#342 – Controllare le valigie

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#342 - Controllare le valigie
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Ultimamente in molti aeroporti non p più necessario togliere i dispositivi elettronici grandi dal bagaglio a mano prima dei controlli di sicurezza. Questo perché sono state cambiate le macchine che fanno la scansione del bagaglio.

  • La cintura con la fibbia di plastica
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Quest’anno sono stato in vacanza negli Stati Uniti e, per la seconda volta, dopo la trasferta nei Paesi Bassi, in aeroporto non è stato necessario smontare il bagaglio a mano per il controllo di sicurezza prima di accedere all’area dei gate.
Non sono una persona che prende gli aerei così di frequente, ma sono una persona molto curiosa, mi sono chiesto cosa fosse cambiato nel controllo dei bagagli negli ultimi anni, mi sono guardato in giro, ho visto i display tutti colorati degli addetti e ho pensato fosse il caso di andare a studiare.
Quando studio qualcosa di tecnologico, ecco la puntata del podcast.

Circa da fine 2001, tutti sappiamo perché, per salire su un aereo, è necessario passare i controlli di sicurezza, in modo che si sia certi che i passeggeri non portino a bordo materiale atto a offendere o esplodere.
Quindi niente liquidi, solo boccette piccole, niente oggetti affilati o appuntiti, e, durante i controlli, tutto quello che è elettronico va rimosso dal bagaglio a mano, una vera rottura di scatole, che si somma alla coda da fare per affrontare i controlli.
La modalità vecchia consisteva in un nastro che portava il bagaglio sotto a un emettitore di raggi X che faceva, anzi che fa, in alcuni aeroporti è ancora così, la radiografia al bagaglio e, in base alla densità e alla forma del materiale che risulta dall’immagine, il tecnico della sicurezza riesce a capire cosa c’è dentro e a identificare prodotti o oggetti pericolosi.
Il PC o altre cose sono fatti rimuovere perché potrebbero coprire cose che ci sono sotto.
La radiografia funziona proprio come quella che ci fanno in ospedale quando devono scoprire se abbiamo un osso rotto, più il materiale è denso, più raggi X assorbe, meno ne arrivano sul sensore oltre l’oggetto.
La tecnologia, come in ogni settore, va avanti, evolve e, anche nel controllo bagagli hanno pensato fosse una buona idea cercare un modo per accelerare la scansione dei bagagli a mano.
Sempre nella medicina, nella diagnostica per immagini, oltre ai normali raggi X, o radiografia, esiste la TAC, acronimo che sta per Tomografia Assiale Computerizzata.
Semplificando moltissimo, sempre grazie ai raggi X, questo sistema genera delle immagini di sezioni del nostro corpo ravvicinate, come se lo si facesse a fettine, per vedere bene cosa c’è all’interno.
Lo si fa all’interno di una specie di tubo, come quello della risonanza magnetica, ma è sempre fatto con i raggi X e non con onde elettro magnetiche, che sono tutt’altra storia.
E se in aeroporto facessimo la TAC ai bagagli a mano?
Il bagaglio passa nel tunnel
in quei pochi secondi che sparisce alla nostra vista non c’è più solo un sistema che fa la foto dall’alto, ma ci sono una coppia di dispositivi che ruotano molto velocemente mentre lui passa, uno opposto all’altro.
Il primo dispositivo emette raggi X, il secondo li riceve e, a seconda di quello che trova in mezzo, nel nostro bagaglio, registra cosa c’è dentro.
Qui entra in gioco la grande capacità di calcolo che abbiamo a disposizione.
In base alle letture del sensore a raggi X che è stato messo dopo il nostro bagaglio a mano, il computer riesce a ricostruire la forma e la densità degli oggetti che ci sono al suo interno.
E lo fa in 3 dimensioni.
E poi, visto che è un computer, in base alla densità, riesce a riconoscere il tipo di materiale di cui sono fatti gli oggetti, in modo da dare subito un riferimento all’operatore che sta guardando il bagaglio.
Tutto questo arriva su uno schermo dove l’operatore vede il bagaglio a colori, con tutti gli oggetti al suo interno, e sa già se una cosa è metallica, di plastica, liquida e di che tipo di liquido, il computer segnala già in autonomia cosa potrebbe essere pericoloso e cosa no.
Il tecnico può vedere il bagaglio, allargare l’esploso del contenuto, ruotarlo, esattamente come si può fare con un progetto tridimensionale in CAD.
Per questo motivo, alla fine, togliere oggetti scuri per i raggi X è inutile, possono agevolmente vedere cosa c’è sotto.
Se il tecnico ha qualche dubbio, schiaccia un bottone e il bagaglio viene passato sul nastro dove ci sarà l’addetto che, con la persona proprietaria del bagaglio, lo aprirà, per un controllo manuale.
Questo sistema di controllo ha permesso di aumentare, in teoria, i liquidi trasportabili oltre i controlli, fino a 2l e ha aumentato la velocità dei controlli del 30%.
In un mondo dove i passeggeri dei voli aerei sono sempre di più, è un gran passo in avanti.

