica HP Polacca inversa per fare un certo calcolo sulle dentatrici.
Adesso quel calcolo viene fatto da uno smartphone in mezzo secondo, con il Commodore ci volevano 3 ore.
Con le nuove dentatrici con i motori passo passo non serve neanche più farlo.
Da 6 anni ho iniziato ad andare agli Scout, AGESCI, per chi ne sa, ho poi smesso quando avevo circa 20 anni, forse qualcosa di più. Non è roba tecnologica, ma ho imparato a vivere con gli altri, a condividere, a stare all’aria aperta e, a volte a mangiare la pasta che era caduta sul prato. Si diventa molto poco schizzinosi.
Il primo vero computer, dopo tanta richiesta, lo ottenni alla fine della terza media. Un fiammante 286 con 2 MB di RAM, in 8 comodi banchi da 256KB, e un disco fisso da 100MB. Credo che i miei lo pagarono qualcosa come 3 stipendi di allora.
Il primo floppy che mi arrivò era infetto con il virus Flip, che a sua volta infettava il boot sector del disco fisso.
La prima settimana ho reinstallato Windows con i suoi 20 floppy, avrei dovuto prenderlo come un segnale.
Rimase chiuso meno di un mese, volevo vedere com’era fatto dentro, ovviamente.
L’espansione a 4MB di RAM la pagai più di 500.000 Lire. Adesso metto le mani su server che hanno 32 banchi da 128GB di ram ciascuno, tanto per dire.
Ma nel frattempo ero attirato anche da tutto quello che era elettrico ed elettronico, al punto da divertirmi con l’alimentatore dei trenini H0 della Lima, se a 12V facevano un po’ di scintille, chissà che scintille a far toccare i fili della 220V. Sono ancora qui a raccontarlo, non sono morto durante quell’esperimento, ancora nessuno sa il perché del rumore e perché saltò il contatore. Voi mantenete il segreto, per favore.
Sono sempre stato balbuziente, da che mi ricordi, tra l’ilarità dei compagni e soprattutto dei ragazzini alla scuola calcio. O forse era perché ero una capra a giocare, non lo so. Se dobbiamo giocare a calcio, fatemi fare l’arbitro o il fotografo, è meglio per voi.
Feci comunque una specie di terapia intensiva prima dell’esame di terza media, perché arrivavo quasi a non riuscire a parlare.
Uscito dalle medie, andavo bene, ero tra i migliori 3 della classe, tutti volevano che io facessi il Liceo.
Ma io col Latino non volevo averci niente a che fare, vale come messaggio a un certo ministro.
Ho fatto l’ITIS, non in informatica come starete pensando, ma in elettronica. Avevo la testa dura, anzi, ho.
E mi sono divertito un mondo.
Per le cose che si facevano, non proprio per i compagni. Ci sarà un motivo se non ho più contatti con loro.
Adoravo i laboratori, la progettazione di circuiti, sia in digitale che in analogico, tutti gli strumenti di misura, gli oscilloscopi. Ero nel mio.
I progetti di laboratorio mi venivano sempre al primo colpo e, dopo aver insistito parecchio, portavo le relazioni fatte al computer e stampate con la mia stampante ad aghi rumorosissima.
Tutti volevano essere in gruppo di laboratorio con me.
Ho messo per la prima volta le mani su un microprocessore, lo Z80.
Nel frattrempo ho aperto e mai più chiuso il mio computer di casa, ho cambiato tutti i pezzi, l’ho smontato e rimontato più volte.
Sono passato dal 286, al 386SX, poi il DX, fino al 486, quando ho finito le Superiori.
Ho dovuto pregare i miei per avere prima il lettore CD, poi la scheda audio, l’ultima battaglia per avere accesso ad Internet, occupando il telefono.
Era uno di quegli abbonamenti a pagamento, oltre alle telefonate, che dividevo con un amico, poi diventato testimone di nozze, ci collegavamo ad Internet io i giorni pari, lui i dispari, ma più importante ancora, lui mi spacciò l’invito per Gmail
Poi finalmente arrivò Libero@sogno, connessione gratuita ad internet tutte le sere, sempre commutata.
Non avevo una ragazza con cui stare al telefono, ma stavo sempre su Internet.
La gioia dei miei che non potevano telefonare mai dalle 21 in poi, ogni singola sera.
Per scaricare gli MP3 ci voleva un sacco di tempo, eh!
No, dai, ogni tanto uscivo anche con gli amici, andavo al cinema e in birreria. Adesso abito con mia moglie a 200m dalla prima birreria dove sono andato la prima volta che sono uscito con il gruppo della parrocchia. È ancora aperta e si chiama ancora con lo stesso nome, sono passati oltre 30 anni.
Finite le superiori, alla commissione di maturità, quando mi chiesero “cosa vuole fare dopo?” dissi loro “vado a lavorare, che di studiare non ho più voglia”. Risero. E mi tolsero 3 punti.
Intanto feci il compito di tecnologie più interessante della scuola, l’unico che progettò una scheda su BUS ISA e la interfacciò alla CPU in Pascal usando l’assembler.
Dopo la scuola feci un colloquio, parlando malissimo dello Z80, perché era lento e non faceva le divisioni.
Mi dissero che il loro prodotto usava lo Z80 e non mi presero. Imparai a tenermi certi commenti per me.
Iniziai a lavorare in un’officina metalmeccanica, il responsabile era mio padre, entrare fu più facile del previsto, ma non ebbi alcun favoritismo se non che mi accompagnava lui tutte le mattine a bollare alle 7:30
Fui fortunato a iniziare subito, nel 1996, con un contratto a tempo indeterminato.
Con il primo stipendio entrai in un negozio di dischi, negozio sopravvissuto fino alla fine dell’anno scorso, e chiedi tutta la discografia dei Metallica su CD.
Stipendio fisso, finalmente l’auto nuova.
Prima avevo una vecchia Renault 5 rossa, di quelle che si tira l’aria per partire, Presi una Peugeot 206 blu, che fu poi sostituita dalla FIAT 500 rossa e poi cedette il passo al disastro di FIAT Tipo che ho adesso, il prossimo anno faccio 30 anni di patente e una cosa la so, mai più una FIAT.
La 206 visse con la radio di serie per 6 mesi, prima di partire per un viaggio Torino-Stoccolma, installai una radio seria con il caricatore da 10 CD.
Niente sopravviveva integra al mio passaggio.
Nell’officina metalmeccanica ho imparato un mondo nuovo, niente elettronica, niente informatica.
Ferro, emulsione, geometria, programmazione con i codici G.
Però ho informatizzato la gestione dell’officina, con l’aiuto di un amico e ho scoperto che il controllo numerico aveva la seriale, con quella, leggendo le 500 pagine del manuale Fanuc, ho scaricato i programmi fatti sul portatile in dotazione dell’officina. Prima li copiavano a mano su un quaderno, quando la memoria del controllo finiva.
Ho anche fatto il controllo qualità, ero un falco, 300 pezzi fatti, ne prendevo 3 a caso e 2 erano fuori misura.
Poi, ovviamente misuravo gli altri ed erano a posto.
L’officina ha chiuso, tramite Yahoo lavoro ho trovato il primo lavoro che ha aperto la mia carriera nell’IT.
Sono andato a lavorare con un contractor di un software gestionale in una ASL fuori Torino.
E ho anche conosciuto il mondo delle ASL.
Quando, da reperibile, una domenica mattina alle 7, mi hanno chiamato perché nessuno poteva più fare radiografie in pronto soccorso, a causa di due dischi rotti nel RAID del DB Oracle dove stava tutto, ho capito che volevo fare il sistemista.
Perché forse mi volevo fare del male. Avrei potuto fare di tutto. No, mi piaceva lavorare in posti dove si potevano rompere le cose di notte, bloccare mezzo mondo e io dovevo risolvere il problema. Povero fesso.
Intanto, a fronte di alcuni problemi sui dischi dei PC in ospedale, avevo anticipato che forse sarebbero stati tutti da cambiare. “ma figurati”. Dopo due mesi li abbiamo cambiati tutti e 250.
Da qui ho poi cambiato 2 aziende dove facevo supporto utenti e il sistemista windows e di rete.
Tanti utenti, viste tante cose strane, imparato un sacco di cose e visto Windows passare da NT a 2012.
Evito di raccontare quelle cose imbarazzanti che fanno gli utenti.
Ho anche fatto il consulente, dove ho visto ancora più cose, anche se sono stato mandato spesso allo sbaraglio e venduto come sistemista esperto.
Sbagliando si impara, ho imparato moltissimo, ho sudato freddo moltissimo.
Come quando, per un click sbagliato sullo switch ottico nella configurazione dello zoning della SAN, oh, nessuno mi aveva dato un ambiente di test dove fare le mie prove prima, ho staccato un centinaio di macchine dal loro relativo storage.
Dopo aver mollato gli scout ho fatto 10 anni di volontario in Croce Rossa, e, visto che registravano tutto a mano, ho anche sviluppato un software per la registrazione di tutti i servizi, per un po’ di anni l’ho anche venduto ad alcune sedi in giro per il Piemonte.
Ho provato a iscrivermi all’università, ho vissuto 3 anni con il lavoro principale, la partita iva, l’università, la fidanzata. Non era sostenibile e ho mollato, anche se i pochi esami che ho dato a Informatica mi hanno dato alcune basi che effettivamente mi mancavano.
Ho un solo corso microsoft, sulla migrazione da Windows NT a Windows 2000, ormai di fatto inutile.
Una volta sono andato a un Linux Day, era il 2009, a malapena sapevo usare i comandi ls e move e, tra i Talk ce n’era uno su una roba chiamata Arduino, entro e rimango folgorato da questa schedina che ha il mix giusto tra elettronica e informatica. Ne devo avere uno assolutamente. Non ricordo, forse lo vendevano anche. Ho comprato e, ce l’ho ancora, il mio primo Arduino Duemilanove. Davide Gomba, non lo so se ascolti questo podcast, ma è tutta colpa tua.
Nel 2012 esce il Raspberry Pi e nel 2013 mia moglie me lo regala per Natale.
Si può rimanere folgorati per due volte? Certo.
Nel 2014 torno al Linux Day, ma come relatore, per il mio bot Telegram, sviluppato in Pyton che mi permetteva di avere una videosorveglianza a casa usando le API di Twitter, quando le telecamere connesse non erano mainstream, con un modellino funzionante, proprio un giorno in cui Twitter cadde. Oh capita, caro Murphy.
Da lì ho iniziato a progettare e costruire schede per ogni cosa, fino a provare ad andare alla Maker Fare di Roma, mi hanno accettato e il mio progetto di casa domotica tutta fatta in casa piacque anche parecchio.
Poi sono arrivati i prodotti di grande consumo, Home Assistant e il mio progetto non ha più avuto senso di esistere. Devo ancora decidermi di gettare via la casetta di legno usata a supporto, che occupa un sacco di spazio in cantina.
Poi, un giorno, un conoscente, sapendo che dove lavoravo, stavo un po’ stretto per tutta una serie di situazioni, mi ha detto “guarda che cercano in Google, proprio a Torino”.
Seh, figurati se Google prende proprio me, non ci provo neanche.
Saputo questo, mia moglie mi ha letteralmente minacciato e imposto di scrivere il curriculum in inglese per candidarmi.
Dopo 3 giorni mi è arrivata una mail con dominio google.com dove si chiedeva una disponibilità per una call iniziale.
In quella call ho intuito che comprendere le persone Irlandesi è un problema. Non ho mai lavorato in inglese, anzi nell’ultima azienda dove ho lavorato, se sentivano una parola in inglese si arrabbiavano, io lavoravo nei servizi informativi, non nell’Ufficio IT. A volte chiamavano e chiedevano “è questo l’ufficio informazioni?”
Per entrare in Google ho fatto SETTE colloqui, alla fine del settimo ho pensato distintamente “se me ne fanno fare un altro, li mando a quel paese”, poi mi hanno chiamato per dirmi che mi avevano preso.
Ci ho messo una settimana per realizzare.
Lavoro lì da 2 anni e mezzo, è uno dei posti migliori dove abbia lavorato, non è il paradiso, è sempre un posto di lavoro, ma si sta bene e, se i gatti consentono, cerco di arrivare alla puntata del decimo anno di podcast, avventura iniziata anche se balbetto, chi se ne frega e nella quale ci ho messo cuore e anima.
E i vostri feedback sono sempre positivi, questa cosa mi rende molto felice.
Talmente positivi, anche sotto il punto di vista delle donazioni, che ad aprile uscirà la puntata di Pillole di Bit Stories. Grazie davvero a tutti voi, che ci siete, che mi ascoltate, che mi supportate.