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Uno dei loro servizi è la fibra dedicata. Se avete un’azienda che è in un posto sfortunato e non c’è buona copertura, chiamateli, vi possono fare uno studio con offerta di costo e fattibilità in tempi relativamente rapidi per portarvi la fibra solo per voi in tagli da 2Mbps fino a 10Gbps, anche simmetrici, con o senza numeri telefonici VoIP

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Una piccola nota aggiuntiva sui contatti, ho cambiato alcune cose, ve lo dico qui prima del tip, così non ve lo perdete.
Non uso più Twitter. Non perché ha vinto quello con la cravatta rossa, amico del proprietario di Twitter che sa gestire male i soldi non suoi, ma perché l’ambiente era sempre più tossico e soprattutto i blocchi non erano più blocchi. Basta.
Mi trovate su Bluesky e su Mastodon, i contatti sono sul sito, ve li dico qui, ma non prendete appunti, soprattutto mentre guidate che se vi beccano vi tolgono subito la patente ed è pericoloso.
Su bluesky sono francesco.iltucci.com, su mastodon sono mastodon.social/@cesco_78
E non dimenticatevi, se avete donato più di 5€ compilate il form per avere i gadget, senza form non spedisco niente.
Il Tip
Rimaniamo in tema voli e controlli. Quante volte vi è capitato, se avete la cintura, di essere in difficoltà, perché la dovete togliere, poi magari i pantaloni un po’ vi cadono, poi rimetterla è lungo, mentre dovete badare ai bagagli e a tutto il resto?
Lavorando in datacenter devo fare la scansione con il metal detector tutte le volte che esco dalla sala.
Ho comprato una cintura con la fibbia di plastica che non suona.
E funziona anche in aeroporto, non la devo togliere e passo senza problemi al controllo, non sembra, ma è una gran scocciatura in meno.
E costa una fesseria.

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
Io sono Francesco, produttore e voce di questo podcast e vi do appuntamento a lunedì prossimo, per la prossima puntata, disponibile su Feed RSS, o su tutte le piattaforme di podcast, vi registrate e la puntata vi arriva automagicamente.
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Per cercare di raggiungere il 100% pilloledib.it/sostienimi o i pulsanti colorati nella barra laterale del sito.
Questa è l’ultima puntata del mese e manca il 25% circa, chissà se uscirà la puntata speciale a capodanno o no.

Grazie per avermi ascoltato!

Ciao!

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#341 – Alimentatori Power Delivery

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#341 - Alimentatori Power Delivery
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Alimentare dispositivi e caricare batterie con Power Delivery è più facile, ogni alimentatore va bene per ogni dispositivo, il connettore è lo stesso per tutti e siamo tutti felici. Forse. Ci sono dettagli importanti a quali stare attenti.

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La sigla del Power Delivery non è proprio felice per chi vive in italia, non per il noto partito, ma per la nota bestemmia, purtroppo. Portano alla nota bestemmia perché hanno un solo connettore, pare che ci si possa mettere un cavo qualunque e invece non è vero, si deve fare attenzione a cosa si compra, sia come cavi che come alimentatore, per evitare di buttare via i propri soldi, non tutti i PD sono uguali. Cercherò di rendere le cose chiare, il più possibile.