Questo podcast vive perché io lo produco, lo registro e lo pubblico settimana dopo settimana o quasi. Ma continua ad andare avanti perché la soddisfazione di vedere le notifiche delle donazioni mi spinge a fare sempre nuove puntate, come ringraziamento e impegno nei vostri confronti. Se esce ogni settimana è grazie a voi.
E se donate, compilate il form, vi spedisco anche i gadget, così siamo tutti contenti.
Potete farlo con Satispay, SumUp o Paypal.
Potete partecipare anche usando i link sponsorizzati di Amazon o acquistare la connettività o uno degli altri servizi di Ehiweb, che sponsorizzo con molto piacere da tempo, un gestore di connettività come loro non lo trovate in giro.
Oltre alla connettività per casa FTTH o FTTC, hanno le SIM, posano fibra dedicata per le aziende, fanno servizio VoIP, hanno un supporto spaziale e tutti i loro dipendenti sono assunti a tempo indeterminato.
Provateli, non tornerete più indietro.
E se avete bisogno di un servizio di Hosting, andate da ThridEye, che ospita da anni il sito del podcast, ho fatto la mia scelta e anche qui il livello è altissimo, i contatti sono sul sito.

Il tip di oggi costa circa 160€ tutto compreso, si usa tra la sedia e il monitor di un computer, è composto da un po’ più di 100 tasti e, a dispetto del suo nome, non è rumoroso come si possa pensare.
Mia moglie, dopo avermene dette di ogni per la mia tastiera meccanica WASD personalizzata con gli switch di tipo tattile, che sono in effetti molto rumorosi, un giorno ha espresso il desiderio di voler provare una tastiera meccanica.
WASD ormai ha chiuso, credo sia fallita, fornitore scartato. Che tristezza.
Mi serviva un altro produttore che facesse tastiere meccaniche di tipo ISO, quelle con il tasto INVIO alto due righe e con il Layout Italiano.
Non ce ne sono molte, anzi, direi quasi nessuna.
Esiste la Keychron K5 Pro.
Una tastiera 100%, con tastierino, tasti funzione e il blocchetto di tasti freccia e i 6 tasti sopra, di tipo slim, con i tasti sottili e non alti come le vecchie tastiere IBM, per intenderci, di una sola combinazione di colori, purtroppo, con gli switch di tipo red, sono lineari senza click.
Ottimo feedback sotto le dita, ma molto poco rumorosa.
È retroilluminata RGB con alcune combinazioni, devo dire meno di quelle della NuPhy che ho in ufficio, ma quella la fanno solo ANSI e con layout US, è personalizzabile all’estremo con un tool web, nulla da installare sul PC o sul Mac. Ha i tasti per PC e per Mac e ha l’aspetto davvero solido.
Arriva in due settimane circa, senza dogana da pagare al postino.
Davvero una bella tastiera.
Se invece non siete vincolati al layout IT, avete un mercato enorme di tastiere davvero belle.
Ma c’è una soluzione, non proprio economica, che vi svelo nella prossima puntata

A me spiace che in questa rubrica si parli sempre e solo di cose brutte, ma in effetti, se ci guardiamo intorno, io di cose belle non ne vedo più, neanche la luce in fondo al tunnel, neanche se accendo una fiaccola.
Dell’evoluzione del nostro firewall di stato parleremo un’altra volta, oggi vi porto in UK.
Apple fornisce un servizio che si chiama ADP, Advanced Data Protection.
Questo servizio permette di avere tutti i dati che avete sul cloud di Apple crittografati end to end, sia nel trasporto dal telefono al cloud di apple che sul cloud stesso. Se qualcuno, Apple compresa, volesse accedere ai vostri dati, come ad esempio la libreria di iPhoto, l’accesso sarebbe impossibile.
La chiave di decodifica ce l’avete soltanto voi, se la perdete, non avete più accesso ai vostri dati.
Vi lascio nelle note un link su come funziona.
Se avete un dispositivo Apple, attivatela, rende anche più sicuro il vostro account e il telefono.
La cosa è importante per la privacy degli utenti, se la funzione è attivata e un governo dice a Apple “senti, voglio vedere tutti i dati di Pippo”, Apple, verificato che ha ADP attivo, non può che rispondere “mi spiace, è tutto crittografato e io non ho accesso”.
Una cosa che piace molto ai governi di questi anni, indipendentemente dalla parte in cui sono, è quella di dire “per la sicurezza di voi cittadini, ma soprattutto per la sicurezza dei bambini, noi dobbiamo per accedere agevolmente a tutti i dati che riteniamo più opportuni. La crittografia è un impedimento e, anche se va a discapito della privacy, vogliamo avere l’accesso”.
Per questo hanno chiesto, più volte e in maniera sempre più incisiva, di avere una backdoor per bucare, per motivi di legge, la crittografia.
Fino ad ora nessuno aveva ceduto a questa richiesta immonda.
Avere una chiave che apra tutte le crittografie, sia mai, data solo ai governi che non la daranno mai a nessuno, è un problema. Lo abbiamo visto con Paragon.
Più banalmente, se la chiave esiste, sicuramente esce e poi la crittografia non esiste più.
Apple, in UK, per non cedere alle richieste del governo, che chiedevano di modificare ADP con la backdoor, ha deciso di non rendere disponibile ADP per gli utenti UK, non possono più attivare questo servizio, rendendo di fatto i dati accessibili a qualunque richiesta del Governo.
Se avete Apple e usate i backup o i dati su iCloud, pensate seriamente di attivare questa funzione adesso, ve lo ripeto.
Questa cosa, al momento, non si applica alla crittografia dei messaggi end to end di iMessage, se vi scrivete con qualcuno che vive in UK, potete stare tranquilli.
Eh, ma mica siamo in UK!
Esatto, ma quando c’è un precedente, ci va davvero poco a dire “Ciao Apple, noi siamo l’Europa, anche noi vogliamo tutelare la sicurezza dei bambini e, visto che lo hai fatto per il Regno Unito, crediamo sia il caso che disattivi ADP anche per tutti gli utenti nostri”
E poi, “Ciao altra azienda che fa servizi cloud, visto cosa ha fatto Apple? Adesso anche tu devi darci accesso a quello che hai sui tuoi server, anche se è crittografato, con una backdoor o disattivando la crittografia per tutti”.
E visto che lo abbiamo fatto per i dati sul cloud, perché non farlo anche per tutti i sistemi di chat? Sono anni che l’Europa ci prova con Chatcontrol.
Abbiamo i governi più autoritari degli ultimi 60 anni, quando uscirà questa puntata forse avremo una bruttissima sorpresa in Germania.
Il “non ho niente da nascondere” ha sempre meno senso.
Andate in USA a scrivere cose contro l’attuale presidente, in chiaro, su qualche sistema, poi vediamo se non vi tremano le gambe, no forse vi hanno già sparato.
Non è colpa dei servizi cloud, è colpa dei governi.
Ve lo dicevo che i tempi sono bui, da ogni lato noi li guardiamo.

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo telegram e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni di riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato

Ciao! 

Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia

#352 – Stampa in 3D

Pillole di Bit
Pillole di Bit
#352 - Stampa in 3D
Loading
/

Una puntata non basta a riassumere tutto quello che si può dire sulla stampa in 3D, ma può essere una buona introduzione per rispondere alle domande di base e per capire se è una cosa in cui si vuole investire un po’ di denaro. Ovviamente, se spendete dei soldi, non è colpa mia.

Per leggere lo script fai click su questo testo

Avviso: questa puntata potrebbe portarvi a spendere dei soldi, ma come di consueto, non è colpa mia.
Molti anni fa, nel 1996, ho iniziato a lavorare dopo le superiori in un’officina metalmeccanica, mi arrivava una puleggia semilavorata e con il mio centro di controllo dovevo provvedere a eseguire fori ciechi, passanti, maschiati, fresature e tutto quello che si può fare con un centro di lavoro a controllo numerico dotato di punte, frese e altri utensili di questo tipo.
Per i non addetti, un foro maschiato è quello che all’interno ha il filetto per avvitare una vite o un bullone.
L’azienda era piccolina, io leggevo il disegno meccanico da un foglio unticcio, convertivo le operazioni da fare in programmazione in codice G, aiutato anche da un po’ di geometria a mano e un po’ di calcolatrice scientifica, lo scrivevo, sempre a mano sul controllo Fanuc e, se non avevo sbagliato nulla, il pezzo veniva lavorato.
La lavorazione prevedeva la rimozione di materiale in modo da ottenere quello che il disegno chiedeva.
Dopo la serie fatta, al disegno successivo, scrivevo a mano il nuovo programma.
Poi i tempi sono cambiati, io ho cambiato mestiere e la lavorazione meccanica ha fatto enormi passi in avanti.
Da qualche tempo, ho di nuovo a che fare con i codici G, ma generati in automatico con una macchina utensile che, al posto di lavorare togliendo materiale, lo aggiunge dal nulla e crea oggetti: la stampante 3D.

Questa puntata è stata realizzata grazie alle indispensabili donazioni di generosi ascoltatori
Gli abbonati
Ivan
Carlo
Valerio
E le donazioni spot
Antonio
Moreno
Michele
Antonio
Maurizio
Giuseppe
Per sapere come far parte di questo elenco vi rimando al capitolo un po’ più in là nella puntata.

Prima di iniziare, vi ricordo che potete contattarmi in mille modi, su Bluesky sono francesco.iltucci.com, su Mastodon sono cesco_78 su mastodon.social o pillole dibit su hackyderm.io o via mail a [email protected], trovate tutti i link comodi comodi sull’app dalla quale state ascoltando la puntata o sul sito, rispondo sempre. Il metodo migliore però è il gruppo telegram attivo durante tutta la settimana, dove si parla delle puntate e di tecnologia in generale, siamo davvero tanti, lo trovate a pilloledib.it/telegram