Il Power Delivery è un protocollo, direi universale, una cosa strana per il mondo tecnologico, per alimentare e ricaricare dispositivi.
In generale per alimentare un dispositivo si deve sapere che tensione serve, per evitare di romperlo, perché se si applica una tensione superiore a quella per la quale è stato progettato, si brucia, se la si applica minore, non funziona. Deve essere esattamente quella.
Power Delivery risolve questa cosa. Se alimentatore e dispositivo gestiscono questo protocollo, si collega il cavo, con connettore USB-C, si parlano, negoziano tensione e corrente ed ecco che il dispositivo viene alimentato.
Questo vuol dire che l’alimentatore ha un computer al suo interno, che parla con il dispositivo da alimentare.
Power Delivery può funzionare a diverse tensioni, a seconda della versione.
Per non fare troppa confusione, la prima versione funzionava a 5, 12 e 20 V, la seconda e la terza a 5, 9, 15, e 20 V, la versione 4 ha aggiunto 28, 36 e 48 V.
Spero non vadano oltre, perché più di 48 V diventa pericoloso e bisogna essere elettricisti per maneggiarli, come da normativa.
Visto che alimentatore e dispositivo si parlano, non c’è rischio che l’alimentatore fornisca una tensione più alta di quella che serve al dispositivo, questa è una cosa molto buona e giusta.
Perché tensioni diverse?
Qui dobbiamo chiedere aiuto alla Legge di Ohm
La potenza di ricarica si misura in Watt.
I Watt, in tensione continua, si misurano in Volt per Ampere.
Se devo caricare un dispositivo a 100W e ho solo 5V, dovrei far passare nel cavo 20A, che sono tantissimi per i nostri cavetti piccoli, scalderebbe troppo e fonderebbe.
Se invece alzo la tensione a 20V, devo solo far passare 5A, molto più gestibili.
È lo stesso motivo per il quale le linee di trasporto della tensione, come i tralicci, portano tensioni altissime e non la 220V, la corrente è molta di meno, i cavi non si surriscaldano, non c’è dispersione di energia in calore e soprattutto non fondono.
Torniamo alla nostra potenza.
Ho un dispositivo che per funzionare ha bisogno di 100W.
Devo comprare un alimentatore da almeno 100W.
Attenzione, la regola non è come quella della tensione. Se il dispositivo funziona a 12V, devo fornirgli 12V esatti, ma con PD, che si adatta, questo problema è risolto.
La potenza è una cosa diversa, ed è diverso il discorso per il funzionamento e la carica.
Parliamo di funzionamento, non di carica delle batterie.
Immaginiamo un dispositivo che per funzionare abbia bisogno di 100W, lo devo alimentare con almeno 100W, se no non funziona, non c’è abbastanza energia per un funzionamento corretto.
Se metto un alimentatore con potenza sottodimensionata, oltre ad avere problemi con il dispositivo, metterò sotto stress l’alimentatore che a un certo punto andrà in protezione e smetterà di funzionare. Se è fatto male può surriscaldare e rompersi definitivamente, o anche peggio.
Se il dispositivo chiede 100W e uso un alimentatore da 150W invece sono tutti felici, il dispositivo prende 100W e l’alimentatore lavora al 66% della sua potenza massima.
Per la carica delle batterie la cosa è leggermente diversa.
Ne abbiamo parlato nelle puntate 312 e 317, parlando di auto elettriche e ricarica.
Se la batteria si carica al massimo a 100W, le possibilità sono 3
La carico con un alimentatore da 100W, in questo caso si carica alla sua velocità massima.
La carico con un alimentatore da 200W, lei si caricherà sempre a 100W.
La carico con un alimentatore più piccolo, da 50W, in questo caso la batteria spremerà il più possibile dall’alimentatore e si caricherà a 50W, impiegandoci indicativamente il doppio del tempo.
La curva di ricarica delle batterie nel mondo reale non è lineare, ma qui va bene semplificare.
Tra l’alimentatore e il dispositivo c’è un cavo.
E i cavi non sono tutti uguali, questo è un problema perché non sono come le gomme delle auto che per legge c’è scritto che potenza massima possono reggere.
Sui cavi non c’è scritto niente, di solito.
La regola è semplice, la parte che sopporta meno energia, tra alimentatore, cavo e dispositivo finale, comanda.
Se prendete un alimentatore da 100W per un dispositivo da 100W e ci mettete in mezzo un cavo Power Delivery da 30W, che ha anche lui un micro computer all’interno e partecipa alla negoziazione, avremo 30W totali che andranno dall’alimentatore al dispositivo, creando problemi.
Al contrario, se abbiamo un alimentatore da 50W, un cavo da 100 e un cellulare da caricare che ne regge 15, passeranno solo 15W, il massimo gestibile dal telefono.
Fin qui pare tutto facile, ma le cose si complicano ancora.
Sul mercato ci sono moltissimi alimentatori Power Delivery che hanno più porte, alcune USB-A per i dispositivi vecchi, altre USB-C con Power Delivery, per i dispositivi nuovi. E magari ve li vendono per 120W.
Voi li comprate, attaccate a una porta USB-C la SteamDeck e mentre giocate la batteria invece di rimanere carica si scarica, più lentamente di quando non attaccate nulla, ma si scarica, perché succede questo?
Perché se comprate alimentatori di fascia bassa quei 120W sono divisi equamente tra le porte, ma sono divisi in modo fisso e non dinamico.
Dobbiamo partire da zero.
Esistono gli alimentatori Power Delivery a più porte buoni e quelli pessimi. Indicativamente se costano un po’ sono buoni, ma dovete andare a leggere bene le specifiche.
Visto che sul mercato ci sono decine di marche e modelli, vi faccio degli esempi generici, sta a voi andare a capire, a seconda del modello, se è buono o meno.
Per facilitarvi il lavoro, vi lascio nelle note qualche modello buono di tagli diversi.
Ogni alimentatore PD, come caratteristiche ha il numero di porte e la potenza massima erogabile. Immaginiamo un alimentatore da 100W, così facciamo i conti facili.
Questo alimentatore ha 4 porte, due USB-C e 2 USB-A, la USB-A è quella di tipo vecchio, quella con la quale caricavate il cellulare fino a qualche tempo fa.
L’alimentatore buono, in base a cosa collegate, riesce a veicolare tutta l’energia disponibile, su una sola porta o su tutte e 4.
Se collegate solo un PC portatile a una porta USB-C, tutti i 100W saranno disponibili su quella singola porta.
Nel momento in cui collegate anche un telefono alla seconda porta USB-C, il telefono dirà al caricatore “guarda, a me servono 15W”, il caricatore a questo punto cambierà la sua configurazione, fornendo 15W al telefono e 75W al PC portatile.
Durante questo cambio, per un attimo, tutte le porte smettono di erogare energia.
Per questo motivo non è saggio collegare un dispositivo che deve stare sempre acceso a un alimentatore PD, tipo un Raspberry Pi, si riavvierà tutte le volte che collegate o scollegate un dispositivo ad un’altra porta.
Ho fatto prove con 3 marche diverse e si comportano tutti così.
Se collegate un dispositivo a una vecchia porta USB-A una piccola parte di energia viene dirottata anche su questa porta, ma tenete conto che la USB-A può fornire solo 5V e massimo 15-18W, non è dinamica come la USB-C
Come si comporta invece un alimentatore PD di fascia bassa?
È sempre 100W, ma la potenza massima è divisa tra le porte in modo fisso alla costruzione, se sono sempre due USB-C e due USB-A, saranno ad esempio 5W per ogni USB-A e 40W per ogni USB-C, la somma è sempre 100W, ma se collegate solo il PC portatile a una sola porta USB-C, questo si caricherà a 40W, non di più.
Questo vuol dire che ci metterà più tempo a caricare o che, se lo state usando in modo intensivo, al posto di caricare la batteria e mantenerla carica mentre lo usate, questa si scaricherà comunque, anche se più lentamente.
Se ve lo state chiedendo, no, non si possono mettere due alimentatori o due cavi sullo stesso portatile su due porte diverse.
Se dovete comprare un carica batterie power delivery, fate attenzione a cosa comprate e soprattutto, abbinate i cavi giusti, se no, sono solo soldi gettati al vento.
Sugli alimentatori leggete sempre più spesso la sigla GaN, che vuol dire?
Ga è il simbolo chimico del Gallio
N è il simbolo chimico dell’Azoto
I transistor GaN sono prodotti con il Nitruro di Gallio e hanno delle caratteristiche termiche interessanti: scaldano molto meno a parità di potenza.
Per questo motivo trovate alimentatori da 100W grandi come alimentatori da 45W di qualche anno fa.
Scaldando meno, si possono fare molto più piccoli e compatti.