La lunga introduzione perché dopo aver stampato un po’ di oggetti in 3D mi è venuto in mente che in effetti questo strumento è l’esatto inverso del mio vecchio centro di lavoro a controllo numerico, ma alla fine il funzionamento è molto molto simile, e le istruzioni che vengono impartite alla macchina sono fatte con lo stesso linguaggio, anche se ormai evoluto.
Cos’è la stampa 3D?
Immaginate di voler ottenere un cubo con un foro cilindrico in mezzo.
Potete ottenerlo in due modi.
Prendete un pezzo di un materiale qualsiasi più grande del cubo che vi serve, rimuovete la parte in eccesso fino ad ottenere il cubo delle esatte dimensioni e poi lo forate al centro di una delle facce, da una parte all’altra. Avete ottenuto il risultato.
Oppure potete partire dal nulla e depositando sottilissimi strati di materiale, uno sull’altro, composti da un lungo filamento, potete costruire il cubo, uno strato sull’altro, già con il foro in mezzo.
Visto che non serve che sia pieno, mentre create la parte che nessuno vede, non la riempite di materiale, ma costruite solo una trama di sostegno, lasciando il resto vuoto.
Avete ottenuto il vostro cubo dal nulla.
Questa è la stampa 3D
Il filamento è solitamente un materiale plastico che viene fuso per essere depositato come un lungo filo, strato dopo strato, per creare l’oggetto che ci serve.
la testina che fonde la plastica, deve essere mossa nello spazio, in modo che possa essere nel posto giusto dove depositare il materiale.
Per fare questo è montata su un sistema vincolato a 3 assi, che le permette di raggiungere un posto qualunque nello spazio all’interno dell’area stampabile, i classici assi X, Y e Z.
Questo oggetto che permette a una testina calda di depositare un filamento di polimero in modo organizzato è chiamato stampante 3D.
Esattamente come io, a suo tempo, impartivo gli ordini alla macchina utensile con la programmazione con i codici G, vi lascio un link con un po’ di descrizione nelle note, la stampante 3D lavora con una lunghissima serie di codici G.
Ogni codice le dice vai da qui a lì, lascia il materiale lungo una linea retta con queste coordinate di partenza e arrivo, oppure su un raggio di un cerchio con questo centro e questo raggio o mille altre istruzioni di movimento.
Ma come fa a creare un oggetto?
Si parte da un software per disegnare oggetti complessi in 3D, uno dei tanti disponibili sul mercato, gratuiti e a pagamento, per ogni piattaforma, a seconda di cosa si vuole modellare, anche qui, vi lascio un link interessante con molti software tra cui scegliere, ho fatto i miei primi due progetti su onshape, un cad tridimensionale parametrico tutto online, all’interno di un browser, se ci pensate è una cosa pazzesca.
Modellato l’oggetto, si esporta il modello 3D che si vuole stampare.
Datemi retta, se iniziate a modellare oggetti che volete usare nella vita reale e che si devono interfacciare in modo fisico con altri oggetti, è necessario prendere le misure per bene, vi serve un calibro, per forza, vi lascio un link nelle note anche per questo, sarà uno degli strumenti che vi torneranno utili.
A questo punto il modello 3D va importato nel software che deve poi parlare con la stampante.
Questo software carica il modello 3D e, semplificando moltissimo, in base al materiale di stampa, al tipo di estrusore e molti altri parametri, creerà tutte le fettine, chiamate slice, che la stampante costruirà, una sull’altra, per creare l’oggetto.
Per ogni slice c’è il relativo set di istruzioni in codici G, che non vi interessano, se non siete curiosi, per la sua creazione.
Voi avete disegnato l’oggetto, questo programma si occupa di dire alla stampante come lo deve realizzare, come lo deve riempire, se serve creare dei supporti per le parti che devono essere stampate per aria e non avrebbero un piano di appoggio e così via.
Tra questi dati ci sono anche tutti i parametri operativi per la gestione del materiale che deve essere fuso, la temperatura di fusione, la temperatura del piatto dove viene stampato l’oggetto, la velocità di stampa e così via.
Il programma che fa questo mestiere è chiamato slicer.
Questo file deve poi essere inviato alla stampante, solitamente con una chiavetta USB o altra memoria oppure tramite connessione WiFi.
La stampante carica il file di stampa, pulisce l’ugello, si prepara e avvia la creazione, che potrebbe durare da qualche minuto a qualche ora.
A fine stampa il piatto con l’oggetto si può togliere dalla stampante, di solito è di un materiale flessibile, che aiuta, piegandolo, a staccare l’oggetto dal piatto stesso, senza romperlo.
Se sono stati stampati dei supporti, questi vanno rimossi, eventualmente l’oggetto va rifinito con uno sbavatore o con della carta seppia ed eccolo a voi, dal nulla il vostro oggetto che avete progettato.
Lo so, adesso avete un sacco di domande che vi vagano per la testa.
Ma io non so disegnare al CAD in 3D
E i colori?
Ma che materiale si usa?
Che stampanti ci sono?
Quanto spazio occupano?
Costerà tutto carissimo.
Ok, piano, una cosa per volta.
Vi racconto un po’ come ho iniziato, cosa ho fatto, cosa ho imparato, anche se sono alle prime armi.
Ho comprato una Bambu Lab A1 mini.
Non è una puntata sponsorizzata perché li ho contattati per sapere se volevano partecipare e non mi hanno neanche risposto.
L’ho pagata circa 200€ e può stampare oggetti fino a 18x18x18cm di lato.
Sul piano di appoggio occupa davvero poco spazio, un po’ di più della parte superiore di una cassettiera ALEX di IKEA, sta in 36x58cm
Per funzionare serve una presa di corrente, ha la tedesca, e la rete WiFi, non va collegata al computer in nessun modo.
La versione base ha un solo colore per volta e, anche se non si vede dalle foto, ha il sistema per tenere il rotolo.
Potete poi stamparvi degli accessori per spostare il rotolo in altre posizioni.
L’installazione è tutto sommato rapida, non serve calibrarla o fare assemblaggi difficili.
La si accende, la si collega alla WiFi, si fa il logon con l’account Bambu e si fa partire il test iniziale che dura meno di 20 minuti.
La stampante è pronta.
Nell’ordine di acquisto dovete aggiungere i materiali.
Non fate come me che ho preso solo due bobine e poi ho stampato mille cose solo grigie e blu.
Perché poi vi arriva e stamperete un sacco di roba, presi dalla foga.
Aprite la pagina del materiale per stampare e prendete un po’ di colori, ci sono un sacco di tipi di filamento fighissimi. Attenti a quelli senza rotolo di plastica, se sono senza, va aggiunto.
PLA o PETG?
Per evitare di fare una puntata di mille ore, il PLA è facile da stampare, il PETG è più resistente e ha un aspetto finale più lucido, su youtube e Internet in generale ci sono mille e mille video e articoli.
Mentre aspettate che la stampante arrivi, la consegna non è proprio velocissima, vi servono un po’ di accessori extra.
Un bottiglia di alcool isopropilico e una boccetta di vetro con lo spruzzino, per pulire il piano, vi stamperete poi l’utile accessorio dove mettere un panno di microfibra.
Uno sbavatore, per rifinire gli angoli.
Qualcosa per tenere asciutti i rotoli, c’è chi usa le scatole dei cereali e chi le buste apposite con pompetta per il sottovuoto, i materiali patiscono l’umidità, io sto pensando a quest’estate con l’afa della pianura padana.
Adesso avete tutto e potete iniziare a stampare.
Cosa?
L’account Bambu Lab vi dà accesso a una libreria infinita di oggetti su makerworld.com.
Cercate, vi piace, scaricate nel Bambulab che avete installato sul computer, presa un po’ di dimestichezza con il programma, anche qui esistono video su youtube a iosa, fate lo slice e poi inviate tutto alla stampante, che parte e stampa, vi dice quanto tempo ci mette e quanto materiale usa, in grammi, non vi resta che aspettare la conclusione.
Staccate l’oggetto dal piatto, pulite il piatto con il tamponcino con l’alcool e siete pronti per la stampa successiva.
Per cambiare il filamento c’è la procedura sul display.
Si possono scaricare i modelli anche da tutti gli altri siti con progetti 3D, tipo printables.
E se volete progettare delle cose voi?
Esistono moltissimi software, a seconda di quello che vi serve disegnare e, guarda caso, per ogni software ci sono video con guide e tutorial per ogni cosa.
Ho imparato a usare Onshape, cad 3D parametrico online gratuito con l’unico limite che i progetti fatti sono tutti pubblici, in meno di 2h per le cose di base.
Ho scaricato e iniziato a usare Fusion 360 in ancora meno tempo, visto che la modalità è molto simile a onshape.
Su youtube trovate anche un sacco di video con raccolte di oggetti da stampare fenomenali.
Durante la stampa il vostro computer è completamente libero, la stampante è totalmente autonoma, dal programma sul computer o dall’app potete guardare cosa sta facendo, tramite una piccola webcam a bassissimo framerate, di serie sulla macchina stessa.
Inutile dire che esistono oggetti da stampare per agganciare la vostra webcam preferita e vedere le cose meglio e senza passare dai server di Bambu Lab.
Ho misurato i consumi, in generale, durante la stampa consuma circa 100W, con un picco molto veloce a 180-200W mentre scalda piano e nozzle, l’ugello da cui esce la plastica fusa.
Ogni 10h di stampe ha consumato circa 1 kWh.
Quando vi arriva è furbo stamparsi i primi tool e accessori utili per poterla usare in comodità, vi lascio nelle note la lista.
Con la A1 mini si stampa PLA e PETG, entrambe, da quello che ho letto, non sono tossiche durante la stampa, l’ABS, per esempio, lo è.
Durante la stampa non è necessario tenere aperto e ben areato il locale, ma un po’ di puzza si spande, soprattutto se stampate con il filamento di tipo wood, quello puzza molto più degli altri.
Una cambiata di aria dopo la stampa, soprattutto se lunga, conviene darla. Stampare dove dormite o mangiate potrebbe dare fastidio.
Ho stampato con il materiale di Bambu e con altri che ho comprato su Amazon e altri siti, non ho avuto problemi, ma dalla mia esperienza, le plastiche di Bambu sono leggermente meglio e hanno molta più varietà.
Ve lo ripeto, se diventate poveri, non è colpa mia.
Prima di chiudere quattro parole sul BambuLab gate che ha fatto discutere molto nelle ultime settimane e del quale non sentirete parlare da chi la stampante l’ha ricevuta direttamente da loro. Alla fine è andata bene che non mi abbiano risposto.
Da tempo immemore, le stampanti 3D sono sinonimo di prodotto open, la compri, la usi, la personalizzi e ci fai un po’ quello che vuoi in totale libertà.
Vi accorgerete, esplorando cosa si può fare, che esistono centinaia di pezzi da stampare per personalizzare la vostra macchina.
Ci sono anche tutte le parti di ricambio con tutte le guide per sostituire ogni singolo pezzo, è tutto semplice e i prezzi sono abbordabili.
Ma c’è di mezzo il software, quello che si collega a Internet, passa dai server di Bambu, permette di comandare la stampante da remoto e dall’app del computer e permette la stampa dei pezzi direttamente dallo slicer, senza dover salvare il file su una SD da mettere poi nella stampante, per avviarla a mano.
Fino ad adesso il software di Bambu Lab permetteva ad ogni Slicer, non solo quello proprietario, di inviare le stampe da fare.
Con il nuovo aggiornamento hanno limitato l’accesso al solo software di Bambu Lab, l’apertura di altri protocolli invalida il supporto, ma non è chiaro se invalida la garanzia.
Questa scelta ha dato adito a un sacco di dubbi e problemi nel mondo delle stampanti 3D, soprattutto sulla possibilità di chiudere l’utilizzo di queste macchine un po’ come le attuali stampanti su carta, se avete mai cercato di usare cartucce compatibili, sapete a cosa mi sto riferendo.
Quando una cosa diventa facile e disponibile per le masse, ecco che va tutto a farsi benedire.
Se questa scelta di Bambu Lab non vi piace, potreste cercare una Prusa, ma la più piccola costa almeno il doppio della A1 mini.
Chi le ha provate, mi dice però che la Prusa stampa molto molto meglio.
Se vi ho messo la curiosità per andare a informarvi, ho raggiunto il mio scopo.