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Non forniscono solo connettività fissa, hanno anche la rete mobile, su rete Vodafone, con tre tagli di dati per il privato e tre tagli per i contratti business, tutti con minuti di traffico illimitati. In arrivo presto il 5G e le eSIM

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Abbiate pazienza, se lo avete compilato, i gadget arrivano, ho solo difficoltà non da poco a trovare i francobolli

Sicuramente molti di voi a casa hanno un NAS e su questo NAS hanno Plex. Bene, a seconda dell’hardware presente nel NAS, CPU, memoria ed eventuali espansioni, PLEX è in grado di reggere determinate codifiche e risoluzioni video. Queste informazioni non sono sempre facili da reperire.
Ma con questo link sarà tutto più chiaro.
Vi si aprirà un foglio di calcolo della suite di Google, in sola lettura con un lungo elenco di NAS, marca e modelli con tutto quello che Plex riesce a gestire.
Se state pensando di comprare un NAS, lì sapete esattamente cosa aspettarvi in fatto di prestazioni, subito da mettere nei bookmark!

Le novità su quella schifezza del Piracy Shield tornano, un po’ come la peperonata.
E torneranno sempre, fino a quando non lo abbatteranno definitivamente.
La prima chicca, se così possiamo chiamarla, è che abbiamo scoperto quanto costa rovinare in maniera definitiva il funzionamento di Internet in Italia.
Sedetevi comodi: costa circa 2 milioni di euro ogni anno.
Alla faccia del software donato gratuitamente.
Tra personale e servizi cloud, la gestione è costosissima.
E, da quello che ne sappiamo, con risultati pressoché nulli, a fronte di problemi evidenti e fastidiosi.
Parliamo di problemi.
Abbiamo visto qualche settimana fa che, per un errore di valutazione, se lo possiamo chiamare così, è stato bloccato Google Drive, un blocco grosso, importante che, vista la scala dei danni, è stato rimosso in poco più di 8 ore.
Questa settimana si è scoperto che è stato bloccato il servizio di un’app IPTV presente su molte smart tv che ha niente a che fare con lo streaming illegale.
In questo caso tra ricorsi e discussioni, il servizio è stato ripristinato dopo un fermo di 37 giorni.
L’azienda non è grande come Google, ma ha dovuto spendere tempo ed energie nelle sedi opportune per far valere i propri diritti.
State certi che quando bloccheranno il sito della vostra piccola attività o quella del vostro amico, sempre per uno sfortunato errore, nessuno vi salverà e sarete bloccati per sempre.
Lo dico e lo ripeto, questo sistema va abbattuto, un po’ come si abbattono i ponti in guerra.

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
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#340 – Documenti digitali

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Forse è meglio avere carte e documenti nel telefono, per fruizione e gestione dell’eventuale perdita o furto, ho fatto una po’ di esempi di come gestire eventi fastidiosi per capire che il telefono è meglio del portafogli. Ma nessuno vi obbliga, per fortuna.

Per leggere lo script fai click su questo testo

Certe cose, dette da certe persone, mi fanno sorridere, certe mi fanno cadere le braccia, alcune invece mi fanno davvero uscire di senno.
Ci sono alcuni Paesi, anche democratici, avanzati, civili, come ad esempio gli Stati Uniti, che, se non si ha la patente, non si ha nessun documento di riconoscimento. E senza documento di riconoscimento non si possono fare cose importanti, come votare.
Vabbè, poi lasciamo perdere come votano oltre oceano, eh.
Qui abbiamo diritto tutti a un documento, anzi, più di uno, abbiamo la carta di identità, il Codice Fiscale, il Passaporto e la Patente di guida.
E abbiamo la gente che la carta d’identità elettronica non va bene perché mi spiano, il Codice Fiscale con il chip no, perché BIll Gates e adesso, che siamo, finalmente, ad un passo evolutivo importante, con la digitalizzazione della patente, no, non vogliamo IT wallet perché ci controllano tutti, l’App IO sul telefono non la scarico.
Ci fosse un posto dedicato, davvero, vi manderei dove si apre la scatola cranica e ci si libera del cervello, a trovarlo.

Direi di partire da alcuni esempi pratici.
Ho il mio portafogli anni 90 con i contanti necessari per la settimana, i miei documenti e quel che mi serve per spostarmi e vivere.
Mi scippano e me lo portano via.
I miei soldi sono persi e chi me li ha presi può usarli con comodità.
Devo andare a fare denuncia per il furto e poi passare per i vari uffici per rifare tutti i documenti che mi hanno rubato. Gli uffici fanno orari non sempre adatti a una persona che lavora, devo armarmi di permessi dal lavoro e santa pazienza per riottenere tutto, per poi mettere di nuovo in un altro portafogli. Devo anche stare a casa ad aspettare la consegna dei nuovi documenti, seguendo il tracking, perché devo firmare, se no altro giro alle poste con altri permessi.
Tanti anni fa, al posto di aspettare a casa sarei dovuto tornare negli uffici a prenderli, quei documenti che non rifacevano in tempo reale.
Andiamo per gradi, pian piano.
Arrivano le carte di pagamento, nel portafogli ho i documenti, pochi soldi e le carte, mi scippano e me lo portano via.
Per i documenti è la stessa storia,
Potranno usare molti contanti in meno e, se sono preparato, ho nella rubrica del cellulare i contatti dei servizi clienti da chiamare per bloccare le carte, li chiamo appena mi accorgo del furto e le blocco.
Ovviamente il PIN non deve essere scritto sulle carte e, se le usano per pagare con il contactless o online senza bisogno del PIN, con la denuncia, c’è l’assicurazione che mi rimborsa e i malfattori possono essere trovati molto più facilmente, visto che con una denuncia in mano le transazioni possono essere rintracciate molto in fretta.
Le carte però vanno spedite, resto per alcuni giorni senza e dovrò pagare la nuova emissione, se non ho contanti a casa potrebbe essere un problema.
Poi sono arrivati i wallet di pagamento, quelli dentro gli smartphone, i più famosi sono Gpay e Apple Pay, ma ce ne sono anche altri.
Nel mio portafogli non ci sono quasi più contanti, ci sono i documenti, le carte sono tutte nel telefono.
Fossimo in altri Paesi, come gli Stati Uniti, la carta fisica serve ancora, non tutti hanno il contactless, noi siamo molto più avanti, dove c’è il POS c’è il contactless, nel 2024 in Italia la carta fisica mi è servita solo per prelevare al bancomat 2 volte e pagare a un self la benzina, che aveva solo il lettore della carta fisica. Tre transazioni, su, boh, 200?
Le carte nel wallet non sono la copia della carta fisica, sono delle carte diverse che fanno riferimento alla carta fisica.
Inventando dei numeri, se la carta della mia banca è la 2345, quella che registro nel telefono sarà la 9876.
Quando faccio la transazione, l’esercente vede la 9876.
Per il mio gestore della carta, la transazione avviene sulla carta 2345.
Se mi rubano il portafogli, in questo caso, le carte sono nel telefono, non sono coinvolte nel furto e il ladro avrà solo i miei documenti, di cui si farà poco.
A questo punto però sorge il problema, e se perdo possesso del telefono? Potrebbe rompersi, me lo possono rubare, lo potrei perdere o semplicemente, si potrebbe scaricare.
Sull’ultima è facile, siete e siamo già tutti attrezzati per non perdere nessun messaggio Whatsapp o Facebook, abbiamo tutti un bel battery pack e relativo cavo flebo per far sopravvivere il telefono fino a sera.
Per il resto, indipendentemente dal fatto che abbiate messo delle carte sul telefono, il telefono va protetto.
I sistemi operativi sono fatti bene, ma devono essere usati bene.
Mettete sempre un PIN di almeno 6 cifre che non sia 000000 o 123456, attivate il blocco biometrico.
Non sto a farvi la spiegazione nei dettagli, ma la protezione biometrica del telefono è sicura, molto sicura, più sicura della serratura di casa vostra.
Se ve lo rubano non la bucano, al massimo resettano il telefono per venderlo.
Tutte le volte che sentite una notizia di qualcuno che ha perso tutto perché hanno avuto accesso al telefono e a quello che c’era dentro è perché il telefono non era protetto.
A meno che non ve lo rubino mentre ce lo avete in mano sbloccato.
Ma voi nel telefono non avete messo i pin di accesso alle app delle banche in una nota in chiaro, vero?
Mettete il blocco schermo a un tempo ragionevole.
Sui Pixel attivate la nuova funzionalità antifurto, che blocca il telefono se ve lo sfilano dalle mani e nel momento in cui viene messo offline.
Su iPhone potete fare uno shortcut che quando il telefono viene messo in modalità aereo viene automaticamente bloccato.
Andate a vedere, adesso che siete tranquilli, come si blocca il telefono da remoto, come si cancella e come si rimuovono le carte nel wallet.
Con Apple, da Dov’è o da iCloud.com le carte possono essere disattivate anche se il telefono non è raggiungibile.
Con Google, si accede a wallet.google.com e si possono rimuovere le carte.
Una volta che si recupera il telefono nuovo, in pochi minuti si rimette su l’account e tutte le carte, la procedura è di circa un minuto a carta. E siete nuovamente operativi, nessuno ha potuto usare le vostre carte, non avete dovuto chiamare in banca, non avete dovuto aspettare la spedizione di una nuova carta, non è stato necessario aggiornare i dati della carta in tutti i servizi di pagamento ricorrente.
Eh, lo so, riconfigurare un telefono è una noia, ma lo fate dal divano di casa, non siete in coda in banca o siete senza soldi perché non avete nessuna carta.
Ancora uno step, avete scaricato l’app IO e nel suo wallet ci sono i documenti.
Potete lasciare il portafogli a casa.
Io lo faccio da giovedì scorso.