Questo podcast vive perché io lo produco, lo registro e lo pubblico settimana dopo settimana o quasi. Ma continua ad andare avanti perché la soddisfazione di vedere le notifiche delle donazioni mi spinge a fare sempre nuove puntate, come ringraziamento e impegno nei vostri confronti. Se esce ogni settimana è grazie a voi.
E se donate, compilate il form, vi spedisco anche i gadget, così siamo tutti contenti.
Potete farlo con Satispay, SumUp o Paypal.
Potete partecipare anche usando i link sponsorizzati di Amazon o acquistare la connettività o uno degli altri servizi di Ehiweb, che sponsorizzo con molto piacere da tempo, un gestore di connettività come loro non lo trovate in giro.
Oltre alla connettività per casa FTTH o FTTC, hanno le SIM, posano fibra dedicata per le aziende, fanno servizio VoIP, hanno un supporto spaziale e tutti i loro dipendenti sono assunti a tempo indeterminato.
Provateli, non tornerete più indietro.
E se avete bisogno di un servizio di Hosting, andate da ThridEye, che ospita da anni il sito del podcast, ho fatto la mia scelta e anche qui il livello è altissimo, i contatti sono sul sito.

Siamo di nuovo in crisi energetica, il gas costa caro e questo porta la corrente a costare cara. A questo punto in molti saranno di nuovo alla ricerca di un gestore che abbia prezzi un po’ meno alti della concorrenza per cercare di risparmiare un po’ sulla bolletta.
Il problema è che non è come dal benzinaio, che visto il prezzo sul cartello il conto è facile, la questione è molto più complessa.
Esiste un portale che aiuta a fare questi conti e confrontare le offerte, portaleofferte.it, messo a disposizione da ARERA e comodo per fare un po’ di conti.
La seconda alternativa, ed è il TIP di oggi, è un file google sheet, aggiornato ormai da molti mesi, per questo ve lo propongo come buono, dove, fatta una copia, mettete i vostri dati e avete tutte le offerte facili da confrontare. Ci sono due link, uno per la luce, l’altro per il gas.
La terza alternativa, ed è un link sponsorizzato, è passare attraverso switcho, partite dal mio link, caricate le bollette e loro vi forniranno, se ci sono, offerte migliori della vostra, se vi piacciono, confermate e fanno tutto loro. A passaggio avvenuto arrivano 10€ di buono amazon a voi e a me. Io l’ho fatto l’anno scorso col gas e ho risparmiato davvero molti soldi.
Ultimo consiglio: quando fate questo passaggio non date MAI il vostro numero telefonico principale, verrete sicuramente bersagliati da call center spammer e truffatori che si spacceranno per il vecchio o nuovo gestore e cercheranno di farvi attivare contratti truffa.
Attivate una eSIM senza servizi a rinnovo, lo fa CoopVoce, gli date quel numero, lo confermate, poi la tenete spenta.
A cambio avvenuto andate nella pagina del nuovo operatore e mettete il vostro numero reale, se volete.
Si vive molto meglio.

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo telegram e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni di riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato

Ciao!

Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia

#351 – Spiare i giornalisti

Pillole di Bit
Pillole di Bit
#351 - Spiare i giornalisti
Loading
/

Solitamente, giornalisti e attivisti sono certi di essere spiati quando fanno il loro mestiere in paesi dove si sono le dittature. Abbiamo scoperto con sgomento (se non siete preoccupati, dovreste esserlo, se continuate a non esserlo non avete capito) che alcuni giornalisti e attivisti italiani erano spiati da un software che può essere in mano solo al Governo. Abbiamo un problema.
Anche se chiedono di fare un bonifico urgente e lo fate, senza porvi qualche domanda, abbiamo un problema.

Per leggere lo script fai click su questo testo

Questa è una di quelle puntate che non era prevista nel piano editoriale, ma che si è resa necessaria in quanto gli eventi accaduti in questi giorni sono di una gravità tale che vanno raccontati, spiegati e dovrebbero essere compresi da quante più persone possibili.
Lo so che non sono un podcast da un milione di ascolti, ma nel mio piccolo vorrei fare il mio, perché chi può, nel suo grande, perdonatemi il paragone poco azzeccato grammaticalmente, continua a non fare niente.
Oggi vi parlo di tecnologia, di sicurezza informatica, anche di politica e di una brutta piega che sta prendendo questo Paese.
No, niente Piracy Shield, qui le cose sono più gravi di qualche ordine di grandezza.

Questa puntata è stata realizzata grazie alle indispensabili donazioni di generosi ascoltatori
Gli abbonati
Andrea
E le donazioni spot
Giuseppe
Fabrizio
Andrea
Massimiliano
Francesco
Per sapere come far parte di questo elenco vi rimando al capitolo un po’ più in là nella puntata.