Nessun storia, in Italia, ovunque, se non negozi fuori legge, si può pagare in modo digitale, anche piccoli importi. La cartoleria vicino casa mi fa pagare col bancomat anche una penna da 2€.
Cosa può succedere?
Che vi rubano il telefono.
Se il telefono lo tenete bene, non avete nulla da temere.
Qualunque esso sia.
Se è bloccato non accederanno a niente dentro, al massimo lo cancellano, pace.
Per le carte abbiamo detto come si fa.
Per i documenti, sul nuovo telefono scaricate IO, fate accesso con CIE o SPID ed eccoli lì, come se non fosse successo niente. Nessuna denuncia, nessun ufficio, nessuna coda.
Nel momento in cui caricate i documenti su un nuovo telefono spariranno dal vecchio, ma se volete far prima, accedete con SPID o CIE al sito ioapp.it e i documenti saranno rimossi dal telefono rubato, c’è il pulsantone in home “esci da Io”
Come funziona il controllo dei documenti?
Il documento è dentro il wallet dell’app IO, che deve essere scaricata e installata sul telefono.
Si deve accedere la prima volta con SPID o CIE, l’accesso dura un anno e ogni volta che si entra viene chiesto un PIN o lo sblocco biometrico, esattamente come quando si accede all’app della banca.
Se vi fidate della sicurezza dell’app dove c’è il vostro conto corrente vi fidate dell’app IO.
Nel wallet, al momento ci sono 3 documenti, la patente, per chi l’ha conseguita, il codice fiscale e la carta della disabilità.
I documenti saranno disponibili per tutti da inizio di dicembre 2024
I documenti sono visibili tipo una scansione di quello fisico, con la foto e tutti i dati, poi si fa vedere un QRcode che cambia nel tempo alle FFO che lo inquadrano e il sito del poligrafico e zecca dello stato nel valida l’autenticità.
Se eravate alla guida controllano sui loro sistemi se siete abilitati, se non vi è stata sospesa o altro.
Si può fare la foto del QR con un telefono qualsiasi, anche uno vostro, la validazione riesce in ogni caso.
Se si fa lo screen del QR, questo perde di validità dopo poco tempo.
La patente ha validità di documento di identificazione, pertanto ci si può portare solo questa senza avere appresso anche la carta di identità.
Tutto questo vale solo in Italia, se andate all’estero vi servono i documenti fisici.
L’app IO, oltre al wallet per i documenti permette di avere moltissimi altri rapporti con la PA, si sono registrati molti enti al suo interno e, banalmente io ho le notifiche per il pagamento di bollo auto, TARI e altre cose.
Nessuno ci spia, la PA sa già tutto di noi, da quando emette il Codice Fiscale, se un documento è nell’app non è che siamo antipatici ce lo cancella.
Se ci sono delle leggi che ne prevedono la sospensione o la revoca, sarà sospesa o revocata, esattamente come con la patente di plastica.
Cambia solo la modalità con la quale ce la si porta in giro.
Avere paura di IO è immotivato e inutile, rivangare il fatto che all’interno c’era il QR del green pass di 4 anni fa, dai, ma veramente, ancora?
Si critica l’app IO usando uno smartphone che ha un sistema operativo prodotto in USA e che manda lì la telemetria, o un PC che fa la stessa cosa.
A volte il telefono è prodotto da aziende cinesi, la telemetria va anche in cina.
Si usano app, tipicamente social network, che carpiscono tutti i dati per analizzarli e rivenderli o per darli in pasto alle AI, anche qui, americane o cinesi.
E intanto, prima del rilascio dei documenti sull’app nessuno si è mai chiesto come possano essere trattati i dati delle anagrafi, della motorizzazione, della questura o di tutti gli altri enti per la generazione dei documenti fisici, su che sistemi sono, su che server sono, quali sono i produttori, da chi sono trattati.
No, il dubbio viene solo quando il documento diventa digitale dentro lo smartphone.
Forse si sta esagerando un po’.
Senza il forse.
Ho letto di gente che pensa che i nostri dati personali vanno a Redmond, perché facendo un whois dell’IP di uno dei siti di pagoPA, che ha la gestione dell’app IO, questo IP è di proprietà di Microsoft.
PagoPA usa i servizi Cloud di Azure, quindi di Micorosft, con i server nelle regioni di Milano ed Amsterdam, gli IP sono di proprietà di Microsoft che ha sede a Redmond, ma i servizi sono erogati a Milano e Amsterdam.
E, se vi capita di vedere quello screen, fa riferimento a un IP di un sito vetrina, statico, che non gestisce neanche le sessioni, solo HTML e CSS, basta.
Tra l’altro, i dati personali che si vedono dentro l’app IO, sono salvati solo sul nostro telefono e sono la copia dei dati che i rispettivi enti che emettono i documenti, hanno da sempre sui loro server.
Semplicemente ne abbiamo una copia sul telefono, nulla di più, nulla di meno.
Non c’è nessun controllo aggiuntivo su quello che facciamo.
Ripeto, però, come va gestito il telefono, in pochi semplici passi.
Tutti i telefoni hanno un account con il quale sono stati attivati e sono gestiti, va ricordato e la password va custodita con cura, deve essere recuperabile in fretta in caso di necessità.
Il telefono va protetto con un PIN serio di almeno 6 cifre e con la protezione biometrica.
Il blocco schermo va attivato con un tempo ragionevole, che non è mai maggiore di 3 minuti di inattività
Deve essere attivo il backup del telefono su un servizio cloud, è facile, si fa in pochi click e, in certi casi, costa una cifra ridicola.
Il telefono non va mai dato sbloccato a nessuno, neanche alle forze dell’ordine.
Sui social si leggono analisi tecniche fatte sull’app IO quantomeno ridicole, fatte da gente che ne sa di bit quanto io ne so di teoria delle stringhe. Lasciate stare, leggete le dichiarazioni di PagoPa a riguardo, vi lascio il link