Prima di iniziare, vi ricordo che potete contattarmi in mille modi, su Bluesky sono francesco.iltucci.com, su Mastodon sono cesco_78 su mastodon.social o pillole dibit su hackyderm.io o via mail a [email protected], trovate tutti i link comodi comodi sull’app dalla quale state ascoltando la puntata o sul sito, rispondo sempre. Il metodo migliore però è il gruppo telegram attivo durante tutta la settimana, dove si parla delle puntate e di tecnologia in generale, siamo davvero tanti, lo trovate a pilloledib.it/telegram

Come vi ho raccontato più di una volta, tutti i dispositivi tecnologici che usiamo quotidianamente sono molto complessi ed escono costantemente aggiornamenti che risolvono falle di sicurezza e bug. Alcuni bug sono di lieve entità, altri sono più gravi.
I produttori rilasciano gli aggiornamenti dei problemi di cui vengono a conoscenza, per loro studi interni o perché qualche ricercatore di sicurezza li scopre, contatta i produttori, spiega loro cosa ha trovato, riceve in cambio un premio in denaro e i produttori tappano la falla.
Capita, più spesso di quanto si possa pensare, che questo tipo di bug vengano scoperti e, invece di comunicare la scoperta al produttore, magari per cifre molto più alte, vengano date le informazioni ad altre entità. Esiste un mercato dove si comprano e si vendono queste vulnerabilità. Ed è un mercato legale.
Girano un sacco di soldi, ovviamente.
Queste vulnerabilità sono solitamente molto complicate da utilizzare e anche molto potenti, passatemi il termine.
Questo tipo di falla viene chiamata 0day, perché il produttore non ha tempo, zero giorni, per preparare una patch ed è già sfruttata per fare attacchi.
In generale, se si sviluppa un malware intorno a queste vulnerabilità, lo si può installare sul dispositivo target con poco impegno o persino nullo, magari basta che l’utente faccia un click su un link malevolo camuffato o banalmente che gli arrivi un messaggio formato in un certo modo. Ed ecco che il dispositivo è compromesso.
Il tipo di attacco dipende dal tipo di vulnerabilità che è stata scoperta.
Per dispositivo intendo PC o telefono.
Per compromesso intendo che si installa un software in grado di spiare tutto quello che viene fatto su quel dispositivo senza che l’utente se ne accorga.
Per tutto intendo proprio tutto, leggere il contenuto delle app, i messaggi che invia e riceve, sapere dove va, vedere le foto, registrare le telefonate, abilitare microfono e telecamera a insaputa dell’utente.
Sì, mette un po’ di paura questa cosa.
A volte l’installazione può essere più complessa, magari si deve convincere la persona a installare una finta app o si deve avere accesso fisico al dispositivo, bloccato o sbloccato.
Ovviamente gli attacchi più sofisticati e che hanno maggior successo sono quelli che non prevedono interazione dell’utente.
Nel mondo ci sono aziende che sviluppano questo tipo di software e attacchi e solitamente li vendono, a prezzi non proprio popolari, a Governi, in modo che possano essere usati in casi di sorveglianza particolari.
In Paesi democratici, dopo l’autorizzazione di un Giudice, e se il governo ha accesso a questo tipo di applicazioni o, meglio, malware, viene fatto in modo di installarla sul dispositivo della persona da controllare.
Che tipo di persone?
Non chiunque, siamo sempre un Paese democratico, come dicevo, questi sistemi si usano per indagini di alto livello, quelle davvero per la sicurezza nazionale, magari antiterrorismo o antimafia.
La cosa si tiene nascosta, perché se esce e diventa di dominio pubblico, si scopre anche la vulnerabilità, che viene tappata e il giochino diventa inutilizzabile, se ne dovrà cercare un altro, con costi, come dicevo, molto elevati.
Adesso avete le basi per comprendere cosa è successo in questi giorni in Italia, paese democratico, forse.
Un’azienda produce un software per fare questo tipo di attacchi, visto che il software in questione è pericoloso e, immagino, anche molto caro, viene venduto solo a Governi selezionati, hanno detto sui giornali, solo Governi democratici amici degli Stati Uniti, che, ormai, di democratico, hanno più poco, ma è un altro discorso.
L’Italia è uno di questi.
È notizia di questi giorni che è stato scoperto da Meta, società che detiene Facebook, Instagram e Whatsapp che il software Graphite di questa azienda israeliana Paragon, ha attaccato 90 persone nel mondo, usando whatsapp come veicolo di infezione.
In Italia ha avvisato 3 persone, dicendo loro di cambiare telefono, in quanto un reset del dispositivo probabilmente non sarebbe bastato a sbarazzarsi del malware.
Il problema è che in Italia il messaggio non è stato ricevuto da ricercati per terrorismo, ma da giornalisti e attivisti, soprattutto che hanno fatto attività di indagine diretta contro i partiti attualmente al Governo o a sostegno dei migranti, come ad esempio un armatore di una nave per il soccorso in mare.
A questo punto dovrebbe suonarvi un campanello di allarme in testa, abbastanza grande da farvi preoccupare.
Ma non è finita, perché in effetti, se i clienti di Paragon sono molti nel mondo, l’attacco potrebbe essere stato lanciato anche da altri paesi.
La notizia successiva è che Paragon ha cessato, subito dopo, tutti i rapporti commerciali con l’Italia per violazione della licenza del software.
Da quello che ho letto, pare che abbia chiesto spiegazioni e, dalle risposte avute, siano convinti che il governo menta, costa alquanto strana, per questo governo, direi.
Non ho letto questa licenza, sarà sotto strettissimo segreto, ma immagino ci sarà una clausola del tipo “è un software che ti dà un potere esagerato, lo devi usare solo in caso di reale pericolo nel tuo Paese”.
Il campanello che vi suonava in testa adesso dovrebbe essersi trasformato in una sirena bitonale, quella dei vigili del fuoco per intenderci, compresi i lampeggianti blu.
Ve la ripeto facile.
Da quanto emerso pare che il Governo Italiano, cliente di un’azienda che vende software per spiare tutto quello che passa dai telefoni delle persone, sfruttando vulnerabilità non note del sistema operativo, senza che questi se ne accorgano, lo ha usato per spiare giornalisti e attivisti, nello specifico persone che lavorano per far emergere cose contro i partiti del governo stesso.
Se non è chiaro riavvolgete un attimo e riascoltate, anche più volte.
Queste cose succedono nelle dittature e nei regimi, dove l’informazione è controllata e gestita dal regime.
Non in un paese democratico dove l’informazione è libera e gli attivisti e i giornalisti hanno tutti i diritti di fare il loro mestiere senza alcun rischio per la loro incolumità, in quanto, per fortuna, al momento, non ci sono leggi che lo vietano.
È una violazione dei diritti civili di base.
Le intercettazioni sono regolate da leggi molto precise, sono autorizzate per casi molto particolari, per determinati periodi, se ci sono delle indagini in corso.
Sicuramente Stefano Nazzi lo sa dire meglio di me.
Non si fanno se una persona sta antipatica a chi siede a Palazzo Chigi o in Parlamento.
Non in un Paese che si fregia di essere democratico.
Da qui, mi viene da pensare al progetto europeo di Chatcontrol, dove, per la nostra sicurezza, è sempre fatto tutto per la nostra sicurezza e per quella dei nostri bambini, si vuole craccare tutta la crittogrsafia delle nostre conversazioni, dando la possibilità alle forze dell’ordine di leggere tutto, ma solo in caso di necessità.
Quando poi la necessità è “quello parla male di me, allora spialo”, diventa tutto un po’ più terrificante.
Ancora peggio se, prese tutte le comunicazioni, si danno in pasto ad una AI e le si chiede di fare un bel riassunto.
Noi però abbiamo la soluzione, scriviamo in Inglese e al Governo non capiscono più niente.
Ovviamente, come al solito, quando sono stati chiamati in causa, i signori al Governo, unici a poter usare il software, dopo che il contratto con Paragon è stato chiuso per violazione della licenza, hanno detto che loro non c’entrano niente, come detto poco prima.
Sono dei campioni a dire che non hanno preso la cioccolata, mentre stanno mangiando la cioccolata.
Se voi del Governo non avete fatto niente, di grazia, a chi avete ceduto quest’arma pericolosissima che consente di avere un potere illimitato su persone inermi?
A un attacco simile siamo tutti esposti e il “non ho niente da nascondere” non vale più, anche se questa cosa la dice qualche giornalista, come ho letto.
Abbiamo tutti detto qualcosa di compromettente nei confronti di qualcun altro al telefono o lo abbiamo scritto in qualche chat o abbiamo una foto che ci potrebbe mettere in difficoltà.
Non davanti alla legge, ma con il capo, con il partner, con un amico, nel caso in cui volessimo cercare un altro lavoro.
Potrebbero essere illazioni queste, ovviamente, forse verranno fatte delle indagini, forse si arriverà alla verità, ma quello che temo è che, come al solito, anche se l’evento è gravissimo, nessuno ne parlerà più nel giro di qualche settimana.
Intanto abbiamo un ente specifico per la cybersicurezza, come la chiamano loro, che fa presentazioni di natale con musichetta e consigli imbarazzanti, che arriva sempre a cose finite e che non menziona l’evento sul sito, neanche in un riquadro piccolo piccolo, almeno mentre scrivevo la puntata.
Oggi ce n’è per tutti.
Non è successo niente. Siamo assuefatti a mangiare anche il letame, ormai.