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Da una polemica all’altra, che a stare sui social non si salva mai niente, purtroppo. Dovremmo pensare di spegnerli tutti, a volte.
Il tip non è un polemica, ma il gran pezzo di hardware che l’ha generata per un dettaglio insulso.
Chi lo usa lo sa, se non lo usate ve lo dico, se usate MacOS è di fatto inutile spegnerlo, a fine lavoro lo mettete in standby, il sistema tiene attiva solo la RAM e consuma meno di mezzo watt. Quando tornate premete un tasto sulla tastiera, muovete il mouse o alzate lo schermo del portatile e sta tutto lì ad aspettarvi come lo avevate lasciato. Ho io uptime anche di due mesi, senza nessun problema.
È uscito il nuovo Mac Mini, processore M4, 16GB di RAM, disco da 256GB di base, case davvero piccolo, fa 12 cm di lato e prestazioni pazzesche, per un consumo irrisorio. Ma ha il pulsante di accensione sotto la scocca.
Eh, le polemiche.
Se volevate provare un Mac è il dispositivo giusto.
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Piccolo, bello, potentissimo e a un prezzo, che per quello che fa e per essere un Mac, è davvero interessante, anche col pulsante di accensione sotto la scocca.

Una nota prima di chiudere, non so mai dove metterle perché chi salta i capitoli, poi si perde i pezzi.
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Da Gennaio dovrò riaggiustare le soglie, purtroppo, l’inflazione arriva pure qui, maledetta.

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
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