Questo podcast vive perché io lo produco, lo registro e lo pubblico settimana dopo settimana o quasi. Ma continua ad andare avanti perché la soddisfazione di vedere le notifiche delle donazioni mi spinge a fare sempre nuove puntate, come ringraziamento e impegno nei vostri confronti. Se esce ogni settimana è grazie a voi.
E se donate, compilate il form, vi spedisco anche i gadget, così siamo tutti contenti.
Potete farlo con Satispay, SumUp o Paypal.
Potete partecipare anche usando i link sponsorizzati di Amazon o acquistare la connettività o uno degli altri servizi di Ehiweb, che sponsorizzo con molto piacere da tempo, un gestore di connettività come loro non lo trovate in giro.
Oltre alla connettività per casa FTTH o FTTC, hanno le SIM, posano fibra dedicata per le aziende, fanno servizio VoIP, hanno un supporto spaziale e tutti i loro dipendenti sono assunti a tempo indeterminato.
Provateli, non tornerete più indietro.
E se avete bisogno di un servizio di Hosting, andate da ThridEye, che ospita da anni il sito del podcast, ho fatto la mia scelta e anche qui il livello è altissimo, i contatti sono sul sito.

VIsto che questa puntata è partita con il tema grave di attualità, rimaniamo in attualità anche sul tip, che è più un consiglio sullo stare attenti che altro.
Vi ho detto che oggi ce n’è per tutti, no?
Anche qui c’è una notizia piuttosto disarmante, qualcuno ha fatto una voce deepfake di un ministro e con questa ha chiamato alcuni imprenditori di altissimo livello chiedendo loro di fare dei bonifici cospicui su conti esteri, con la promessa poi che i soldi sarebbero stati restituiti a stretto giro con un bonifico di pari imposto dalla Banca di Italia.
Ebbene, alcuni sono caduti nella truffa.
Tralascio i commenti dei livorosi nei confronti dei ricchi, non è che se siete invidiosi e siete felici che hanno perso dei soldi, voi diventate più ricchi, eh!
Fa comunque molto pensare con quanta libertà certa gente abbia queste disponibilità e possa fare bonifica a 8 o 9 zeri in un click. Un altro mondo.
Con questo tipo di truffa, usando la tecnologia, possono arrivare a tutti.
Arrivano via whatsapp, anche qui, arrivano via telefono, facendo spoofing del numero, vuol dire che falsificano il numero o il nome di chi sta chiamando, arrivano anche via mail.
Siamo tutti esposti a questo tipo di attacco, mettono pressione per una cosa urgente, magari perché sanno parlare bene, riescono a estorcere qualche dato familiare e lo usano contro di noi, oppure hanno studiato le nostre attività social e utilizzano le informazioni per far finta che sappiano alcune cose che noi crediamo riservate.
In questo modo chiedono un bonifico urgente, adesso con quello istantaneo è facile farlo e perdere subito i soldi, o una ricarica a una postepay, il male di questo secolo.
Non siamo ricchi imprenditori, ma quando caschiamo in una truffa di 500-1000€ ecco che la contabilità familiare va a ramengo.
E non essendo noi persone di rilievo, nessuno cerca di bloccare le transazioni bancarie internazionali.
Se vi capita in ufficio e ci cascate, cosa già vista più di una volta, magari rischiate anche di perdere il posto.
Cosa si fa in questo caso?
Se una persona sconosciuta vi chiede dei soldi urgenti per conto di un conoscente o parente stretto, mettete tutto in pausa, vi fermate e, se possibile, da un altro telefono, chiamate la persona coinvolta. Chiunque essa sia. Figlio, zio, cugino, capo, Amministratore Delegato.
Lo chiamate componendo il suo numero, cifra per cifra.
Chiedete conferma. Nel 99% dei casi è una truffa, non pagate e denunciate il fatto alle forze dell’ordine.
Se invece la persona che vi chiede i soldi urgenti è direttamente l’interessato, mettete giù, aspettate un attimo e lo richiamate, sempre, se possibile, da un altro telefono. Magari fate ponte con un altro parente.
Se non risponde, non pagate.
Se il telefono è spento, non pagate.
Se vi dicono che è in arresto, non pagate, al massimo contattate sempre le FFO e chiedete informazioni.
Non pensate “tanto a me non capita”, poi capita e i soldi non si recuperano più.
Per le persone importanti cercano di bloccare i pagamenti, per voi, vi dicono che, eh, ormai sono andati, ci spiace.
Sempre attenzione alta, mi raccomando.

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo telegram e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni di riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato

Ciao!

Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia